La scrittrice Angela Gambirasio invita alla riflessione rispondendo, in modo sagace e “cattivello” ad una campagna di prevenzione degli incidenti stradali
Le campagne di comunicazione sociale nascono con l’intento di porre l’accento su situazioni di interesse collettivo, fare prevenzione, alzare il livello di attenzione, sensibilizzare l’opinione pubblica. Per gli addetti ai lavori non è semplice toccare le corde giuste per raggiungere l’obiettivo della memorizzazione del messaggio.
Senza voler in questo spazio fare l’analisi di ciò che funziona in una campagna di comunicazione sociale e ciò che invece produce un effetto boomerang, segnaliamo una campagna realizzata alcuni anni fa, più una risposta alla medesima campagna, costruita con ironia e misurata “cattiveria”. L’ambito della pubblicità progresso riguardava la sicurezza sulle strade e come bisogna stare attenti quando si è alla guida per evitare pericoli per se stessi e gli altri. La cartellonistica prevedeva l’immagine stilizzata di una persona invalida, a suggerire cioè che, se si superarano i limiti di velocità, si rischia di non riuscire più a muoversi autonomamente.
In risposta a questa campagna di comunicazione sociale, ci ha pensato una donna che non le manda a dire: Angela Gambirasio, psicologa, blogger dissacrante e ironica autrice di un libro autobiografico che racconta fatti e incredibili verità della sua vita su quattro ruote, dove le ruote in questione sono quelle della sua carrozzina (a tal proposito, la intervistammo qui). Angela ribalta il focus del messaggio: la persona disabile non è vittima di se stesso, né della propria incoscienza per non aver rispettato le regole; i veri problemi per una persona su una carrozzina non sono la ridotta mobilità, ma la limitata sensibilità di una società dove vengono ignorati gli scivoli, la scarsa propensione ad investire per abbattere le barriere architettoniche e l’idea mancante che un servizio per essere tale deve poter essere accessibile a tutti. Oltre alla miope deficienza di alcuni pubblicitari, che dovrebbero mobilitarsi per cercare un altro lavoro.
Una campagna così concepita è pregiudizievole per le persone disabili e allarga sensibilmente l’incomprensione fra due mondi diversi, che potrebbero invece tranquillamente dialogare fra loro: quello dei normodotati (o “bipedi”, come li definisce Angela) e quello dei disabili. Alla fine, la questione non è fisica, ma mentale: se hai una visione ristretta, prima o poi andrai a sbattere, anche se cammini senza ausili meccanici. Il libro della Gambirasio propone uno spaccato delle piccole incongruenze della vita, dove il discorso mobilità è solo un aspetto.
Articolo di Daniela Falco