Non sottovalutiamo il mondo del web in quanto non si tratta di una mera fucina di talenti o semplicemente di una possibilità di espressione. La nuova regola è guardare a questa realtà come un medium consolidato a tutti gli effetti, posizionandolo sullo stesso piano della televisione e del cinema, con la consapevolezza che esiste la concreta eventualità di investire sui format che Internet veicola. Questi sono i punti principali affrontati al Roma Web Fest, manifestazione andata in scena al Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (MAXXI) dal 25 al 27 Settembre 2015. Ogni anno, il terzo per la precisione, un manipolo di professionisti della celluloide si riunisce per assistere e alimentare le cosiddette tavole rotonde le quali non sono altro che dibattiti sul nuovo che avanza, su quello che eventualmente c’è da rivedere, e dove può arrivare il cinema con l’avvento di diversi formati e idee. Un’occasione ideale per tutti i giovani film maker italiani e stranieri, che hanno l’opportunità di mostrare il loro lavoro agli esperti della cinematografia e non solo. Durante la kermesse è stata sottolineata anche la necessità di inserire il web nell’intricata struttura culturale dei media. Per capirci, con la globalizzazione e l’avvento dei social media, queste riunioni ora vengono chiamate panel perché siamo tutti un po’ contagiati dagli Usa, però il fine ultimo resta sempre quello di fare il punto della situazione. E poi, i diversi incontri hanno sottolineato il ruolo di Internet come creatore di linguaggi particolari e variegati, i quali hanno spostato l’asticella e la durata dell’attenzione dello spettatore. Un cambiamento reso possibile dalla natura del prodotto, non più solido ma che diventa ancora più liquido: a plasmare un video, un corto o la storia stessa non sono solo gli addetti ai lavori, quanto gli stessi utenti del mondo del web che, con i loro click e le loro condivisioni, determinano il successo di un format o meno. E tutto questo comporta una serie di interrogativi a cui serve dare risposta per determinare l’evoluzione dei contenuti del medium. Ad esempio, piattaforme telematiche come Youtube, Netflix, Facebook, come cambiano l’approccio e la scrittura di un film o una serie? Inoltre quanto attingono i grandi network televisivi (vedi Sky e Rai) da questo?
1. COME CAMBIA LA SCRITTURA SERIALE
Hanno provato a fare chiarezza su questo punto, nel panel La scrittura seriale di Fabrique du Cinema – la carta stampata del giovane cinema italiano -, Viola Rispoli, Stefano Sardo, Mauro Uzzeo, Tommaso Renzoni, Umberto Francia, Ottavia Madeddu, Giovanni Maria Riccio e Tommaso Agnese. Da questo simposio informale ma autorevole si evince quanto l’arrivo di Netflix e il modo di produrre cinema d’oltremanica stia prendendo sempre più piede, tuttavia nel nostro stivale fatica ad imporsi con decisione. E’ stata posta particolare attenzione e rilievo alla figura dello showrunner, che dovrebbe affiancare il regista quasi avendo lo stesso rilievo, durante la messa in opera di una pellicola, se non addirittura essere un gradino sopra. Questo impongono le nuove frontiere del settore. La diversità del processo autoriale delle serie necessita un affiancamento tra autorità e produzione. Tale parallelismo nel nostro paese è ancora qualcosa di utopico, perché la figura del regista viene concepita ancora come factotum esclusivo di un progetto. Quelli che hanno provato a distaccarsi da questo modus operandi, avendo una visione più ampia del prodotto seriale, hanno avuto spazio in progetti estranei alla cosiddetta matrice generalista. Vale a dire, sono approdati a Sky, pur lavorando in Italia, il colosso di Murdoch conserva uno stampo canadese e quindi meno legato a determinati paradigmi, perciò le sperimentazioni di nuovi stilemi sono ancora possibili. Un esempio di tale cambiamento è riscontrabile nella persona di Stefano Sardo (sceneggiatore e ideatore di 1992 serie cult su Sky), che dichiara: “E’ normale per una serie che regista e sceneggiatore si avvicendino, questo manca solo in Italia, dove abbiamo un regista che si appoggia ad una seconda unità o terza unità, però la parola ultima spetta solo e unicamente a lui. Con Gomorra è stato diverso, troviamo anche le figure della Comecini e di Cupellini, che si sono plasmati ad un modello estetico di matrice statunitense. Nel caso di 1992, abbiamo cercato di raccontare una storia affidandola completamente a dei personaggi di fantasia, questa scelta – non molto usuale per il panorama italiano – ha permesso che emergesse anche una verità storica per far vivere una determinata stagione anche a chi in quel periodo non c’era. Abbiamo evitato di affidarci allo stereotipo e alla santificazione di certe figure, come spesso accade in tali ambiti”.
Ottavia Madeddu (sceneggiatrice I Delitti del Barlume), successivamente, conferma quanto Sky sia disponibile all’utilizzo e alla trattazione di nuovi formati seriali: “La nostra è una formula di adattamento alla linea narrativa di Marco Malvardi, seguiamo l’autore e la sua pubblicazione. Il film tv è un approccio un po’ datato, mentre la lunga serialità può essere una forma più nuova. Il nostro è un formato ibrido tra la classicità dei film e la serialità, aprendo diverse linee narrative in ogni puntata. La sfida è trattare la commedia con una trama noir”.
Spazio inoltre al mondo del fumetto, dove la serialità è un veicolo importante e incontrastato. Mauro Uzzeo (sceneggiatore di Orfani e Dylan Dog, scrittore di script per commercial e per dei videoclip di Snoop Dogg, Planet Funk, Jovanotti, Subsonica e altri) prova a disegnare quale sarà il ruolo del fumetto nel futuro: “Credo che la trasformazione arriverà tramite il web” - afferma Uzzeo - ”Gli esempi che fino ad ora ho visto non hanno spostato il linguaggio, nel senso che esistono fumetti che possono stare sia sul web che sulla carta. Esistono delle sperimentazioni, ma io spero che vada nella direzione di esplorare sempre di più il linguaggio“.
2. OCCHIO ALLA SERIE
Durante la manifestazione, le circa cinquanta Web Series finaliste sono state messe in scena in diversi punti del programma, dando modo ai visitatori di farsi un’idea. Tra le diverse proiezioni La Buoncostume spicca su tutti, grazie alla messa in onda del corto Klondike – l’età fertile, un divertente ed intelligente spaccato sociale in cui si intrecciano diversi temi controversi in modo semplice, chiaro e simpatico: l’emancipazione della donna nel mondo del lavoro, le campagne anti-droga, l’individuale realizzazione professionale, le relazioni di coppia e tanto altro. Due componenti del gruppo hanno spiegato la loro formula: “Gli stereotipi esistono, bisogna provare a giocarci, a spostarsi leggermente di fianco, essere un po’ scaleni”.
Un’altra proiezione che vale la pena segnalare è Young Men Blues dei Rugagiuffa, un particolare corto che si muove attorno le vicende di un ragazzo intento a conquistarsi un posto di lavoro, per poi vedersi sbattere in faccia questa possibilità perché laureato. Leggera ironia e componente sociale si fondono per dar vita ad una scorrevole storia in grado di far ridere e riflettere allo stesso tempo su quanto oggi sia difficile difendere i propri diritti.
3. QUANDO IL BRAND ENTRA NEL WEB
Alle volte, serve il produttore. Non è una frase fatta, quanto una necessità. Nel momento in cui si comincia ad avere un ruolo affermato nel mondo di Internet, il pensiero del brand o di un investitore lambisce la mente di molti. L’inserimento di un marchio all’interno del proprio progetto ha anche i suoi lati negativi. Il panel Web series e creatività ha discusso su quanto un determinato brand possa limitare la liberà creatività che Internet permette di sperimentare. Durante l’incontro particolare è stata la testimonianza di Luca Vecchi, co-autore/regista/interprete dei The Pills, il quale ammette che un marchio ha chiesto di inserire il proprio logo sei volte all’interno di una scena thriller. La comunicazione e la creatività quindi sono due componenti essenziali, che nel mondo del web vanno a braccetto, scontrandosi però con l’inesistente industria del web e con diversi concetti esterni ad esso come il product placement. Anche perché, un prodotto per affermarsi nella rete ha bisogno della viralità. Ma come la si ottiene? “Nessuno può sapere qual è la chiave” – commenta Vecchi – “Bisogna procedere per tentativi. L’importante è fare qualcosa che ti rappresenti, qualcosa che sia sincero. Perché se punti alla viralità è li che non lo fai. La sincerità paga“. Nota a margine: i The Pills hanno trattato anche la tematica della disabilità, utilizzando elementi ironici e leggeri su un argomento molto impopolare. ”Dici che è impopolare?” – continua il regista – “In realtà fa sempre gola al mondo dell’industria, dipende da come se ne parla. E’ parecchio usato, in maniera stereotipata e pietosa. E invece è bello parlarne in maniera non convenzionale. Noi l’abbiamo fatto in maniera dissacrante”.
Le componenti della diversità però non si fermano qui. Il panel ha proposto anche un altro concetto inerenti alle differenze sociali, quale l’orientamento sessuale. A questo proposito sono intervenute le protagoniste di LSB, la prima web series dedicata al tema delle lesbiche. “Non è una parolaccia” – ci dicono Geraldine Ottier e Floriana Buonomo - “L’acronimo LSB serve appunto per sdoganare la parola perché a volte sembra che ci sia difficoltà a dire di essere lesbiche, invece non c’è niente di male. Ad esempio i sordi non sono sordomuti, dire non udenti è una demagogia sbagliata. Io non sono non etero”.
4. LA RELAZIONE TRA WEB E TERRITORIO
Particolare rilevanza è stata attribuita al binomio cinema e territorio. In special modo, all’interno del panel Web Serie: promozione del territorio, si è dibattuto molto sul ruolo delle film commission. Quanto queste circoscrizioni influenzino la riuscita di un determinato film o serie, attraverso la promozione regionale? Una spiegazione sui concetti vigenti all’interno del marketing territoriale hanno cercato di fornirla Cristina Priarone (Direttore Generale RomaLazio FilmCommission) e Stefania Ippoliti (Responsabile Area Cinema di Mediateca di Fondazione Sistema Toscana e Presidente di Italian Film Commission). Il territorio regionale ha un’importanza fondamentale nella promozione filmica, bisogna fare attenzione, però, ad evitare di incappare negli stereotipi che caratterizzano lo Stivale in modo da baipassare l’effetto “cartolina”. La territorialità deve supportare il lavoro filmico, non scavalcarlo né tantomeno sminuirlo. Deve essere come la cornice in un bel quadro. In questo si applicano le film commission italiane, che recentemente hanno aperto la porta anche ai progetti provenienti dal Web. Ne sono un esempio le realtà Milano Underground e La Famigghia. Priarone e Ippoliti ai nostri microfoni: “L’importanza dell’accessibilità per l’handicap attraverso l’audiovisivo può raggiungere un pubblico molto vasto, abbiamo avuto poche proposte in tal senso, ci sono stati proposti lavori più inerenti alle diversità di genere”.
La stessa Famigghia però ci tiene a fare una precisazione: “Il territorio deve essere secondario, se non terziario. Il focus deve essere la storia. Se si rimane intrappolati nel discorso di promozione del territorio rischia che poi diventa un documentario. Sicuramente l’idea di mostrare qualcosa che sia nostra e che sia vera è utile, però bisogna fare attenzione a non rimanere stereotipati e quindi lanciare un messaggio che è un luogo comune non veritiero”.
5. LA TV STRIZZA L’OCCHIO AL WEB
Quando si inizia a lavorare nel web, ogni giovane emergente fissa come proprio obiettivo finale il mondo della televisione, del cinema e della radio. Tutti aspirano a queste realtà, ne siamo attratti e ne proviamo interesse. Ciò a cui stiamo assistendo oggi però sta cambiando le regole del gioco. Se prima il mondo del web veniva isolato alla categoria Serie B, oggi la Serie A degli old media comincia a notare le potenzialità che la serialità di Internet offre. Il portale Ray racchiude quanto detto poc’anzi: oggi il nuovo linguaggio si fa nel web, e dunque perché non produrre qualcosa in questo mondo? Dalla regia di Marco Danieli, arrivano due nuove serie web incentrate sul meccanismo del tutorial – tanto in voga all’interno della rete, basti pensare ai gameplay di Frank Matano – incentrate sul mondo degli adolescenti. La prima, Come diventare popolari a scuola, riguarda un ragazzo di 15 anni che utilizza diverse tattiche per diventare famoso in poco tempo; la seconda, Come sopravvivere a una sorella st***a, incentra le vicende di una sedicenne in perenne lotta con la sorella tutt’altro che amichevole. Entrambe le serie mostrano linguaggi diversi a quelli a cui la televisione è abituata, segno che anche le grandi industrie cominciano a interessarsi a come il prodotto vada preparato e confezionato per un pubblico non diverso nella sua assenza, quanto nella modalità di fruizione. “La Web Series è uno dei migliori luoghi deputati alla sperimentazione, sia dal punto di vista del linguaggio sia dei talenti emergenti” – afferma Davide Vizzini, il montatore delle due serie. Anche il regista la pensa così: “Essendo lavori che fanno parte di una nicchia di mercato, l’effetto positivo e collaterale è che hai più libertà creativa, c’è più di incoscienza, anche a livello linguistico“.
6. CHI NE STUDIA E CHI NE PROVA INTERESSE
Tra un panel e l’altro, abbiamo incontrato Chiara Bressa – giovane blogger che ha pubblicato un libro sulle web series – : “Ho cominciato a scoprire il mondo delle Web Series al tempo in cui dovevo scrivere la mia tesi di laurea, allora non si sapeva ancora molto sull’argomento. Nel giro di pochi anni, le cose sono cambiate radicalmente. La speranza è quella che le grandi major cinematografiche comincino ad investire davvero nel prodotto Web Series, perché contrariamente a quel che sembra i film maker del Web sono spesso a corto di sovvenzionamenti”. Bressa ha anche creato un blog tematico, World Wide Webserie, dove commenta i cortometraggi del mondo della rete e i diversi cambiamenti che scorrono nel flusso incontrastato del web: “Dal 2012 al 2015 è cambiato quasi tutto” – ammette Bressa – “Ho visto passare da un genere all’altro: ora sembra andare di più la comedy, in realtà sembra stia tornando un po’ l’horror, invece all’inizio erano tutte un po’ horror, trash e zombie. Questa edizione del Festival però dimostra come sta crescendo questo fenomeno. I panel sono stati molto più maturi nell’analisi, molto più concreti, c’erano molti più professionisti che sapevano parlare di questo argomento”.
Inoltre molte personalità del mondo del mondo radiofonico erano presenti. Andrea Perroni, ad esempio, noto anche al grande pubblico per le sue esibizioni comiche in tv, che tutti i giorni è protagonista su Radio Rai con Radio Due Social Club ha ammesso che: “Sono di passaggio, seguo il Roma Web Fest da un po’ di tempo. Faccio uso dei social e del web, io non ho mai avuto la possibilità di partecipare alle serie web ma mi piacerebbe tantissimo creare una sorta di serialità ad episodi, magari. Anche perché la tv generalista ha perso tantissimo pubblico proprio perché si sono spostati tutti su Sky e i giovani di contribuire alla crescita del Web. Tutto quello che gira sul Web è incentivato da un pubblico molto giovane, il range d’età è 18 – 45… io stesso su Twitter mi vado a cercare cose legate all’autorato. Queste nuove realtà hanno consacrato nuovi talenti come Lercio o Spinoza…”.
7. PROTAGONISTA ANCHE LA RADIO
Il mondo del web è caro al mezzo radiofonico. In Italia, e in primis in America, il fenomeno delle web radio è cresciuto a dismisura, andando a confermarsi come mezzo democratico per eccellenza. L’argomento non è fuori luogo all’interno del Roma Web Fest, in quanto più volte molti esperti del settore hanno sottolineato come la rete dia un’ottima vetrina a chi ha le capacità di emergere. Giorgio D’Ecclesia, il noto speaker di Radio Globo, porta avanti questi concetti con RadioSpeaker.it. Durante la kermesse, Giorgio ha tenuto un workshop dedicato proprio al mondo radiofonico. Intervenuto ai nostri microfoni, lo speaker ha ricordato come la web radio abbia una valenza personale molto importante, che forse molti rischiano di dimenticare con gli anni: “La web radio è il modo più divertente, facile e giocoso per far sfociare la passione per questo mezzo. E’ importante sfogare le proprie emozioni, le proprie passioni”.
8. MA IO POSSO ENTRARE?
Come di consueto, arriva il momento di constatare se effettivamente l’evento è stato accessibile. C’è da fare una precisazione. L’accessibilità della struttura non dipende dal Roma Web Fest, bensì dal museo MAXXI. L’organizzazione della manifestazione invece deve curare la fruibilità della manifestazione. Ad ogni modo, ci sono margini di miglioramento. Appena giunti sul luogo, è possibile notare un fatto curioso. Davanti al cancello d’ingresso vi è un cartello in cui è riportata la presenza di un solo posto per disabili, che deve essere occupato esclusivamente per due ore.
Veniamo alla struttura. Per entrare nel museo troviamo una discesa cementificata colpita dall’usura delle piogge. Superato questo ostacolo, una persona in carrozzina per entrare nel museo deve per forza chiedere aiuto a qualcuno: porte pesanti, la presenza di uno scalino e una parte di pavimentazione non sicura non permettono una sufficiente autonomia. Tenendo conto inoltre che l’evento si teneva al piano terra – e quindi facilmente fruibile da tutti – nella sala Auditorium deputata alla proiezione dei cortometraggi, la persona con disabilità non poteva scegliere un posto dove posizionarsi: era costretta a restare in ultima fila, causa presenza di larghe scale.
9. IL TEMPO E’ TUTTO
Piccola precisazione. Il nostro sopralluogo alla manifestazione ha riguardato i giorni 26 e 27 settembre. Un monito comunque va fatto all’organizzazione per quello che sono state le ultime due giornate dell’evento. Nonostante la ricchezza di contenuto dei panel, sabato gli incontri si sovrapponevano: in una sala era previsto un panel, nell’Auditorium c’era l’anteprima di una proiezione. Insomma, risultava difficile per un appassionato seguire interamente i diversi convegni. Domenica invece è stato decisamente un giorno nefasto per la kermesse. Incontri slittati di mezza giornata, orari mancati, tanto che era difficile orientarsi nel programma previsto. Inoltre, la premiazione finale ha avuto luogo 45 minuti dopo l’orario previsto.
10. AND THE WINNER IS…?
Al termine di convegni e incontri, c’è stata la tanto attesa premiazione dei vari artisti di Internet, coloro che animano, fanno e disfano le Web Series. A tenere le fila, nella parte conclusiva, ci ha pensato Saverio Raimondo – noto autore, conduttore e standupcomedian – che, appena prima di salire sul palco per le consegne finali, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai nostri microfoni: “Sono arrivato da dieci minuti per premiare le serie vincitrici e, pertanto, non mi sono fatto un’idea per poter essere imparziale (ride). La comicità se è divertente fa ridere sia in tv che sul Web, sicuramente le Web Series hanno portato ad una maggiore fruizione e ad una scelta più ampia di contenuti. Il linguaggio del Web è caratterizzato da velocità e sintesi, caratteristiche peculiari anche nella comicità, perciò comicità e Web vanno molto d’accordo…”. La cerimonia finale ha visto trionfare su tutti La Buoncostume, come Miglior Produttore italiano, The Best Web Serie, e ha ritirato anche il Premio Rai Fiction, con Klondike – la corsa all’oro. Miglior Regia italiana per Status, mentre a Spread Zero va il Miglior Soggetto e Sceneggiatura. Passando ai singoli: Daniele Barbiero ritira il Premio Fapav, Marco Paladini dei Rugaggiuffa, invece, è il Miglior Attore italiano.
Articolo e interviste a cura di Andrea Desideri e Angelo Andrea Vegliante. Foto di Fabio Felici.