Da settimane, ormai, imperversa la guerra in Ucraina: milioni di donne, anziani e bambini che fuggono dagli orrori di un conflitto che sembra non avere soluzione di continuità. Tutto diventa, come sempre, più complesso se il rifugiato è una persona con disabilità
Giovedì 24 febbraio 2022. Questa è una data che non dimenticheremo facilmente. Quel freddo giorno di febbraio, la Russia ha deciso, di fatto, di invadere la confinante Ucraina.
È guerra! Non avremmo mai pensato di rivedere un conflitto bellico all’interno dei confini geopolitici d’Europa, ma il Cremlino ha iniziato l’occupazione della repubblica ucraina.
Tutti gli uomini maggiorenni sono chiamati (obbligati N.d.R.) alle armi. Donne, bambini ed anziani si preparano ad un esodo che ci riporta indietro nel tempo di almeno ottant’anni. Due milioni di persone che hanno dovuto scappare dalle loro case, dalle loro cose, dalle loro vite per non morire nei bombardamenti russi.
Tragedia nella tragedia è, in questo frangente, la condizione delle persone ucraine con disabilità che trovano ogni tipo di ostacolo anche nei rifugi dove, chi non ha una disabilità, si ripara per poter avere salva la vita.
Come è semplice immaginare, in scenari come quelli di battaglia, sono le persone più fragili (minori, anziani, disabili) a essere maggiormente esposte al pericolo. Basti pensare alla inesistente accessibilità di bunker sotterranei, che spesso non possono essere raggiunti con la carrozzina, ma anche alla impossibilità di accedere a servizi essenziali di assistenza alla persona, col rischio alto e terribile di venire abbandonati o di non poter mettere in salvo la propria vita.
Tania e suo figlio Lev, diciasettenne con la sindrome di Down, ne sono un triste esempio. Madre e figlio, insieme alla nonna ultraottantenne, sono rinchiusi in casa da settimane: “Siamo ormai in piena guerra - spiega Tania, membro dell’Associazione ucraina persone Down -, la situazione peggiora di ora in ora e le esplosioni si fanno sempre più vicine, ora credo siano a non più di 20 km, ma la città sta resistendo. Abbiamo paura, spero si riesca a fermare questa guerra assurda”.
La preoccupazione di un genitore è, ovviamente, rivolta soprattutto verso suo figlio: “Mio figlio Lev, come tanti altri disabili – racconta Tania – sta vivendo un incubo. Per i ragazzi Down la routine quotidiana è importante è dà loro sicurezza. Ora il suo mondo è crollato. Viviamo prigionieri in casa, perché andare in un rifugio è improponibile. Per lui sarebbe troppo dura, non reggerebbe quella situazione e non sarei in grado di gestirlo, è terrorizzato”.
L’Italia non è rimasta a guardare. Già dall’inizio dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina, infatti, il presidente della Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), Vincenzo Falabella, ha chiesto al Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di riservare priorità ai corridoi umanitari alle persone con disabilità dell’Ucraina, a partire dai minori e dalle donne con disabilità grave. In precedenza la Federazione aveva rivolto il medesimo appello alla Ministra per le Disabilità, Erika Stefani.
“Nel guardare dunque con apprensione a quanto sta accadendo in Ucraina - ha aggiunto Falabella – e ben consci che ogni conflitto porta con sé morte e distruzione, causando sofferenza alle popolazioni e minacciando la convivenza tra le nazioni, ci appelliamo innanzitutto ai princìpi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con il relativo impegno di ogni Paese per garantire il superiore interesse e la conseguente tutela dei diritti umani delle persone più vulnerabili”.
Anche UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) si è dichiarata, tramite il presidente nazionale Rasconi, al fianco della popolazione ucraina. La Sezione di Pavia di UILDM, inoltre, si è interessata alla storia di Dimitri, un ragazzo ucraino di ventun anni con distrofia muscolare di Duchenne, patologia neuromuscolare degenerativa altamente invalidante, a cui è stato rifiutato il viaggio aereo verso Bergamo, da cui poi si sarebbe ricongiunto, a Pavia, con la nonna Lidya, che vive da ventiquattro anni nella città della Certosa.
“Abbiamo cercato di attivare canali ufficiali per il trasferimento di Dimitri dall’Ucraina - spiega il presidente di UILDM Pavia, Fabio Pirastu - ma con poco successo. Poi abbiamo trovato la disponibilità di un’associazione di volontari veronese: partirà verso fine marzo portando aiuti al confine ucraino-rumeno, e tornerà col ragazzo”.
Il mondo del volontariato continua ad essere il motore di queste iniziative umanitarie anche in condizioni così complesse a seguito di una guerra che, per definizione, non vedrà né vincitori né vinti, ma soltanto diversi gradi di sconfitta.
(Giuseppe Franchina)