“La carica dei 104” (il numero ricorda la legge che tutela i diritti delle persone con disabilità). Una rubrica che, mensilmente, intende fornire ritratti di personalità che non si sono abbattute e, superando ogni avversità, hanno raggiunto il successo in ogni campo: arte, cultura, sport, spettacolo. Speriamo che questa raccolta di storie sia di buon auspicio per tanti, giovani e adulti, che non riescono ancora a trovare la forza di emanciparsi. Andrea Desideri, che curerà questo spazio, racconta Simoncino (rapper e attore).
Si è da poco conclusa la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la settantaquattresima, per la precisione. Ogni anno, da fine agosto ad inizio settembre, il cinema sbarca al Lido – sul Lungomare Marconi – e anticipa le novità dell’anno corrente. C’è chi addirittura ritiene che i film maggiormente premiati in quest’occasione siano una sorta di eletti verso gli Oscar. Insomma, il festival cinematografico più antico al mondo una sua rilevanza ce l’ha, basti anche soltanto vedere quanti affluiscono ad ogni evento. Il red carpet ha sempre il suo fascino, con tutto quel che segue: passerella, abiti, fotografi. Selfie, flash, dirette. La celebrità 2.0, che è uguale alla precedente con un pizzico in più di glamour.
Ecco perché ritroviamo anche i cosiddetti “occasionali”, vale a dire quelli che non hanno nessun film in concorso, però, essendo del mestiere, ne approfittano per farsi vedere. Maggiormente quest’anno, che è stato dato ampio spazio persino alle serie tivù: l’Italia ha mostrato in anteprima Suburra, primo contenuto nostrano pensato e concepito per Netflix. Grande attesa non solo per questo, molti registi di casa hanno fatto gli onori – passando attraverso gli oneri – del made in Italy. Quel che stupisce, anche se non dovrebbe, è che si è parlato persino di disabilità. No, non c’entrano le barriere architettoniche, stavolta. La disabilità torna a bucare lo schermo, con un lavoro ben fatto e che esula dai ridicoli pietismi. Anzi, regala anche piacevoli spunti di riflessione su quanto una patologia possa incattivire chi la possiede, a dispetto degli stereotipi eccessivamente legati alle categorie protette. Tutto questo lo racconta magistralmente Cosimo Gomez – scenografo e all’esordio da regista – che mette a punto una vicenda ambientata nella periferia romana tra criminalità e azione. La peculiarità del film Brutti e cattivi è questa banda di criminali cialtroni che sfrutta le proprie disabilità per mettere in atto scelleratezze.
La disabilità non viene identificata con la disgrazia, finalmente, ma la disgrazia la subisce chi incontra la banda. Una sorta di “anti eroi” che hanno strappato sorrisi e consensi alla critica. Inoltre, spicca, in particolar modo Simone Martucci – meglio conosciuto come Simoncino – che con certe realtà ha avuto a che fare realmente. Il confine tra commedia e dramma resta sottilissimo e quest’uomo ne è un esempio. Affetto da osteogenesi imperfetta e grande appassionato di Rap, ha frequentato la periferia capitolina sin dalla giovane età, finendo col farsi conoscere attraverso video di canzoni che più che Rap sembravano trash, inizialmente. Non per la sua statura, bensì per una levatura (morale) che inizialmente spiattellava in rima con scarsi risultati. Quel che ne veniva fuori erano esclusivamente video pieni di belle donne (sicuramente poco vestite) dagli atteggiamenti discinti che ne hanno fatto una vera e propria icona di simpatia. In più, la sua umiltà nell’ammettere di voler crescere (torna nuovamente l’ironia disarmante) musicalmente l’ha sempre reso poco costruito. Dalla sua, molti nomi della scena Rap: “Er Gitano”, “Primo”, “J-Ax” e molti altri. Vanta addirittura una partecipazione al programma di Max Pezzali – Le strade di Max – su Deejay tv.
Dalle stelle alle stalle, dal boom con Mente malata e Gente cattiva fino all’arresto nel 2014 per possesso di cocaina. Come ricorda una sua canzone: “Quando c’è er cash, tutti so’ amici, ma nessuno è pronto a fa’ dei sacrifici”. Infatti, da quando ha pagato il suo debito con la giustizia, Simone è cambiato: va meno a ballare, frequenta molto meno la strada. “Esco solo per portare in giro il mio cane”, ha dichiarato in un’intervista per Noisey nel 2015. Da allora, anni ricchi di progetti e novità: tant’è che lo ritroviamo nelle vesti di attore e il crimine lo mette in scena solo per velleità artistiche. Ha suscitato persino l’interesse di Matteo Vieille, fotografo romano, che ha realizzato un reportage sulla sua vita. Dalla mattina alla sera insieme, per carpirne gli aspetti più curiosi e togliersi qualche dubbio. Alla soglia dei trent’anni, Martucci, si ritrova nuovamente alla ribalta e fa un certo effetto rivederlo sotto i riflettori, completamente (ri)messo a nuovo, con i fotografi e i fan che urlano il suo nome. Lui stesso l’ha sempre ammesso: “So’ Simoncino e guai a chi me tocca”, e – nelle vesti attoriali – sembra essere a suo agio. Quel che ha perso in altezza, l’ha guadagnato in profondità grazie ad un ruolo concepito per lui, dove può sviscerare appieno il suo estro. Senza rimpianti per un passato burrascoso. Solo chi cade può risorgere, lui a Venezia l’ha dimostrato. Essere “l’amico di Martucci” – come insegna Verdone – è un motivo di vanto che ora si è espanso ulteriormente, grazie a Gomez e non solo.
Articolo di Andrea Desideri