Episodi sepolti nel passato tornano a galla con tutto il loro dolore in questo romanzo ispirato a una storia vera
Il silenzio della collina – di Alessandro Perissinotto (Mondadori)
Dal sito dell’editore. Domenico Boschis è nato nelle Langhe, ma da molti anni ormai la sua vita è a Roma, dove ha raggiunto il successo come attore di fiction TV. Una notizia inaspettata, però, lo costringe a tornare tra le sue colline: il padre, col quale ha da tempo interrotto ogni contatto, è malato e gli resta poco da vivere.
All’hospice, infatti, Domenico trova un’ombra pallida dell’uomo autoritario che il padre è stato: il vecchio non riesce quasi più a parlare, ma c’è una cosa che sembra voler dire al figlio con urgenza disperata. “La ragazza, Domenico, la ragazza!”, grida, per scoppiare poi in un pianto muto. Dentro quel pianto Domenico riconosce un dolore che viene da lontano.
Chi è la ragazza che sembra turbarlo fino all’ossessione?
Mentre Domenico riprende confidenza con la terra in cui è cresciuto e cerca di addomesticare i fantasmi che popolano i suoi ricordi d’infanzia, si imbatte in un fatto di cronaca avvenuto cinquant’anni prima a una manciata di chilometri da lì. La protagonista è proprio una ragazza: ha tredici anni quando, una notte di dicembre del 1968, viene “rubata” da casa sua. Di lei non si sa nulla per otto mesi, poi la verità emerge con tutta la sua forza.
È possibile che sia il ricordo della tredicenne a perseguitare il padre di Domenico? E se così fosse, significa che il vecchio ha avuto un ruolo nella vicenda della ragazza? Lui l’ha sempre considerato un cattivo padre; deve forse cominciare a pensare che sia stato anche un cattivo uomo? Domenico ha bisogno di trovare una risposta prima che il vecchio chiuda gli occhi per sempre.
La recensione. Questo è un romanzo ispirato a una storia vera. Ma Perissinotto ci parla anche di un rapporto padre-figlio interrotto.
Domenico, il figlio, è un attore di successo. Il padre è un uomo ruvido e violento. Non si parlano da anni: Domenico è andato a vivere con la madre, quando questa se ne è andata di casa per salvarsi e riprendere in mano la propria vita. È cresciuto con il nuovo compagno della madre, completamente diverso dal padre. Serio, rozzo e duro il primo, accogliente, colto e brillante il secondo. Ha avuto tutto, nella nuova casa di Torino, e ben presto ha smesso di sentire la mancanza del genitore.
Un rapporto impossibile da ricucire, non solo e non tanto per il vuoto di comunicazione creato dagli anni di silenzio, ma per una loro innata incapacità di comunicare tra di loro. Bartolomeo, il padre, è figlio delle Langhe, di quell’aspetto del territorio che Perissinotto ci descrive in maniera non certo morbida, bensì attaccata alla terra, al possesso, al patriarcato. Un terreno da lavorare duramente per ottenere del vino. Luoghi dove non c’era altro svago se non il bere, giocare a carte e andare a donne.
Solo che Bartolomeo era troppo tirchio anche per questo, per cui si limitava a sfogarsi sulla moglie, senza rischiare di perdere soldi a carte o sprecarli con il vino.
Perissinotto ci descrive questi luoghi anche attingendo agli autori della zona: Fenoglio e Pavese, per esempio. Autori che il protagonista, nel tentativo di prendere le distanze, si è sempre rifiutato di leggere, ma nelle cui parole, adesso, trova una verità più profonda, riesce a riconoscere i tratti del padre e degli altri conoscenti.
Il padre, dicevamo, parla poco, adesso che è malato ancora meno. Ma qualcosa la dice, un accenno. E nel farlo il suo viso diventa una maschera di orrore. Domenico inizia allora una ricerca privata, un tentativo di capire che cosa volesse comunicargli il padre. I ricordi felici da evocare sono pochi, le conversazioni inesistenti, e allora, se il padre vuol dirgli qualcosa, è importante che lui ascolti e capisca.
Domenico non riallaccerà i rapporti con il padre, è impossibile quando si è così diversi, ma potrà andare un po’ più a fondo nella conoscenza delle proprie radici, di chi e del luogo da cui proviene, quelle terre dure, che nascondono oscuri segreti, posti dove tutti sanno tutto, ma nessuno parla. Luoghi dove le donne sono considerate merce e dove una ragazzina di appena tredici anni può essere abusata impunemente dai facoltosi della zona e lasciata morire, senza che a nessuno venga lo scrupolo di dire una sola parola.
È un viaggio nella difficoltà di certi rapporti, tra genitori e tra amici: gli amici d’infanzia, che scopri essere diversi, così come lo sei tu. Ma puoi anche riscoprire ciò che vi univa, che vi faceva stare insieme a dispetto di tutte le differenze.
È un viaggio negli orrori, nella capacità che abbiamo di girarci dall’altra parte e far finta di niente. Allora come oggi.
Recensione a cura di Chili di Libri