“La carica dei 104” (il numero ricorda la legge che tutela i diritti delle persone con disabilità). Una rubrica che, mensilmente, intende fornire ritratti di personalità che non si sono abbattute e, superando ogni avversità, hanno raggiunto il successo in ogni campo: arte, cultura, sport, spettacolo. Speriamo che questa raccolta di storie sia di buon auspicio per tanti, giovani e adulti, che non riescono ancora a trovare la forza di emanciparsi. Andrea Desideri, che curerà questo spazio, racconta la giornalista Nadia Toffa.
Capita sempre agli altri, se ne parla al telegiornale. Quando pronunciano il nome, si abbassa il volume perché, nonostante tutto, fa ancora paura. Tumore, cancro: il Male per antonomasia. La malattia è spudoratamente democratica, distante quanto un imprevisto, inaspettata come un dettaglio che, per qualche strana combinazione, diventa rilevante. Deve averlo pensato Nadia Toffa, Iena ma soprattutto giornalista televisiva, quando inspiegabilmente si è ritrovata in terra nella sua camera d’albergo a Trieste. Perdere i sensi in un battito d’occhi, gli stessi che ha riaperto in elicottero mentre la stavano portando (con la massima urgenza) da Trieste a Milano in attesa di capire cosa fosse successo ma soprattutto perché. Quel 2 dicembre, la notizia ha fatto il giro del Web, data la celebrità del personaggio, e sono state ore – diventati poi mesi – difficili.
Nessuno, a partire dai suoi colleghi, sapeva cosa avesse. Inizialmente, come ha rivelato Nicola Savino (con cui divide il bancone del programma più irriverente di Cologno Monzese), si pensava fossero effetti dovuti ad un’aggressione: del resto, il lavoro del giornalista può avere dei risvolti piuttosto assurdi. Appurato che Nadia non fosse stata aggredita, sono cominciate le prime ansie, i dubbi, le perplessità. Cosa avrà? Ischemia, aneurisma, le hanno pensate tutte. I pensieri sono divenuti articoli, che hanno lasciato il passo al sensazionalismo. Quello positivo, per una volta. Infatti, tutto un Paese era stretto intorno alla giovane donna. Un dato: è risultata fra le più cliccate sui motori di ricerca in quel periodo. A metà dicembre, i primi segnali di speranza: una foto, postata dalla stessa Iena, con due dita in segno di vittoria. “Sto bene, con i medici stiamo cercando di risolvere questa scocciatura. Stasera quei due (Savino e Viviani ndr) faranno a meno di me. Vediamo come se la cavano”. Da allora, l’oblio: qualche foto dopo l’uscita dall’ospedale, alcune apparizioni pubbliche – tipo l’ospitata a Verissimo dalla Toffanin – ma senza chiarire troppo la vicenda. Nadia Toffa sta bene, si sta rimettendo, vicino alla famiglia. Questo bastava.
O forse no, perlomeno non a lei. Combattiva da sempre, coerente e coraggiosa, l’abbiamo rivista sugli schermi a fine gennaio. Nei promo della nuova stagione del programma, con Savino e Mammucari, appariva in forma: sorridente e ironica. Resta pur sempre una Iena. Appuntamento a febbraio, in diretta, su Italia Uno. Quindi il peggio è passato ed è proprio per questo che Nadia, improvvisamente, si è sentita all’altezza delle sue paure (anche se ha confessato di non averne, non la spaventerebbe nemmeno la morte). Capace ad ammettere finalmente cosa l’avesse imprigionata in tutto questo lasso di tempo: “Ho avuto un cancro. In questi mesi ho fatto radioterapia e chemioterapia, il 6 febbraio ho finto l’ultimo ciclo e il tumore è stato rimosso al 100%. Ci sono stati dei momenti difficili, soprattutto quando ho perso i capelli, perché quella che indosso è una parrucca. Pazienza, ricresceranno! Vi chiedo tanta normalità e non quell’eccessiva delicatezza che si rivolge alle persone che sono nella mia stessa condizione. Continuate a prendermi in giro. Non lo sapeva nessuno, perché avevo bisogno di tranquillità e di incanalare tutte le mie energie nella terapia”. La Toffa, nella prima diretta dell’anno, ci ha messo l’anima e ha regalato agli spettatori il proprio volto dopo la tempesta, dimostrando – prima con i fatti e poi con le parole – che la differenza la fanno i dettagli: così come arriva, un cancro può andar via. Servono le competenze di chi assiste (medici e non solo), ma soprattutto la consapevolezza che niente è perduto. Mai. C’è voluta una confessione televisiva, lungi dalla tivù del dolore dove ogni cosa viene esasperata, per affermarlo in maniera dirompente. Ecco quando il successo diventa alla portata di tutti.
Articolo di Andrea Desideri