La storia poco raccontata di Helen Keller, la bambina sordocieca di Anna dei Miracoli, che riesce a parlare grazie alla sua educatrice Anne Sullivan. Ma Helen è molto altro
Molte giovani donne piene di devozione e buona volontà sono state coinvolte in azioni di carità superficiali. Hanno cercato di sfamare gli affamati senza conoscere le cause della povertà. Hanno cercato di aiutare gli ammalati senza capire la causa della malattia. Hanno cercato di sollevare sorelle cadute senza capire il braccio brutale che le ha abbattute. Ci sforziamo a fare riforme sociali, dove abbiamo necessità di trasformazioni sociali”.¹
La storia di come possa una bambina, nata in Alabama a fine Ottocento, diventata cieca e sorda a diciotto mesi e considerata irrecuperabile con un evidente disturbo dell’attenzione, diventare un’attivista e una scrittrice straordinaria, essere ricevuta da tredici presidenti ed essere poi insignita della Medaglia Presidenziale della Libertà, l’onorificenza civile più alta negli Stati Uniti, è raccontata in diversi film e libri su Helen Keller. Titoli che raccontano spesso il frutto della coinvolgente relazione tra Helen e la sua incredibile e paziente educatrice Anne Sullivan.
Helen esce dal suo mondo fatto di buio, rabbia e paura, grazie a Anne Sullivan (Anna dei Miracoli) riuscendo ad imparare la lettura in Braille, “ad ascoltare toccando le labbra e sentendo le vibrazioni della trachea e, infine, a parlare”². Sempre con Anne al suo fianco, Helen riesce ad essere ammessa all’Università di Radcliffe, dove all’età di ventiquattro anni sarà la prima persona sordocieca a laurearsi in un college.
Helen Keller è una delle figure di spicco più famose negli Usa e spesso è ritratta allo stesso modo di molte altre persone con disabilità di successo: come una persona straordinaria, capace di superare da sola i propri limiti diventando così famosa in tutto il mondo, in modo “educato”. In realtà, tali narrazioni creano forti frustrazioni perché contraddicono nettamente l’esperienza della stragrande maggioranza delle persone con disabilità, visto che, ora come allora, le storie “normali” delle persone con disabilità, sono cariche di discriminazione, alti tassi di povertà, oppressione, indifferenza e violenza sociale. Questa rappresentazione edulcorata della Keller oltre a banalizzare la vita delle persone con disabilità, viene subita dalla stessa Helen perché considerata solo per la sua menomazione, ignorando invece che il suo percorso di emancipazione l’ha portata ad essere una delle più importanti attiviste socialiste dello scorso secolo. Così, raccontare la favola del “fenomeno” capace di alti traguardi nonostante la disabilità, è un modo di rendere la Keller innocua al potere presente e passato; significa disinnescare quella carica rivoluzionaria di cui è stata portatrice.
Helen si accorse che le principali cause di disabilità negli Stati Uniti erano in gran parte riconducibili agli incidenti e alle malattie sul lavoro, causati dall’avidità e dalla riluttanza di un datore di lavoro nel dare priorità alla sicurezza dei lavoratori, affinché non diminuisse i profitti. La disabilità era anche scaturita da altri fattori sociali, come la prevalenza della povertà, l’accesso ineguale alla medicina, i bassifondi sovraffollati e insalubri e una mancanza d’informazione in materia di salute riproduttiva e sessuale. Scoprì che, una volta rese disabili, queste persone, costituivano una classe di poveri, reietti e dimenticati dalla società. Impantanate nella povertà e nella disoccupazione, tagliate fuori dalle opportunità educative, segregate ed emarginate. Helen denunciò che non vi era un solo censimento in nessun Stato o città del paese che teneva traccia dei numeri e delle esigenze della popolazione disabile. Semplicemente non esistevano.
I nostri peggiori nemici sono l’ignoranza, la povertà e la crudeltà inconscia della nostra economia. Queste sono le cause della cecità; questi sono i nemici che distruggono la vista di bambini e operai e minano la salute dell’umanità” (Social Causes of Blindness,” New York Call, February 15, 1911)
Si oppose fermamente alla Prima Guerra Mondiale, sempre al fianco della causa dei lavoratori, si iscrisse al sindacato Industrial Workers of the World e al Socialist Party of America. Tenace sostenitrice del diritto al voto delle donne e dei diritti civili degli afroamericani, è stata uno dei primi membri dell’American Civil Liberties Union. Helen Keller ha identificato la sua analisi marxista e il suo socialismo profondamente interconnessi con il suo attivismo per la disabilità.
Nelle conversazioni sia pubbliche che private, citava come fonte di ispirazione le parole e le azioni di persone come Walt Whitman, Mahatma Gandhi e Gesù Cristo, di Karl Marx, Lenin ed Eugene Debs, leader e candidato per le presidenziali del Partito Socialista Americano.
Anticipò di diversi decenni ciò che furono poi le battaglie per la Vita Indipendente, rifiutando ogni approccio pietistico e schierandosi apertamente contro ogni forma di istituzionalizzazione.
Credo che i ciechi siano come gli altri esseri umani: desiderano case rallegrate dall’amicizia, cercano interessanti divertimenti e opportunità di una normale vita familiare. Nulla, sicuramente, può essere più dannoso e indesiderabile che situarli in istituti senza una possibilità di piaceri domestici o le gioie della vita sociale. Chi ha il cuore per separare coloro che non possono vedere, per impedire loro di trovare piaceri salutari o esperienze deliziose?” (Keller, 1961 “Acceptance Speech—Annual Humanitarian Award).
Nonostante abbia lavorato ogni istante della sua vita, in Usa e in tutto il mondo, per il riscatto sociale delle persone non vedenti e sorde, allo stesso tempo rifiutò ogni tipo di rappresentazione della disabilità in quanto categoria a parte ma appartenente alla grande famiglia umana in lotta per la propria liberazione così da riappropriarsi della dignità:
“La cecità con la “C” maiuscola non mi ha mai interessato“, ha spiegato in un articolo per il New York Times del 1946:
Ho sempre considerato i ciechi come una parte di tutta la società, e il mio desiderio è stato quello di aiutarli a riconquistare i loro diritti umani in modo da consentire loro di mantenere un posto di utilità e dignità nell’economia mondiale. Ciò che dico del cieco si applica ugualmente a tutti i gruppi ostacolati – i sordi, gli zoppi, gli impoveriti, chi ha disturbi mentali”.
Il sogno di Helen di costruire un mondo libero da sfruttamento, discriminazione e guerra, la sua generazione non è riuscita a vederlo realizzato. Sicuramente il suo patrimonio di idee e di impegno per un riscatto sociale non è stato disperso. La Keller ha influenzato tante donne e uomini e può continuare ad ispirare anche le nuove generazioni che attendono giustizia sociale e lottano per una piena inclusione.
Articolo di Massimo Guitarrini
¹: Helen Keller “Why Men Need Women Suffrage,” New York Call, 1913.
²: “Il caso di Helen Keller” Alain Goussot Università Bologna