In A un ricordo da te, l’autrice Selene Pascasi, racconta il profondo rapporto tra i malati di Alzheimer e i loro cari che li accudiscono e il percorso che caregiver e assistiti percorrono a causa di questa malattia che porta la memoria a dissolversi
Parliamo con Selene Pascasi, poetessa e scrittrice, che ha scritto un libro di poesie dal titolo A un ricordo da te. Il testo, con la prefazione di Flavio Pagano è edito dalla casa editrice ScriverePoesia.
Ci può spiegare il titolo del Suo libro?
“Il titolo ne rispecchia il filo rosso: l’altalena della memoria che svanisce e torna. Ma nel mio libro riposa anche l’importanza degli attimi che aiutano a mantenere vivo il ricordo di chi ha saputo amarci davvero. Ecco che queste poesie sono dedicate a mio padre Silvio, cuore puro e caritatevole, ai malati che ci stanno lasciando o ci hanno lasciato e ai loro familiari e caregiver che ogni giorno li assistono lottando con loro. Nella raccolta, però, c’è anche l’insegnamento tratto dall’aver curato papà per anni: l’amore, quello vero, non dimentica e non si fa dimenticare. Resta eterno”.
Quali sono i temi fondamentali del suo libro?
“La memoria, appunto, che si perde e che si ritrova, anche più vivida se vogliamo. Alcune malattie, come quella di Alzheimer, la corrodono ma non sempre e non per sempre. L’esperienza mi ha insegnato che resistono barlumi di coscienza primordiale. E resiste, soprattutto, l’amore. Quando la parola inciampa, lo sguardo dice tutto”.
Come è nata l’idea?
“Negli anni, assistendo mio padre volato via a fine agosto. Anni in cui l’ho curato, coccolato, amato, stringendo forte ogni istante passato con lui. Sapevo che mi avrebbe lasciato e così ho respirato ogni singolo momento di quel periodo. Un periodo doloroso perché lo vivevo nella consapevolezza che avrei presto perso l’essere che più mi aveva amato al mondo, lavorando senza sosta fin da giovanissimo per garantirmi un futuro migliore, stando ben attento a non farmi mai percepire il suo sacrificio. Volevo fargli un regalo, certa che dal suo altrove ne sarà felice”.
In queste poesie si riescono a leggere le difficoltà e la solitudine che sentiamo nel vedere le persone a noi care dimenticare e scivolare via dalla loro stessa mente, lei lo definisce quasi un “morire da vivi”.
“Esattamente. Le ore trascorse accanto a mio padre, tenendogli la mano, aiutandolo a mangiare magari, mi hanno aiutato a conoscerlo davvero. Ho saputo di lui sentimenti che non immaginavo. Ne ho (ri)scoperto la purezza, il cuore nobile, il suo voler fare del bene fino all’ultimo respiro. Volerlo fare persino agli sconosciuti. Il tutto mentre sprofondava. E prendersi cura di chi sprofonda (scrivo, appunto, in Genesi “come quando si muore da vivi / come quando si vive da morti”) è un patto di lucidità con sé stessi arduo da onorare. Eppure, per amore, ci si riesce”.
Come è stato scriverne? Perché ne ha sentito l’esigenza?
“Doloroso ma anche salvifico. A salvarmi, imprevedibili, arrivano sempre le poesie. Sul foglio bianco ho scaraventato le mie paure, ma anche l’immenso amore per un padre che torna bambino, puro, innocente anche se, sono sincera, l’innocenza delle creature l’ha sempre avuta, seppur abbinata a una dose importante di genialità”.
Cosa voleva trasmettere attraverso la sua poesia?
“Volevo essere di supporto ai curacari (termine preso in prestito da Flavio Pagano che, bontà sua, nell’introduzione al mio libro lo ha definito un piccolo capolavoro) che ogni giorno lottano contro l’Alzheimer che ha colpito un familiare. Credo, e non lo scrivo per supponenza, che le mie poesie possano aiutarli ad immergersi in un mondo fatto sì di dolore e di mancanze, ma anche di sorrisi, speranze, promesse. Il messaggio che volevo trasmettere è semplice: amate i vostri cari perché quando avranno le ali, tutto quell’amore sarà il bagaglio che vi aiuterà a lenirne la mancanza”.
Scrivere Poesia è una casa editrice solidale, cioè devolve una percentuale del ricavato della vendita dei suoi libri a una Onlus scelta dagli autori. Lei a chi ha deciso di devolvere una parte dei suoi introiti e perché?
“Alla Onlus Airalzh, che si occupa di ricerca medico-scientifica sull’Alzheimer. Non sono un medico, ma credo che la ricerca stia facendo moltissimo. Il problema è che non basta mai. Servono fondi per sperimentare, aiutare le famiglie a gestire la malattia, sostenere i caregiver a livello materiale, psicologico e formativo, rafforzare una rete multidisciplinare che abbracci malati e caregiver, perché spesso ci si sente soli ad affrontare un mostro che scompone volti, dissolve ricordi, scava dentro. Vorrei che le vendite del libro spiccassero il volo così da aiutare l’Airalzh – cui la mia casa editrice solidale Scrivere Poesia devolverà un terzo dei ricavati delle vendite – ad aiutare chi sta ora lottando”.
Cosa significa per Lei scrivere poesie?
“Significa essere me stessa e donarmi a chi mi leggerà facendo propri i miei versi. Sono fermamente convinta che la poesia viva di vita propria. Di conseguenza, le mie poesie non sono soltanto mie. Io sono solamente il mezzo tramite il quale diventano inchiostro nero su carta, ma non sono di certo le mie. Non esclusivamente, almeno. Le poesie sono di tutti, anzi, di chi è capace di leggerle a cinque sensi, a cuore aperto. Ognuno, nelle poesie, può trovarci ciò che desidera: amore, passione, fantasia, autostima, sconfitte, sorrisi, attese mancate, progetti dissolti. La magia della poesia è proprio questa. La poesia non mente. Mai. Non amo definirmi poetessa. Saranno gli altri, semmai, a ritenermi tale. Io mi limito a scrivere”.
Come si è avvicinata alla poesia?
“La scrittura è cresciuta con me. Quello con la poesia, ma in generale con la scrittura, è un legame innato. Ho scritto poesie fin da bambina quando annotavo su fogli sparsi i miei pensieri che, ovviamente acerbi, erano comunque espressioni dei miei stati d’animo. Un groviglio di emozioni che mi vivevano dentro e che, pian piano, mi chiedevano forma e inchiostro. Così, vinta la barriera delle mie fragilità e del mio pudore, da qualche tempo ho trovato il coraggio di mettermi a nudo con i lettori e pubblicare poesie, romanzi, racconti”.
Altri libri in cantiere?
“Sì, e non solo. Ho molti progetti. Spero di dar alla luce una canzone che ho scritto molti anni or sono e che, per mille ragioni, ancora giace. Proseguirò, poi, il percorso da critico musicale al Premio Lunezia occupandomi di motivare e valutare i testi dei brani dei big italiani. Ma, soprattutto, sto lavorando all’edizione aggiornata del mio primo romanzo Dimmi che esisto, scelto da Radio Rai 1 come libro sul femminicidio assieme al testo della Maraini, ispiratore di un docufilm, romanzo pluripremiato e apprezzato dalla critica di settore. È una storia di violenza, di manipolazione – basata su fatti veri, vissuti nella mia professione di avvocato – ma è anche una storia d’amore e rinascita. Il messaggio è: puoi rinascere da una violenza, se impari ad amarti e se comprendi che l’altra metà della mela sei tu”.
(Articolo di Elisa Marino)