Negli ultimi mesi se ne è parlato molto e ancora oggi il tema è uno dei più dibattutti. Parliamo del Reddito di Cittadinanza: salutato con entusiasmo da alcuni, visto con sospetto da altri, il dispositivo messo a punto dal Governo per combattere la povertà è ormai realtà. Una realtà che, però, non piace alla comunità delle persone con disabilità. Cerchiamo di capire perché e tiriamo le fila di quanto accaduto finora
La Legge di Bilancio, meglio nota come “Reddito di Cittadinanza”, approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 gennaio, ha l’intento di contrastare la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale ma, denunciano le associazioni, discrimina le persone con disabilità.
Nel testo ufficiale del decreto non è previsto il tanto declamato aumento delle pensioni d’invalidità (ferme a quota 285,66 euro al mese), che invece vengono conteggiate nell’Isee familiare (Indicatore Situazione Economica Equivalente), uno dei parametri che rientra tra i requisiti per accedere al beneficio economico. Ciò significa che a parità di entrate i nuclei familiari in cui sono presenti persone con disabilità (circa 250 mila secondo i dati Istat) titolari di pensione d’invalidità civile, verranno trattate meno favorevolmente delle famiglie in cui non è presente una persona non autosufficiente o con disabilità, non tenendo assolutamente conto delle ingenti spese che queste famiglie devono affrontare soprattutto per l’assistenza.
La manovra ha suscitato delusione, sconcerto e rabbia nel mondo delle associazioni e federazioni che tutelano e rappresentano i disabili.
Proprio su questo tema è intervenuto Nazaro Pagano, presidente dell’Anmic (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), che crede che il decreto possa far nascere “una guerra tra poveri” e afferma che il mondo della disabilità viene “danneggiato” e si dice pronto ad “avviare una battaglia sui diritti dei disabili in sede parlamentare, chiedendo ascolto a tutte le forze politiche che su questi temi sapranno dimostrare maggiore sensibilità”.
Si dice “delusa e preoccupata” anche la Fand (Federazione tra le Associazioni Nazionali dei Disabili) sia per il mancato aumento delle “misere pensioni” e sia perché “le misure previste non possono considerarsi né ragionevoli né condivisibili”.
Mentre Vincenzo Falabella, presidente della Fish Onlus (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) tuona che nel decreto “la disabilità è stata ignorata” e ancora “l’annunciato aumento delle pensioni d’invalidità non trova alcuna concretezza nella misura approvata dal Governo”.
Proprio per questi motivi lo scorso 23 gennaio le associazioni hanno incontrato il Ministro per la Famiglia e per le Disabilità, Lorenzo Fontana, chiedendo di emendare il testo del decreto legge sul Reddito di Cittadinanza. Sono stati proposti cinque emendamenti. Il primo riguarda l’estensione delle pensioni di cittadinanza agli over 65 che vivono con una persona con disabilità; il secondo richiede di ponderare le scale di equivalenza in modo da considerare maggiormente le persone con disabilità nel nucleo familiare; il terzo emendamento prevede un innalzamento della soglia patrimoniale (ossia dei risparmi) da 5.000 a 7.500 euro per le persone con disabilità più severa; il quarto auspica l’esclusione delle pensioni assistenziali d’invalidità, cecità e sordità civile dal calcolo del reddito familiare. Infine, l’ultimo emendamento punta sulle politiche per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità (Legge 68/1999), rendendo più vantaggiosa la loro assunzione.
Il presidente della Fish Onlus, Vincenzo Falabella, ha chiamato a raccolta “le associazioni e tutte le organizzazioni dell’impegno civile a chiedere con forza al Parlamento di censurare e modificare quel testo” e anche il presidente dell’Anmic invoca “una mobilitazione nelle piazze qualora i disabili fossero ancora dimenticati”. Stessa linea per la Fand, che spera di “arrivare a soluzioni eque” e auspica che “tale richiesta venga accolta da tutti, in particolare dal Ministro Di Maio” altrimenti “saranno valutate e considerate palesi manifestazioni di protesta”.
Iacopo Melio, scrittore, giornalista e fondatore della Onlus #vorreiprendereiltreno (recentemente insignito del titolo di Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica dal presidente Mattarella), in una lunga lettera a La Repubblica spiega come questa manovra “del pubblico” sia “un’illusoria chimera” poiché non “viene indicato che l’introduzione delle pensioni di cittadinanza riguarderà anche le provvidenze assistenziali riservate agli invalidi, ai ciechi e ai sordi”. Inoltre dimostra come le spese concernenti l’inclusione scolastica andranno diminuendo nel tempo, così come il numero degli “insegnanti di sostegno specializzati” saranno circa 40mila in meno. Anche il Fondo all’Accessibilità incrementato di soli 5 milioni, per il 2019, destinati “all’abbattimento delle barriere architettoniche è irrisorio a confronto dei reali bisogni che nemmeno con i precedenti 180 milioni (stanziati dal governo Gentiloni e spalmati per quattro anni) siamo riusciti a sanare”. Conclude affermando che: “quando si ha a che fare con la disabilità non ci si rapporta con un enorme contenitore di persone con un’etichetta definita, ma con cittadini che hanno esigenze diverse e per questo servono misure personali e personalizzate: tutto il resto è propaganda”.
Ma dove si è arrivati, dopo tanti mesi di proteste ed emendamenti? Sostanzialmente, da nessuna parte. Le esigenze dei cittadini con disabilità apparirebbero inascoltate, come la stessa Fish sentenzia in un comunicato: “Ai fini della concessione dell’erogazione del reddito e della pensione di cittadinanza, nonostante alcune correzioni minime di bandiera, il provvedimento continua ad essere meno vantaggioso per i nuclei in povertà assoluta con persone con disabilità rispetto agli altri“. La discriminazione, dunque, rimarrebbe inalterata.
Per approfondire, qui si può leggere il testo integrale della Legge dalla Gazzetta Ufficiale, e qui il manuale d’uso a cura dell’Inps.
Articolo di Lucia Romani