Pioggia di critiche per l’ennesima uscita di Eric Zemmour, candidato nazionalista alle prossime presidenziali francesi. Non è tardato ad arrivare lo sdegno di tutte le fazioni politiche, anche quelle della stessa corrente di pensiero del giornalista francese
Non è la prima volta che Eric Zemmour, giornalista, ex editorialista di Le Figaro ed attuale candidato nazionalista all’Eliseo, fa parlare di sè per le sue affermazioni polemiche, ma adesso sembrerebbe aver passato il segno.
Infatti, qualche giorno fa, durante un comizio pre-elettorale, il candidato d’oltralpe, esponendo il suo programma per l’istruzione in merito agli alunni con disabilità, ha sentenziato: “Servono istituti specializzati, escludendo ovviamente i disabili lievi” e “L’ossessione dell’inclusione è un cattivo servizio reso agli altri scolari – ha sottolineato – e anche a loro, i disabili, poveri, che sono completamente sopraffatti dagli altri. Servono insegnanti specifici che se ne occupino”.
Immediata la bufera di polemiche sollevata da queste dichiarazioni. Il capogruppo dei deputati Républicains, Damien Abad, anch’egli con disabilità, ha definito “Segregazione ad ogni livello” la frase dell’aspirante presidente francese.
Più aspra, invece, la replica di Sophie Cluzel, Segretario di Stato per le persone con disabilità e madre di una ragazza disabile: “È una visione miserabile, sono furiosa – commenta –. Certo che è complicato [gestire una situazione di disabilità] ma è un onore per la Francia poter scolarizzare questi bambini assieme agli altri”.
Ancora più sorprendenti sono le parole di sgomento di Marine Le Pen, candidata del Rassemblement National, quindi non esattamente una marxista ortodossa, che ha giudicato “imperdonabile” l’attacco di Zemmour “ai bambini resi vulnerabili da una disabilità”.
Il candidato nazionalista all’Eliseo non è, comunque, nuovo a queste “provocazioni”. Qualche giorno prima dell’infelice asserzione sugli alunni con disabilità, aveva affermato che, nel caso diventasse presidente, chiederà “che gli incontri europei smettano di essere sistematicamente in inglese. Ci sono altre lingue in Europa. C’è il francese, c’è il tedesco, ci sono ottime lingue in Europa e non abbiamo bisogno di parlare inglese ora che gli inglesi non ci sono più”.
(Giuseppe Franchina)