Una riflessione sulla percezione delle persone con disabilità
Essere una persona con disabilità vuol dire dover elaborare la propria condizione, integrare questa caratteristica nell’immagine che si ha di noi stessi e soprattutto trovarle una giusta collocazione rispetto al valore che ci diamo.
In questo lungo percorso, che può essere doloroso, di accettazione e integrazione di qualcosa che è parte di noi, un nostro tratto, ma non è tutto ciò che siamo, la società non ci aiuta. Essa invece spesso e frequentemente ci attacca addosso delle etichette difficili da eliminare: siamo degli eroi per aver svolto attività semplici, oppure delle persone che non vengono considerate in grado di compiere quegli atti che ci risultano naturalissimi, come alle persone senza disabilità. Quando vinciamo delle medaglie o raggiungiamo degli obiettivi che sarebbero straordinari per chiunque, ci vengono fatti i complimenti per aver raggiunto tali traguardi nonostante la nostra disabilità. Quel “nonostante” è la parola chiave. Questi stereotipi e stigmi che ci vedono protagonisti e che si esprimono nel pietismo, così come nel vederci come dei supereroi, possono farci sentire questa parte di noi stessi come un nonostante. Come se dovessimo dimostrare di essere capaci esattamente come gli altri, come se la nostra disabilità fosse qualcosa da compensare, in qualche modo, o anche un difetto che ci porta via le possibilità della vita che vorremmo cogliere.
Molte persone con disabilità con cui mi sono confrontata sulla questione, mi hanno confidato che, esattamente come me, si sono sentite spinte a impegnarsi in molte cose, per dimostrare che riuscivano a fare tutto. Altre persone con disabilità hanno riferito che hanno impiegato molto tempo ad accettare il bisogno di aiuto e a imparare a chiederlo. Quasi tutte le persone con disabilità con cui ho parlato, mi hanno confidato di aver dovuto combattere con la depressione, l’ansia e forte stress a causa dello stigma e della percezione negativa della loro disabilità. Stereotipi e giudizi negativi, che molte volte provenivano da loro stessi, tanto quanto dagli occhi esterni.
Dobbiamo ingaggiare una lotta con noi stessi e con il modo in cui la società ci vede. Sentiamo una forte spinta verso il non dover mai fallire oppure verso l’arrenderci in partenza, tutto per la nostra disabilità. La soluzione risiede sia nelle campagne di coscientizzazione della società sulle questioni attinenti alla disabilità, che hanno lo scopo di rimuovere gli stereotipi nei confronti delle persone con disabilità dall’immaginario collettivo e dei singoli individui, sia nel lavoro che ogni persona con disabilità dovrebbe fare su di sé. Accettare la propria condizione non è né semplice, né lineare, anzi è un processo ricco di alti e bassi; con ciò non si intende dire che accettarla voglia dire rassegnarsi a essa, ma al contrario vuol dire trasformare quel “nonostante” in un “con”. La persona raggiunge i suoi obiettivi, fa le cose che vuole con la sua disabilità, non nonostante essa. La disabilità come nostra caratteristica, non come ciò che ci fa sentire superiori o inferiori rispetto alle persone normodotate.
L’utilizzo della locuzione “persone con disabilità” ci può essere utile perché, come diceva una grande filosofa, “il linguaggio è una possibilità di cambiamento del mondo e delle cose. Attraverso le parole e il loro potere, possiamo cambiare il modo in cui valutiamo e pensiamo. Trasformare la disabilità in un “con”, vuol dire cambiare la lente attraverso cui la percepiamo, riportarla su un piano neutrale e quindi ci può aiutare ad assimilare il concetto che la disabilità è si una parte della persona, ma non deriva in realtà dalla stessa, la causa è esterna, risiede nell’incontro tra la persona con compromissioni e un ambiente non adatto alle sue esigenze. Fare questo, ci permette di impegnarci per i cambiamenti che sono necessari. Comprendere che nella disabilità non vi è diversità rispetto alle persone senza disabilità, ma solo unicità, ci fa riappropriare dell’indulgenza che ci dovremmo riservare e della idea che anche noi possiamo aspirare a essere semplicemente nella media o anche serenamente mediocri.
(Elisa Marino)