Nonostante siamo di fronte ad un problema vissuto ciclicamente durante questo periodo dell’anno, ancora persistono le stesse difficoltà. E pensare che, già dall’estate appena trascorsa, era stata palesata a gran voce l’esigenza di non arrivare al suono della campanella con l’acqua alla gola. Perché si, il primo giorno di scuola torna sempre al centro delle cronache sociali, e purtroppo mai in positivo. E anche quest’anno – l’ennesimo - molti studenti con disabilità guardano i loro diritti calpestati ed ignorati: il bilancio del primo mese dal rientro delle vacanze è negativo, e l’integrazione scolastica resta un’utopia.
Importante a questo punto è alzare la voce e sottolineare quanto tale condizione sia limitante per le famiglie e gli studenti con disabilità. L’esempio lampante è arrivato dall’istituto comprensivo “Montessori” di viale Adriatico (Roma). Alle 14:30 di un pomeriggio di ottobre, Valerio, un bimbo di 6 anni, ha ordinato con l’aiuto di un megafono a tutti i suoi piccoli colleghi di uscire dalla scuola: «I bambini tutti fuori, tutti fuori». Messaggio ricevuto: un fiume di alunni ha abbandonato l’istituto a gran velocità, indossando una maglietta con su scritto «Se esce uno, usciamo tutti». Quell’uno è Cristiano, bambino con disabilità che ogni giorno esce dall’istituto alle 14:20, due ore prima rispetto al normale svolgimento delle lezioni, perché non ci sono insegnanti di sostegno specializzati ed assistenti educativi disponibili ad affiancarlo per tutto il tempo necessario. Fuori da scuola ci sono anche mamme e papà che impugnano cartelli di denuncia: «Altro che integrazione, qui c’è solo la confusione»; «Le nostre maestre si fanno in quattro perché il nostro bisogno non è soddisfatto»; «L’aiuto è fondamentale»; «Ognuno ha diritto di imparare». Una manifestazione che dà prova di fratellanza ed unione tra le variefamiglie, a cui però non ha trovato l’adesione della preside, Angela Gallo: «È apprezzabile il modo in cui queste famiglie si siano unite – afferma a Repubblica.it -. La nostra scuola, come tutte, è in sofferenza ma cerca di gestire al meglio le risorse che ha a disposizione. Bisogna investire in una progettualità più efficace perché i ritardi stanno incidendo sui bisogni dei nostri bambini ma con l’amministrazione e il municipio il dialogo è aperto». Dialogo che si lega anche alla recente variazioni di bilancio della giunta Raggi che, il 3 ottobre scorso, ha stanziato 3 milioni di euro per i bambini con disabilità (di questi, 433.470 mila euro diretti al III municipio).
Ma non è l’unica storia di discriminazione sociale – perché di questa si tratta -. Frida Fagione è nata nove anni fa con una cardiopatia congenita, ed è rimasta invalida in seguito ad un’ischemia durante un intervento. Nonostante una disabilità palesemente evidente, i suoi genitori hanno dovuto presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Latina per farle garantire dalla scuola che frequenta, l’istituto comprensivo Alfredo Aspri di Fondi, almeno 22 ore di sostegno settimanali. Ma ad aspettare Frida in classe il primo giorno di scuola c’era solo un assistente educativo, mentre era assente il docente specializzato. «E poi – dichiara la madre, Maya Alexandra Seppecher, a Corriere.it – il dirigente scolastico mi ha informato che avrà solo 16 ore settimanali, perché così è stato deciso a livello provinciale: sono state diminuite le ore di assistenza a tutti. Non è colpa sua, ma questo significa per nostra figlia perdere l’opportunità di fare progressi. Noi vogliamo solo che nostra figlia possa continuare a studiare». E in altre città la situazione non è di certo più rosea. Per esempio, Repubblica.it ha riportato dati allarmanti per Genova: il 70% dei bambini con disabilità delle scuole primarie e il 30% degli alunni con disabilità delle scuole dell’infanzia non avranno un educatore di sostegno; il 40% degli studenti con disabilità della scuola secondaria di primo grado vedrà accanto a sé un insegnante non specializzato. «Sette studenti disabili su dieci, nelle scuole elementari di Genova, saranno seguiti da un docente non titolato – calcola Paola Quatrida, Cgil scuola -. Questo è frutto di una sommatoria di problemi: non viene formato un numero sufficiente di insegnanti e occorrerebbero più percorsi abilitanti sul sostegno stesso».
L’Anief (Associazione sindacale professionale), però, aveva già denunciato una condizione scolastica decisamente grave. Agli inizi di settembre, in tutta Italia, si contava l’assenza di un insegnante di sostegno su tre, e diversi uffici scolastici hanno concesso un monte ore per ogni istituto non andando oltre la proporzione di un docente per due alunni (anche se questo presentava una disabilità grave). Inoltre, la presenza di una figura specializzata era stata garantita solo per 11 ore settimanali nella scuola primaria (anziché 22) e 9 nella secondaria (anziché 18). «L’azione giudiziaria rimane, pertanto, l’unica via per restituire alle famiglie i propri diritti e numerose sentenze favorevoli già emesse dai giudici lo confermano» sottolinea il sindacato dei precari. E intanto i genitori sono costretti a rincorrere uffici di ogni tipo, alla ricerca di una giustizia che garantisca, una volta per tutte, la piena integrazione scolastica.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante