L’importanza dello sport per persone con disabilità non deve essere vista solo come forma terapeutica, ma anche come un fabbisogno psicologico significativo. Ne abbiamo parlato con un’associazione che organizza pratiche sportive dedicate, anche quelle più… impensabili.
Tante tipologie di disabilità, tanti sport. Disabilità e sport, due termini apparentemente inconciliabili tra loro, ma che dalla loro prima fusione fino ad oggi hanno dimostrato di essere l’uno il complemento dell’altro. Anche per le pratiche più ‘difficili’ in termini fisici, ma non impossibili. Ne abbiamo parlato con Iva Berasi, presidente di SportABILI, che da diverso tempo organizza attività sportive per persone con disabilità.
Ciao Iva. Quando nasce SportABILI e con quali obiettivi?
“SportABILI nasce nel 1997 per aiutare le persone con disabilità ad acquisire la capacità di svolgere varie attività sportive che sono spesso a loro inaccessibili. È un’associazione senza scopo di lucro e con fini di utilità sociale (Onlus). Un progetto sportivo ritenuto fondamentale per consentire alle persone con disabilità di essere elementi attivi e autonomi nello sport e nel tempo libero e realizzare così in modo completo una propria autonomia”.
A quanto ho letto, proponete attività sportive sia invernali che estive. Ce le potete elencare, magari raccontandoci qualche aneddoto curioso?
“SportABILI organizza per l’inverno corsi di sci, alpino e nordico, snowboard, passeggiate con le ciaspole; attività progettate e adattate alle specifiche disabilità. Mette a disposizione anche gli ausili specifici alla diversa pratica sportiva. L’uso del monosci (per paraplegici, post-polio) e del bi-sci (specifico per tetraplegici e, in scala ridotta, per bambini), outrigger per amputati e la slitta per il fondo permette alle persone con disabilità agli arti inferiori di avvicinarsi e praticare questa disciplina sportiva. Oltre allo sci, offriamo la possibilità, anche d’inverno, di usufruire di strutture quali la piscina, il maneggio e il centro sportivo per il tennis. Per gli altri periodi dell’anno, organizziamo pratiche ricreative quali equitazione, rafting, tiro con l’arco, nuoto, gite in bicicletta, arrampicata, gite in carrozza e gite naturalistiche. Ricordo la gioia di una signora di 90 anni che ha chiesto di partecipare alla nostra gara sociale ‘La Sfida’, proposta alla fine della stagione invernale, che vede una gara di unifide sport con coppie composte da una persona abile e una disabile. L’abbiamo accolta e accompagnata lungo la pista su un dualsky condotto dai volontari. Era felice e commossa perché mai avrebbe pensato alla sua età di arrivare su una cima a godere delle Dolomiti e di provare l’ebbrezza della velocità su una pista da sci partecipando ad una gara”.
Una caratteristica peculiare della vostra onlus è l’inclusione: le vostre attività sono rivolte a ogni tipologia di disabilità, vero?
“Certamente, accogliamo persone con disabilità fisica, intellettiva e sensoriale e mettiamo a disposizione un gruppo di istruttori e volontari formati ed aggiornati annualmente per saper rispondere alle necessità dei nostri soci disabili. SportABILI lavora per consentire alle persone con disabilità ed alle loro famiglie di essere coinvolti ed accettati come membri integrati e partecipanti nei diversi momenti della vita sociale con particolare attenzione a quelli relativi alle attività sportive e ricreative e garantire loro l’accesso a tali attività”.
Quant’è fondamentale per una persona con disabilità confrontarsi con una disciplina sportiva?
“È risaputo che le attività sportive quali lo sci alpino sono molto ben accettate dalla maggior parte delle persone con disabilità anche gravi. La forza di gravità aiuta enormemente la persona disabile, che su un campo da sci si sente alla pari con gli sciatori tradizionali. Il disabile che riesce a superare l’eccitante difficoltà di scendere da una montagna immensa e innevata, non si sentirà spaventato dall’idea di recarsi, per esempio, in posta a spedire una lettera o di iscriversi a un corso d’informatica per poi entrare nel mondo del lavoro con profitto suo e della collettività”.
Quali sono stati i riscontri e gli approcci dei vari partecipanti? Ci sono state delle difficoltà iniziali?
“Le difficoltà maggiori sono riferite all’approccio con i genitori che temono per il proprio figlio in situazioni diverse dalla gestione quotidiana, infatti siamo impegnati a far sì che molti più ragazzi disabili siano avvicinati allo sport. Stiamo proponendo un progetto di crowdfunding per regalare ore di sport a tante persone disabili; chi vuole partecipare vada sul sito www.sportabili.org e clicchi sull’immagine ‘Quattro Esse’. Molte persone con disabilità, da incidenti, sono adulte e si avvicinano autonomamente a noi per riprendere a praticare lo sport conosciuto, dovendolo affrontare da un’ottica completamente diversa. Abbiamo così permesso a qualche socio di diventare un campione come Melania Corradini, portabandiera delle paraolimpiadi a Torino, Alessandro Daldoss, campione mondiale di sci, Gianluigi Rosa, nazionale di sledge hockey che quest’anno ha scalato il Campanil Basso con la guida di Simone Elmi, o Giacomo Bertagnolli, atleta ipovedente, con la guida di Fabrizio Casal, giovanissimi campioni mondiali di sci. I bambini si avvicinano con grande curiosità, vivacità e si divertono ad affrontare situazioni che sentono avventurose come l’arrampicata o il rafting”.
Molte volte, veniamo a conoscenza di storie abbastanza delicate: tanti giovani con disabilità decidono di non praticare nessuno sport per paura o per mancanza di informazioni adeguate. Quale messaggio è bene lanciare in loro favore?
“È necessario con chi ha paura essere attenti e sensibili e farsi aiutare da psicologi che sanno gestire queste situazioni. Chi arriva da noi anche solo per curiosità o perché forzatamente portati dai familiari per conoscere la nostra realtà, ritorna sempre. Siamo ormai consapevoli ed esperti nel coinvolgere prima umanamente le persone disabili che si avvicinano e incontrano un ambiente umano di buone relazioni e attenzioni. È vero che servirebbero delle campagne dedicate all’importanza dello sport soprattutto per persone con disabilità, che attraverso l’attività fisica, acquisiscono una maggior qualità della vita in termini fisici e psicologici, gravando anche meno sulla spesa sanitaria. La provincia di Trento si è dimostrata consapevole di ciò e nella riforma della legge sullo sport del 2016 ha introdotto misure specifiche per favorire lo sport alle persone disabili, come il rimborso alle società sportive della spesa per l’acquisto di ausili specifici. Il messaggio di SportABILI per far capire quanto lo sport aiuti è ‘Se posso fare questo posso fare tutto’, ed è davvero così”.
Quali sono i canali che usate per la promozione delle vostre attività? Avete dei forum attivi o delle collaborazioni con le scuole per far arrivare le iniziative di SportABILI anche ai ragazzi con e senza disabilità?
“Sul territorio della valle di Fiemme, dove ha sede l’associazione, la collaborazione con le scuole è molto attiva. Entriamo a raccontare cosa facciamo, siamo luogo di esperienze ‘Scuola Lavoro’, in particolare con l’Istituto superiore Rosa Bianca di Cavalese. Accogliamo ragazzi e ragazze per stage e si dimostrano attenti, sensibili e capaci. Siamo anche nella Scuola professionale del turismo di Tesero, dando un contributo ai corsi di Accoglienza Accessibile organizzati con Accademia della Montagna del Trentino. Utilizziamo il mondo web per farci conoscere, ma lo strumento più efficace è il passaparola e l’impegno di utenti che si trovano bene con noi e ci promuovono sui loro territori. Così sta avvenendo con Roma dove un nostro socio, Paolo Fulli, non vedente, ha coinvolto ben tre comuni in un progetto di vacanza sportiva per ragazzi disabili romani e porta in giro il nostro messaggio con l’associazione ‘Idee a Colori’. Siamo stati più volte sulle reti nazionali con le nostre proposte e la nostra visibilità è data anche dalla capacità di organizzare campionati di sci a livello nazionale e internazionale”.
Ci sono dei volontari che partecipano alle vostre attività? Se sì, è richiesta loro una preparazione adeguata per accompagnare i partecipanti? Esistono delle ‘linee guida’?
“La nostra è un’associazione di volontariato quindi tranne tre dipendenti tutti gli altri sono volontari. Abbiamo la grande opportunità di avere tra i soci fondatori la Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo che permette ai propri istruttori di essere in servizio con l’associazione. Abbiamo quindi istruttori con alte competenze tecniche ma anche di gestione psicologica, visto che frequentano i corsi annuali di aggiornamento che proponiamo a tutti i volontari. Molti sono poi gli accompagnatori volontari che arrivano da tutta Italia, soprattutto per lo sci, alcuni riconosciuti dalla FISIP per la quale predisponiamo i corsi annuali specifici. Le materie dei nostri corsi vanno dalla conoscenza delle diverse disabilità all’utilizzo degli ausili ed alla gestione delle relazioni. Fondamentale è però la motivazione delle persone che svolgono azione di volontariato. Pensi che il comandante colonnello della Scuola Alpina della G.d.f , Dino Alciati, andato in pensione come Generale, ha partecipato ai nostri corsi per volontari e ci regala ogni anno giornate di volontariato come accompagnatore di sci ed è salito al campo base dell’Everest con due persone disabili assieme ad un istruttore finanziere della Scuola di Predazzo Edoardo Usuelli”.
Oltre all’impatto positivo che le vostre iniziative possono avere su una persona con disabilità, immagino che siano un’esperienza formativa e di vita anche per gli accompagnatori. Sbaglio?
“Tutte, ma proprio tutte le persone che dedicano del loro tempo all’associazione e ai nostri soci affermano che è più quel che prendono che quel che danno. Rapportarsi con la disabilità aumenta la propria autostima, la capacità di accettarsi e dare un significato a quello che siamo e sappiamo fare. Sentirsi utili a qualcuno è gratificante, inoltre nascono buone relazioni che danno qualità al proprio vivere”.
Quale messaggio volete inviare alla società attuale attraverso le vostre attività sportive?
“Innanzitutto essere consapevoli che ognuno di noi può trovarsi in situazioni di disabilità temporanea o permanente e quindi l’impegno allo ‘sbarrieramento’ fisico del territorio e mentale per un corretto approccio al problema è cosa di tutti. Sollecitare famiglie e istituzioni a vedere nello sport uno strumento di vita che unisce le persone e fa stare bene, con il conseguente impegno a promuovere le attività sportive per tutti”.
Se è possibile, si può fare ancora di più per il futuro? E come?
“Servirebbe rivedere le norme nazionali in merito alla disabilità affinché non sia vista come un problema sociale o sanitario ma come una modalità diversa di rapportarsi alla normalità. Superare l’approccio di persone sfortunate perché non lo sono se le mettiamo nella situazione di esercitare il loro diritto di cittadinanza. Serve valutare ogni progetto anche di intervento strutturale territoriale con l’ottica delle pari opportunità non solo di genere ma in rapporto all’autonomia fisica e sensoriale oltre che psicologica delle persone. Progettare strutture territoriali con l’ottica dell’accessibilità farà risparmiare risorse considerando una popolazione che invecchia. Le scuole possono fare la differenza nel diffondere la cultura dell’accessibilità e dello sport per tutti praticandolo al loro interno. Sappiamo purtroppo che la considerazione dell’attività sportiva nelle scuole italiane è la peggiore d’Europa; siamo coloro che hanno meno ore dedicate allo sport e spesso i ragazzi con disabilità sono impossibilitati ad esercitare una attività sportiva. Vengono in aiuto le associazioni e le società sportive ma siamo lontani da una cultura delle uguali opportunità e della consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica per molte persone disabili che raggiungerebbero l’autonomia personale senza gravare su altri”.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante