La nostra Costituzione custodisce valori umani profondi, che possiamo difendere ed esercitare, per esempio, tramite il Servizio Civile
Quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione (Piero Calamandrei, 26 gennaio 1955, agli studenti di Milano)”.
Oggi prendiamo sul serio l’invito di Calamandrei rivolto ai giovani. Per questo in occasione della Festa di Liberazione, andiamo in “pellegrinaggio”, come suggerisce Calamadrei, dove è nata la Carta Costituzionale: “Tra le montagne dove i partigiani hanno lottato per riscattare la dignità e per liberarsi dall’occupazione nazifascista, nelle carceri dove sono stati imprigionati gli italiani perché si rifiutavano di obbedire a leggi ingiuste che causavano deportazione, morte e distruzione”.
Chi sceglie di dedicare un anno ad una difesa alternativa della Patria – oggi come me vent’anni fa – con il Servizio Civile, con mezzi non armati e nonviolenti, si interroga se di fronte al “male assoluto” come quello nazifascista, sarebbe stato possibile allora e soprattutto, se fosse possibile nel nostro tempo, lottare e resistere senza armi. Affinché ciò che è accaduto ci serva d’insegnamento, occore ricercare la verità tra le pieghe della storia, ascoltare le narrazioni dei borghi tra le montagne. Occorre far tacere le armi degli uomini e ascoltare i racconti delle donne disarmate. E subito ci accorgiamo che un collegamento tra Resistenza e Nonviolenza non è certo facile, perché è una storia poco raccontata, perché sembra una roba che riguarda l’epica militarista. Certo, personaggi come l’antifascista Aldo Capitini probabilmente non rientrano nell’iconografia partigiana, siamo abituati a vedere vincenti solo gli uomini con fucile in spalla. Invece durante la Lotta di Liberazione contro il nazismo, in Italia e in Europa, le azioni non armate o nonviolente e di non-collaborazione sono state numerosissime. Forse ad una prima lettura può sembrare che il confine tra la lotta con le armi e l’opposizione non armata e nonviolenta fosse molto labile. In verità ci sono molti, che di fronte al “male assoluto”, scelsero di fare il bene. Durante la Resistenza furono largamente utilizzate tecniche e azioni che sono le fondamenta della lotta nonviolenta: scioperi, manifestazioni di protesta, la disobbedienza alle pratiche imposte dalla dittatura fascista, controinformazione, fraternizzazione col nemico, obbligandolo di fatto a un confronto empatico tra esseri umani. Ci sono state anche azioni di disarmo materiale dei nemici e inviti alla diserzione. (La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi, di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina, Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana, Archivio online, In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945 di Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone, Il popolo che disse no. La storia mai raccontata di come una nazione sfidò Hitler e salvò i suoi compatrioti ebrei di Bo Lidegaard. Ed è solo una parte di bibliografia storica).
Lidia Menapace, staffetta partigiana, fondatrice del Il Manifesto e una delle figure più importanti del femminismo italiano, sostiene che la Resistenza non la si può circoscrivere nell’azione militare, è stato un movimento politico e culturale che è andato ben oltre.
È chiaro che dobbiamo chiederci se la lotta non armata e nonviolenta sarebbe bastata da sola a sconfiggere il nazismo.
Ma siamo consapevoli che quando la violenza entra in gioco sappiamo quando inizia ma non come finisce. Dentro a ciò che è stata una guerra civile ci sono stati esempi di coraggio e di estremo valore umano, ma anche terribili azioni disumane. La violenza è sempre un atto contrario all’umanità anche quando è rivolta contro la tirannia! Bene lo sapevano i partigiani, i resistenti e i padri costituenti che si sono opposti al Fascismo. Dopo aver cacciato l’invasore e sconfitto il fascismo, nella maggior parte dei casi la violenza è cessata, scelsero di deporre le armi. La scelta di deporre le armi non fu certo facile e purtroppo non istantanea, proprio per la natura non “regolare” dell’esercito di popolo che condusse la lotta partigiana, costituito da volontari, non pagati, impegnati da obiettivi e culture diverse. Ma non si risolse in una lotta per prendere il potere. Scelsero di dare potere al popolo di decidere il proprio destino. E se la validità delle azioni degli uomini si pesa con i frutti, il dono più grande, il “fiore del partigiano” più bello è la nostra Costituzione. Lì, i padri costituenti sognarono una comunità che “ripudiasse la guerra” (art. 11), che si impegnasse nel “rimuovere ogni ostacolo che impedisce il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3). Uno Stato che riconoscesse i “diritti inviolabili” delle persone e in cui tutti i cittadini assolvessero i “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2). La Costituzione ci narra di un luogo dove il lavoro è protetto e che è parte fondante della Repubblica (art. 1). Il lavoro va valorizzato e i lavoratori salvaguardati da ciò che lede la dignità della persona (articoli 4, 35, 36 e 37). La sintesi delle varie culture partigiane ha prodotto un patto tra i membri della nostra comunità dove ci impegniamo a prenderci cura di chi è malato, di chi è solo (art. 32), di chi è straniero (art.10); dove l’accesso al sapere e alla cultura sono aperti e liberi e devono essere strumento di crescita umana e sociale (articoli 3, 33 e 34).
Per dirla con Calamandrei, la Costituzione è un “Testamento”, che i giovani di oggi, soprattutto coloro che stanno facendo e che hanno fatto il Servizio Civile, hanno il dovere di custodire, difendere e realizzare.
Ma iniziamo a percorrere il nostro Pellegrinaggio… “Una mattina mi son svegliato… Ciao, bella”…
Articolo di Massimo Guitarrini