Mancano pochi giorni alla riapertura delle scuole, fissata per il 14 settembre, ma rischia di essere una corsa disorganizzata contro il tempo
Archiviate le vacanze, il 14 (lunedì prossimo) suonerà la campanella per milioni di alunni in tutta Italia che dovranno abituarsi alle nuove modalità per stare in classe a causa del COVID-19.
Il protocollo sicurezza, cos’è e cosa prevede. Istituto superiore della Sanità, Ministero della Salute, Miur, Inail, Fondazione Bruno Kessler e Regioni Veneto ed Emilia-Romagna hanno messo a punto il rapporto “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”, successivamente approvato dalle Regioni. Questo documento serve a garantire la sicurezza ed evitare contagi e/o focolai nelle scuole. Infatti al suo interno sono indicati i comportamenti da attuare nelle scuole e per monitorare l’applicazione di tali norme prevede la creazione di una commissione.
Oltre alle norme stabilite dal Governo e dal CTS per arginare l’epidemia (evitare assembramenti, distanziamento sociale, frequente igienizzazione delle mani e utilizzo della mascherina) ogni struttura sceglierà in autonomia sia l’orario che la modalità d’ingresso e di uscita, inoltre gli ambienti dovranno essere areati ed igienizzati più volte al giorno (dalle aule alle superfici comuni come il passamano) e infine le mascherine chirurgiche dovranno essere indossate negli spazi comuni e in caso di spostamenti ma si potranno rimuovere una volta seduti al banco, mentre sono esenti dall’indossarla sia i bambini compresi nella fascia d’età 0-6 anni e anche quelli con disabilità.
La mensa. Il pasto rappresenta un momento importante a livello educativo e sarà possibile utilizzare la mensa in differenti fasce orarie oppure si potranno consumare i pasti all’interno delle aule se la mensa è stata adattata per svolgere le lezioni.
In caso di sintomatologia sospetta, cosa accade? Con l’arrivo della stagione invernale, tra le varie infezioni e l’influenzab questa sarà la questione più delicata per comprendere in quali casi bisogna attenersi al protocollo. Sicuramente se la temperatura supera i 37,5 °C, alla quale vanno aggiunti altri sintomi sospetti quali tosse, cefalea, sintomi gastrointestinali, difficoltà respiratorie, perdita o diminuzione dell’olfatto e perdita o alterazione del gusto. Tutti sintomi, questi, che rischiano di lasciare le classi vuote dopo pochi mesi dall’apertura.
In caso di positività al COVID-19, quarantena per tutti? Se dovesse risultare positivo, il bambino dovrà essere isolato all’interno della struttura, in spazi individuati precedentemente; andranno avvisati i genitori, che lo porteranno a casa nel più breve tempo possibile e avviseranno il pediatra o il medico di famiglia. Quest’ultimo, in caso di sospetto coronavirus, potrà richiedere il test all’Asl di competenza, che successivamente effettuerà il tampone. In caso di COVID-19 confermato, per rientrare a scuola bisognerà attendere la negativizzazione di due tamponi, a distanza di ventiquattr’ore l’uno dall’altro, mentre tutti i contatti, delle quarantotto ore precedenti, saranno posti in quarantena per quattordici giorni. La quarantena alla classe o all’istituto verrà stabilita se vengono riscontrati altri casi, se c’è il rischio di un focolaio oppure se il Comune viene denominato “zona rossa”. In questo caso le lezioni riprenderanno con la didattica a distanza (Dad) esclusivamente per le scuole secondarie di secondo grado.
Scuolabus. Le linee guida del Ministero dei Trasporti prevedono la misurazione della temperatura prima di salire sullo scuolabus, la sanificazione del mezzo e l’obbligo di indossare la mascherina. La capienza consentita è massima se il tragitto è inferiore ai quindici minuti e se gli alunni sono allineati in verticale mentre per quanto riguarda i mezzi pubblici la capienza è dell’80% con una netta riduzione dei posti in piedi.
Allarme stress per insegnanti ed alunni. Potenziati gli sportelli di ascolto psicologico. Il Ministero dell’Istruzione con il Consiglio nazionale Ordine degli Psicologi ha incentivato le azioni di sostegno psicologico per alunni e personale scolastico per le eventuali situazioni di isolamento e per altre forme di aiuto socio-educativo alla persona. Inoltre la psichiatra Adelia Lucattini, al corriere.it lancia l’allarme sul rischio di “crisi ansioso depressive tra gli insegnanti in ripresa” dato che “dovranno essere capaci di lavorare e contemporaneamente trasmettere tranquillità agli alunni e cercare di non ammalarsi” e dunque “è prevedibile un peggioramento della qualità della vita al di fuori della scuola”.
La situazione a Roma e nel Lazio. Poco tempo fa la sindaca Raggi ha messo le mani avanti affermando: “Sicuramente la riapertura della scuola creerà criticità” ma ha sottolineato come “l’interesse primario è quello di riportare i bambini a scuola”.
Sul territorio sono presenti 1.200 scuole dove c’è carenza dei banchi singoli e degli spazi ma soprattutto la mancanza degli insegnanti, situazione che mette a rischio l’inizio dell’anno scolastico. Secondo i dati forniti da Michela Corsi, dell’Ufficio Scolastico Regionale nel Lazio “mancano 476 aule solo per le scuole secondarie di secondo grado, quindi nel complesso il numero va raddoppiato: forse mille” per un totale di 9mila alunni. Inoltre aggiunge che “non ci sono materialmente gli spazi” mentre quelli alternativi individuati “non hanno le certificazioni e non possiamo mettere i ragazzi in posti inadatti alla didattica”.
Il Comune di Roma si sta rimboccando le maniche, infatti ha stretto un accordo con il Vicariato, secondo il quale gli spazi religiosi in disuso saranno messi a disposizione degli studenti, come nel caso di 800 ragazzi della scuola media I.C. Ovidio.
Mario Rusconi, Presidente dei Presidi del Lazio propone di posticipare l’apertura delle scuole “dopo il 22 in modo da garantire un relativo benessere funzionale, ambientale e di sicurezza agli studenti” poiché ad oggi in molti istituti “sono in corso interventi di edilizia leggera, c’è il problema delle mense e mancano tutti gli insegnanti”. Una condizione che desta “allarme e preoccupazione” come scrive in una nota FP CGIL Roma e Lazio, che segnala anche “disfunzioni e carenze nelle misure di sicurezza”.
Manifestazione nazionale il 26 settembre a Roma. La manifestazione, prevista per sabato 26 settembre a Roma, indetta dal Comitato “Priorità alla Scuola”, alla quale prenderanno parte anche FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams, vuole “riaffermare il ruolo centrale della scuola e della conoscenza come condizione di crescita per il Paese e per denunciare ritardi e incertezze che accompagnano l’avvio dell’anno scolastico”. Inoltre in una nota congiunta ricordano che “già dalla scorsa primavera hanno individuato priorità e necessità per la riapertura, indicato soluzioni e sollecitato investimenti in termini di organici, di spazi, di servizi connessi al diritto allo studio quali i trasporti e le mense, ritenendo prioritario l’investimento sulle risorse professionali”.
Ma come ci ricorda Alberto Villani, Presidente Sip (Società italiana di pediatria) e responsabile di Pediatria dell’ospedale Bambino Gesù: “L’epidemiologia è una responsabilità di tutti: se per la riapertura delle scuole pretendiamo determinate regole e poi non le adottiamo fuori, allora è inutile”.
(Lucia Romani)