L’Italia detiene un vivaio decisamente importante per quanto riguarda la musica emergente. Note a Margine, programma musicale di Radio FinestrAperta, ha spesso sottolineato questa caratteristica, ospitando nei propri studi tante personalità del panorama attuale. All’interno di questo insieme, possiamo far rientrare i Rover Jay, cinque ragazzi romani che, a suon di hard rock, hanno recentemente pubblicato Pieces of Hope, il loro primo EP.
Cominciamo dalle presentazioni. Chi sono i Rover Jay?
“I Rover Jay nascono nel 2015 dal gruppo originariamente composto da Federico Cambiaso, Riccardo Visco e Claudio Pernice, rispettivamente chitarrista, bassista e cantante, cui successivamente si sono aggiunti il batterista Francesco ‘Iceman’ Terrinoni ed infine il tastierista ‘Sam’ Desideri. Dopo un’iniziale fase di ricerca sonora, lo stile della band si indirizza verso un rock moderno con venature vintage, a volte tendenti al pop. L’intento del nome della band è quello di esprimere da una parte uno stile influenzato da diverse correnti musicali, ma non appartenente a nessuna di esse, dall’altra che rispecchi le atmosfere e i testi introspettivi”.
Pieces of Hope è il vostro primo EP. Cosa volete comunicare attraverso questa creatura musicale? Ogni brano ha una sua storia significativa?
“Crediamo che la tematica principale della nostra musica sia la ricerca di sé stessi ed è quello che abbiamo cercato di comunicare con il nostro primo EP. In particolare i nostri testi, pur essendo diversi tra loro, mantengono il filo conduttore del tentativo di far coesistere i nostri sogni con l’alienazione della società moderna: il nostro secondo singolo Pieces of Hope rispecchia appieno questo messaggio, ed è proprio per questo motivo che dà il nome all’EP. Home è invece una ballad scritta dopo una storia d’amore finita male. È un brano che è stato scritto in poche ore, spontaneamente, ed è sempre emozionante e coinvolgente per il pubblico sentirlo dal vivo, probabilmente perché, in fondo, è una canzone che identifica tutti noi”.
Come mai avete scelto Home come prima traccia estratta dall’EP?
“Sicuramente non è stato facile decidere quale canzone far uscire per prima e, di fatto, diventare il nostro primo singolo in assoluto. Consideriamo validi entrambi i brani dell’ EP ed esprimono, ognuno a modo proprio, il sound che abbiamo ricercato per molto tempo (da una parte la delicatezza di Home, dall’altro il sound frizzante e fresco di Pieces of hope). Alla fine abbiamo optato per Home ritenendola la scelta ‘commercialmente’ più valida, in quanto, essendo una ballad, arriva in maniera più diretta al pubblico”.
L’hard rock è un genere di nicchia, radiofonicamente parlando. Spesso – e forse anche erroneamente – si parla ad un tipo di pubblico, ci si rivolge a determinati testi e così via. Secondo voi, questi concetti sono veri oppure il panorama è cambiato?
“Purtroppo il rock, nel senso puro del termine, è ormai considerato obsoleto e resta vivo solo per i puristi del genere. Oggi vi è poca cultura musicale, nel senso che non ci sta più quella curiosità, quell’interesse verso la musica, si ascolta solo quello che viene propinato dai talent show. Di conseguenza, diventa difficile riuscire a rivolgersi al pubblico, e questo vale per musicisti rock come per altri. Pensiamo sia necessario almeno cercare di svecchiare il sound classico hard rock per riuscire a risultare interessanti, e questa è una caratteristica a cui abbiamo lavorato molto e che continuiamo a curare”.
Avete mai pensato di partecipare ad un talent show?
“Ricollegandoci alla domanda precedente, sono i talent che dettano le mode e le tendenze musicali, quindi sicuramente rappresentano un canale preferenziale per il successo anche se, come sappiamo tutti benissimo, portano ad un successo molto evanescente che svanisce dopo poco tempo. Per risponderti, ti confessiamo che ci ha sfiorato l’idea più volte, ma, per il momento, è più forte il desiderio di emergere per quello che siamo e che abbiamo da proporre personalmente, consci del fatto che sia la strada più difficile”.
Progetti futuri? Cosa bolle in pentola?
“Come già accennato prima, stiamo continuando a lavorare al nostro sound e su nuovi pezzi, che a breve andremo ad incidere e che non vediamo l’ora di far ascoltare. Stiamo anche pensando di cominciare ad usare la lingua italiana per i nostri testi, in quanto riteniamo che questa possa far comprendere meglio i nostri messaggi e ciò che intendiamo comunicare. Certamente è atipico sentire la lingua italiana accompagnare un genere di origini tipicamente britanniche, ma è un esperimento che abbiamo deciso di intraprendere e che crediamo possa anche essere un valore aggiunto. Per tutte le novità relative ai live ed altri eventi vi terremmo costantemente informati sui social come la nostra pagina Facebook”.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante