Si chiama Ketty Giansiracusa, da settembre sarà sola nel suo appartamento a Roma, ma il Comune per ora le nega l’assistenza. Così si è inventata un modo inusuale per sostenersi e non rinunciare alla propria indipendenza
Ketty è una ragazza con Atrofia Muscolare Spinale di trentadue anni e ha lanciato una raccolta fondi su Facebook per pagarsi l’assistenza domiciliare, che le permetta di alzarsi e mettersi al letto e che le sia di supporto per gli spostamenti. Insomma, un’assistenza che l’aiuti in tutte quelle azioni che, ogni persona su sedia a ruote e con mobilità ridotta, non può compiere da sola.
L’Atrofia Muscolare Spinale (Sma) è una patologia neuromuscolare genetica progressiva, altamente invalidante, che colpisce le cellule nervose destinate al controllo dei movimenti dei muscoli volontari. Il risultato è una ridotta mobilità e, in maniera diversa da caso a caso, difficoltà nella masticazione e deglutizione, ma anche problemi respiratori. Per questa malattia Ketty è su una sedia a ruote elettronica e riesce a spostarsi grazie al movimento del joystick.
Nonostante questa condizione, Ketty vive a Roma da dieci anni. Originaria di Noto (Siracusa), come tanti ragazzi del sud Italia, è approdata nella Capitale per studiare all’università, ma anche per cogliere tutte quelle opportunità che solo una grande città può offrire. Ha usufruito per anni dei servizi rivolti agli studenti fuori sede con disabilità di Laziodisu (ente regionale che garantisce il diritto allo studio), che le hanno permesso di lasciare la propria casa in Sicilia e vivere una normale vita da studentessa. Dopo dieci anni, oramai ha scelto Roma come suo luogo dove continuare a coltivare le relazioni e gli affetti che ha costruito con gli anni.
Per fare in modo di accedere ai servizi territoriali ha dovuto ottenere la residenza a Roma, perciò da circa un anno ha preso in affitto un appartamento che riesce a pagare con i soldi della pensione e dell’accompagno. A maggio i Servizi Sociali del II Municipio le hanno detto che dovrà aspettare almeno un anno prima di ottenere qualcosa. Snza assistenza e fuori dallo studentato, Ketty non ha nessun aiuto, così, a malincuore, dopo mille remore, è stata costretta ad avviare una raccolta fondi su Facebook. Ketty dice che chiedere donazioni è la sua “ultima spiaggia” per poter colmare, almeno in parte e temporaneamente, le enormi lacune dello Stato nei suoi confronti. Tutto ciò in attesa di trovare una sistemazione lavorativa e che il Comune di Roma le attivi l’assistenza a cui avrebbe diritto.
L’ipotesi di tornare alla casa della sua famiglia dopo dieci anni di autonomia e indipendenza che ha sperimentato a Roma, implicherebbe lasciare quella rete sociale di affetti e amicizie che ha costruito con il tempo. Sarebbe come tornare indietro. Eppure, una ragazza con una grave disabilità resta sola ed obbligata ad appaltare al buon cuore delle persone persone su un social network ciò che sarebbe un sacrosanto diritto. Ci si augura che qualcosa nella macchina burocratica dei servizi territoriali non abbia funzionato, perché se è vero che ci sono da sempre le “liste d’attesa” per poter accedere ai servizi territoriali, è altrettanto vero che sia giunto il momento, dopo anni di battaglie e di lavoro, di permettere alle persone con disabilità di fare un percorso di emancipazione. E che questo diritto all’assistenza, oramai riconosciuto in tante convenzioni, carte e proclami, sia finalmente garantito a chiunque ne abbia bisogno.
Articolo di Massimo Guitarrini