A circa due settimane dall’inizio della vaccinazione della popolazione contro SARS-CoV-2, le persone con malattie neuromuscolari, e più in generale con disabilità, si pongono interrogativi sul proprio diritto alla priorità vaccinale e sui rischi che questi vaccini comportano considerata la propria condizione patologica. Ecco le certezze per ora in nostro possesso
Il 27 gennaio 2020 ha avuto inizio la vaccinazione contro il nuovo coronavirus. Il piano strategico di somministrazione delle dosi vaccinali, predisposto dal Ministero della Salute, non prevedeva la presenza di persone con disabilità, né con malattie neuromuscolari, tra le categorie prioritarie.
Questo è dovuto al fatto che è rischioso vaccinarsi per chi ha patologie neuromuscolari?
Assolutamente no! La WMS (World Muscle Society), in un documento pubblicato anche sul sito nazionale di UILDM, rende noto che “Non vi è alcun rischio di sviluppare COVID-19 dai vaccini attualmente approvati o nelle fasi finali di sviluppo. Non siamo a conoscenza di vaccini in fase di sviluppo. Gli effetti collaterali, nello studio dei soggetti, sono stati lievi e transitori e sono superati dai benefici. Non c’è alcuna indicazione che induce ad ipotizzare che i pazienti neuromuscolari dovrebbero essere diversi sotto questo aspetto”.
Quando verranno, allora, vaccinate le persone con disabilità?
Dopo l’allarme lanciato da molte associazioni di categoria (riportato anche sulle nostre pagine), sembrerebbe essere cambiato qualcosa.
Nella sua conferenza stampa del 7 gennaio 2021, Domenico Arcuri, Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, ha infatti reso noto che, per le persone con disabilità, le vaccinazioni sono previste a partire da febbraio, insieme alla “categoria” degli ultraottantenni.
Apparirebbero (il condizionale è d’obbligo), dunque, confortanti le ultime notizie che riguardano questa fascia di cittadinanza che, nel nostro Paese secondo le stime Istat, è superiore al 3% della popolazione.
Insieme alle persone con disabilità, dovrebbero essere vaccinati anche i loro caregiver (coloro che si prendono cura di esse) per rendere più efficace l’immunizzazione del soggetto con disabilità e quindi più a rischio.
È necessario, inoltre, precisare che la logistica delle vaccinazioni è gestita dagli Assessorati alla Salute delle singole regioni che, in verità, si stanno muovendo in ordine sparso. Esempio virtuoso è la regione Abruzzo. Infatti, al termine di un incontro tra l’Associazione Carrozzine Determinate Abruzzo e la propria Assessora Regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, quest’ultima ha confermato la predisposizione di un piano di vaccinazione per la COVID-19, che preveda, nella cosiddetta fase due di tale operazione, una precedenza anche per le persone con disabilità, stimate in Abruzzo in circa 80mila.
Non è ancora chiaro se sarà possibile la vaccinazione domiciliare a causa della complessa gestione e conservazione dei vaccini attualmente disponibili: quelli che funzionano con RNA messaggero, ovvero quelli sviluppati e prodotti da Moderna e Pfizer/BioNTech, vanno mantenuti ad una temperatura al di sotto degli 80 gradi centigradi ed inoculati esclusivamente da personale medico o infermieristico.
È vero che, invece, il vaccino di AstraZeneca, di prossima approvazione da parte dell’EMA, che utilizza un virus reso innocuo come vettore vaccinale, potrebbe andare in “conflitto” o rendere inefficace una futura terapia genica per i pazienti neuromuscolari?
Ad oggi, in mancanza di dati certi su questo tipo di vaccino, i clinici da noi interpellati, non possono esprimersi in merito.
Resta fermo che, potendo scegliere, per i pazienti neuromuscolari che hanno, sin da oggi, una prospettiva di futura terapia genica, è auspicabile la somministrazione di un vaccino che utilizzi l’RNA messaggero (quelli di Moderna e di Pfizer/BioNTec).
(Giuseppe Franchina)