Siamo ormai in una società globalizzata, dove le distanze sono ridotte grazie al Web, la rete che permette di essere collegati l’uno con l’altro in un reticolato universale, consentendoci di avere interazioni istantanee da un capo all’altro del mondo. Tutto a portata di click. Ruolo rilevante, in questo scambio continuo e senza confini, ce l’hanno i social network: Facebook, Twitter, Instagram e così via. Il loro scopo principale è veicolare informazioni atte allo scambio e all’incontro di caratteri e personalità di ognuno, a tal punto da creare profili ed interessi comuni che consentano la nascita di nuove amicizie – spontanee e non – in modo che tutti possano aumentare le proprie conoscenze ed ampliare il proprio orizzonte socio culturale. Rete sociale, appunto.
Siamo tutti su piazza, nel mercato più grande di tutti, e ci basta uno schermo ed una tastiera per entrare. Questa apparente facilità di accesso può rendere fruibile la piattaforma telematica anche a chi magari, in tempi passati, parlando di accessibilità, non era poi così favorito: le persone disabili. Prima della diffusione di internet, chi possedeva un deficit fisico era svantaggiato e spesso estromesso. Si doveva fare tutto in maniera più complicata e gestire la quotidianità in maniera più faticosa. Basti pensare alla banalità di spedire un pacco o effettuare un pagamento; era necessario recarsi fisicamente alla posta o in banca, per effettuare queste semplici operazioni, che oggi si fanno comodamente da casa. Si evitano, almeno in parte, tutte quelle barriere e difficoltà legate al movimento e alla gestione dello spazio non sempre agevole. Senza contare, poi, che l’avvento dei social network ha permesso ai portatori di handicap di ampliare il proprio giro di conoscenze, avere una vita sociale attiva, essere più comunicativi. Prima la persona disabile passava la maggior parte del suo tempo in casa, perché magari la patologia non consentiva un movimento tale da permettere l’eventuale uscita in maniera autonoma, e si circondava di quelle persone (sempre le stesse) che con il passare del tempo addormentavano gli stimoli e le curiosità del soggetto in questione. Così aumentavano le insicurezze e si restava intrappolati nella realtà della routine.
Oggi la persona con disabilità può avere a disposizione tutto, o quasi, grazie al Web. Per carità, anche l’accessibilità e l’abbattimento delle barriere architettoniche nelle città ha fatto progressi notevoli rispetto al passato ma – purtroppo – c’è ancora tanto da lavorare e quindi una grossa mano la dà la tecnologia. Quindi, adesso, tutti, senza distinzione alcuna, sono dentro la community. L’area comunitaria che abbatte confini e non ha pregiudizi di sorta, o almeno così sembrerebbe. Consapevoli di questo balzo in avanti, a Piacenza hanno avuto l’idea di creare un social network ad hoc per consentire a chi soffre di patologie gravi, come l’autismo, di affacciarsi al mondo dell’internetworking. Il progetto chiamato “Social Innovation Home e Mindbook” si pone l’obiettivo di avvicinare i ragazzi autistici al Web e ai social network, attraverso vari step: un primo passo, dedicato a coloro che sono colpiti in maniera più grave, in cui il social network ha una funzione prettamente di scambio informativo e ausilio per le famiglie. Si passa, successivamente, ad occuparsi di quei ragazzi che hanno una forma più lieve della patologia e possono quindi interagire attraverso la Rete. Ovviamente, nel livello intermedio, sono presenti degli psicologi che accompagnano i ragazzi durante la navigazione. Il fine ultimo è quello di arrivare ad una completa autonomia nella gestione del proprio profilo.
Questo progetto – realizzato dalla Cooperativa Sociale Tice di Piacenza – prevede, inoltre, anche la creazione di uno spazio dove i ragazzi possano incontrarsi e conoscersi dal vivo. Precisamente, nella “Social Innovation Home”, presente sul territorio, i giovani possono darsi appuntamento. E’ stato creato un luogo apposito, una sorta di doposcuola, dove chi vuole delle ripetizioni può “pagarle” spendendo un’ora del suo tempo ad aiutare il suo compagno con disabilità. Francesca Cavallini, presidente di Tice, dichiara: “Per ora sono circa una quarantina i ragazzi di tutt’Italia che apriranno un loro account. La nostra speranza è che questo progetto prenda piede e si diffonda ovunque e che possa dare un aiuto a chi ne ha davvero bisogno”.