La gravidanza è l’atto iniziale di una nuova vita, sinonimo di gioia ma anche un’esperienza dolorosa e particolare. Una creatura dentro un’altra, che si sta per affacciare al mondo. Questo ha generato spesso dibattiti al limite tra sanità ed etica: l’aborto, ad esempio, è ancora oggetto di discussioni feroci. Specialmente quando si parla di obiettori di coscienza, al centro delle recenti vicende di cronaca nostrana. Gli Stati Uniti, però, sollevano un’ulteriore questione legata al parto che finora è stata sottovalutata: le ultime rilevazioni epidemiologiche dimostrano come l’uso di farmaci per combattere il dolore sia un fenomeno in forte ascesa nella popolazione femminile. Dal 2012 le prescrizioni di morfina, idromorfone, codeina, tramadolo e tapentandolo hanno subito una notevole impennata, al punto da destare allarme nelle autorità sanitarie statunitensi.
La Dott.ssa Nora D. Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse (NIDA), lancia l’allarme per le donne in gravidanza e i loro bambini – esposti inconsapevolmente a gravissimi pericoli – avvalendosi della carta stampata. Un editoriale uscito recentemente sul British Medical Journal sottolinea come l’elevato numero di prescrizioni per le donne incinta è un fattore strettamente connesso all’aumento del numero dei “nuovi nati” con sindrome da astinenza neonatale (NAS). I dati raccolti e analizzati dal NIDA annoverano le “puerpere assuntrici di oppioidi” in una percentuale che varia fra il 14 e il 22%. Inoltre, la ricerca ha confermato che il rischio di NAS aumenta in modo significativo in seguito al reiterato uso di oppioidi (anche nel caso in cui l’utilizzo è avvenuto in stato avanzato di gravidanza). Negli ultimi cinque anni, il Center for Disease Control and Prevention ha condotto diversi studi sul problema sollecitando il pericolo di possibili difetti nel tubo neurale (maggiori nel cervello e nella colonna vertebrale), di difetti cardiaci congeniti e gastroschisi (un deficit della parete addominale del bambino) e della stessa sindrome da astinenza neonatale.
Viene raccomandato, dunque, un utilizzo responsabile di antidolorifici oppiacei; farmaci che devono essere prescritti soltanto per un uso a breve termine e a soggetti che presentano un elevato grado di dolore (quindi con una soglia molto bassa di sopportazione). Nel caso in cui l’impiego a lungo termine dovesse risultare inevitabile, come ad esempio per le donne in terapia di mantenimento con metadone o buprenorfina in seguito ad una dipendenza da eroina, è necessaria un’accurata valutazione e monitoraggio per evitare di incorrere in rischi di sovradosaggio. “Partorirai con dolore” non è esclusivamente una certezza biblica, ma un invito a sopportare qualche sofferenza per evitare danni peggiori.
Articolo di Andrea Desideri