Il 21 settembre arriva in sala Tiro Libero, film tratto dall’omonimo romanzo di Simone Riccioni. Lo scrittore, anche protagonista e produttore del girato, interpreta un uomo affetto da distrofia muscolare che ritrova la forza di vivere grazie allo sport e ai sentimenti. Un cast corale per un film molto atteso, con qualche partecipazione illustre dal mondo della pallacanestro. Riccioni racconta a FinestrAperta.it quest’esperienza lavorativa che l’ha visto molto coinvolto, dando anche qualche anticipazione sul suo futuro.
Alla soglia dei trent’anni arriva un momento in cui desideri metterti alla prova, reinventarti, per provare nuovi stimoli e dimostrare a tutti (soprattutto a sé stessi) di poter essere ancora incisivo e determinante, trovando persino il coraggio di correre qualche rischio. Questo Simone Riccioni l’ha fatto, scegliendo di tornare in libreria col suo terzo romanzo Tiro Libero da cui è tratto anche l’imminente film che lo vedrà protagonista e produttore. Una tripla veste che gli ha permesso di portare sullo schermo e in libreria una sua creatura, in cui dentro c’è qualcosa di parzialmente autobiografico. Il basket e lo sport come centro di tutto, filosofia di vita capace di dare e togliere con facilità, in grado di portarti alle stelle o condurti nell’abisso. L’attore africano (arrivato in Italia all’età di sette anni) interpreta Dario, un campione sportivo a cui non manca nulla. Nemmeno la spocchia e la supponenza. Nel pieno della propria giovinezza, scopre di avere la distrofia muscolare: una vita che cambia, il successo che affievolisce e gli amici (o presunti tali) che spariscono. La forza dei sentimenti, insieme a una buona dose di caparbietà, farà riscoprire a Dario l’importanza di vivere nonostante le difficoltà. Ripartendo proprio dal basket, comincerà a costruire nuovamente la sua carriera, allenando una squadra di pallacanestro in carrozzina.
In Tiro Libero si riflette, si ride e ci si commuove. Anche e soprattutto con la complicità e il supporto di un cast corale, che vedrà persino qualche personalità sportiva come Carlton Myers. Il film, in uscita il 21 settembre, ha incuriosito la critica. Quindi, abbiamo incontrato Simone per farci raccontare come sta vivendo i pochi giorni che precedono l’arrivo in sala. L’attore, inoltre, è intervenuto anche ai microfoni della nostra Web radio.
Stai producendo e recitando da protagonista in un film tratto da un libro che tu stesso hai scritto, perché non hai scelto di cimentarti anche nella regia dello stesso?
“Sono sincero, la regia è un mondo abbastanza buio per me. Non saprei nemmeno da dove partire. Per questo ho deciso di affidarmi ad un bravo regista, ma soprattutto un grande amico come Alessandro Valori”.
In contemporanea alla recitazione, hai sempre portato avanti la passione per il basket (giocando in serie A, C1 e C2), ecco perché sia il libro che il film parlano di questo sport. Come mai hai scelto di affrontare anche il tema della distrofia muscolare, c’è stato un evento o un motivo particolare nella tua vita che ti ha spinto a farlo, così come per il basket?
“Questa idea nasce da una storia vera. Un mio carissimo amico si è ammalato di sclerosi multipla, che poi abbiamo modificato all’interno del film come distrofia muscolare. Mi aveva affascinato tantissimo come mi ha raccontato e come affronta ogni giorno nella sua vita questa malattia, così insieme al regista abbiamo deciso di intraprendere questa strada, unendola con lo sport, una delle mie più grandi passioni insieme alla recitazione. Il nostro intento era quello di far vedere chi sono nella vita i ‘veri vincenti’”.
Altro tema trattato, nel film, è la celebrità: anche nel basket ci sono campioni montati che si credono divinità, non era un luogo comune legato soltanto al calcio?
“Io credo che in qualsiasi situazione, lavoro, sport, recitazione ci siano persone montate come non. È una questione personale. Di carattere, di famiglia”.
Quando sembra tutto perduto, il protagonista del film, attraverso un incontro-scontro, si imbatte nella donna che gli cambierà la vita. Tu credi al destino o è solo un espediente per abbellire le trame dei film?
“Io credo molto al destino, ma soprattutto credo che qualcuno ci ha voluto qui su questo mondo per creare cose grandi: vivere i propri sogni. Spero che questo film possa lasciare molta speranza agli spettatori perché la vita è una cosa meravigliosa e va vissuta a pieno, anzi pienissimo. Il tempo non può essere sprecato perché oggi c’è, domani non ci sarà più”.
Quanto è stato difficile produrre autonomamente un film del genere, che comunque prevede molti cambi di fronte e di situazioni, anche per quel che riguarda la reperibilità di ausili e quel che concerne la condizione di persona con disabilità? E’ stato molto costoso?
“È stato difficilissimo per tante vicissitudini, i tantissimi attori presenti sul set, i molti personaggi comprimari, ma soprattutto perché con la mia produzione, la Linfa Crowd 2.0, siamo all’inizio, siamo piccoli, quindi è stato molto faticoso e abbastanza costoso riuscire a portare a casa questo progetto. Ma siamo stati spinti dalla certezza che se una cosa la si ama follemente nulla è impossibile. La cosa più bella di questa produzione è che la squadra degli Amicuccioli di Giulianova mi ha chiamato personalmente dicendomi: NOI VOGLIAMO PARTECIPARE COME ATTORI.
Quindi è stato un set MAGICO, con dei ragazzi che mi hanno insegnato molto e fatto vivere esperienze che mi porterò sempre nel cuore”.
Questo progetto ha trovato il favore di molti campioni dello sport, oltre ai grandi attori che vi hanno preso parte, ti aspettavi un simile coinvolgimento?
“Sono felicissimo ed onorato ad aver avuto dei campionissimi come Carlton Myers, Carlo Recalcati e il mio amico Luca Vitali. Sono sincero, non avrei mai pensato potesse capitare una cosa così grande e bella. Sono dei veri campioni e lo hanno dimostrato sia dentro al film che fuori. Li ringrazio di cuore”.
Quanto è stato impegnativo interpretare una condizione non tua?
“È sempre molto difficile interpretare qualcosa distante da te, ma è anche il lavoro dell’attore, e a me personalmente piace tantissimo. In questo caso per prepararmi ho parlato molto con questo mio amico, e mi sono informato su queste tematiche, poi ho studiato la parte con il regista Valori e la sceneggiatrice Capecci”.
Soltanto una disgrazia (come è capitata al personaggio che interpreti) può cambiare e far riflettere le persone sul senso della propria vita?
“No, non credo che bisogni avere una disgrazia per cambiare nella tua vita. Credo che anche un semplice incontro possa farti cambiare la vita. Bisogna iniziare a pensare che la vita non é scontata. È un dono”.
Tiro Libero potrebbe definirsi una commedia sentimentale: è stato difficile coniugare ironia e disabilità?
“Sì, difficile ma non difficilissimo. Tiro Libero è come la vita, si ama, si gioisce, si piange, ci si innamora, si fa sport. È stato però molto bello coniugare queste due cose molto diverse”.
Corre voce che hai altri progetti in cantiere, dacci qualche anticipazione.
“Sto pensando di produrre altri due nuovi film, però è ancora tutto top secret. Saranno ancora una volta progetti basati su tematiche sociali”.
Simone Riccioni si è raccontato anche a Radio FinestrAperta. Questo è il podcast dell’intervista:
Articolo di Andrea Desideri