Disabilità. Iniziamo dalle Parole è il titolo di un vademecum dell’Agenzia delle Entrate sull’utilizzo di un linguaggio politicamente corretto
La disabilità è un concetto in continua evoluzione, difficile da cristallizzare in una definizione, come afferma la stessa Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità. Arrivati a questa svolta di prospettiva, è ora di lavorare sul linguaggio, “contenitore e veicolo” di idee e di cambiamenti sociali, storici e concreti. Le parole hanno un fortissimo potere, non sono solo suoni o scarabocchi su uno schermo o su un pezzo di carta. Sono strumenti di creazione e cambiamento, capaci di lasciare il segno su di noi e sulla nostra realtà. La parola può mutare la nostra prospettiva e portarci verso un agire diverso, può farci da lente attraverso cui vedere il mondo e mostrarci possibilità e strade prima sconosciute, anche nelle relazioni interpersonali.
Per aiutare in questo senso, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un vademecum dal titolo “Disabilità. Iniziamo dalle Parole”, su come scegliere le parole quando si parla di disabilità, quando ci si rivolge a persone con disabilità od esse sono l’oggetto del discorso. Naturalmente non basta leggere questo testo per avere una piena coscienza della questione, ma contiene delle giuste indicazioni e può essere un buon punto di partenza.
Con i suoi dieci suggerimenti esso ci spiega che non dobbiamo considerare la disabilità come una diversità rispetto alla normalità, in primis perché non si può veramente stabilire cosa è normale e perché la condizione di disabilità è una condizione che sperimenterà ogni individuo ad un certo punto della sua vita, secondo la comunità medica, tanto che una parte di essa usa per le persone senza disabilità l’espressione “persone non ancora con disabilità”. Ma soprattutto perché non si possono suddividere le persone nelle categorie “normali e diversi”. Questa suddivisione oltre che errata ci porta verso una realtà in cui chi è con disabilità non è veramente considerato parte integrante della società. Bisogna, quindi, evitare parole come “normo-abili”, od “abili”.
La disabilità non è diversità rispetto alla norma ma è un aspetto, che come altri dà unicità alla persona. Proprio per questo neppure l’espressione “diversamente abile” è corretta come si crede. Essa, infatti, indica la disabilità come portatrice non di una condizione di capacità minori ma di capacità diverse, “come se fosse quasi una fonte di terze capacità”, andando a creare una differenziazione sbagliata ed errata nel suo nucleo centrale e riduce l’individuo al suo deficit sotto la maschera di un suo immaginario superamento”. Si devono abbandonare termini che cercano di rendere la disabilità più bella come “non vedente” o “non udente”. Le stesse persone con queste disabilità richiedono l’utilizzo di parole più crude e sincere come “sordi” o “ciechi”.
Come sottolineato da questo lavoro dell’Agenzia, è preferibile utilizzare un linguaggio che mette prima la persona e che identifica la disabilità come una sua caratteristica. L’espressione più adatta è “persone con disabilità”, come indicato anche da numerosi documenti di diritto internazionale dei diritti umani, scientifici e di sociologia. L’Agenzia dà indicazione di evitare un linguaggio pietoso, compassionevole, oppure che definisca le persone con disabilità come eroi, o essere speciali solo perché portano a termine obiettivi o compiti, considerati assolutamente normali o semplici per tutti a parità di condizioni. La disabilità rappresenta un “con”, non un “nonostante”.
Bisognerebbe, inoltre, eliminare l’uso del termine “invalido”, che letteralmente significa “non valido”. Così come quello del termine “sordomuto”, che viene spesso utilizzato come termine con valenza generale, come se chi è sordo sia obbligatoriamente anche muto, ma poiché le due condizioni non sono affatto “una dentro l’altra”, ma sono separate e distinte, il nostro linguaggio dovrebbe riconoscerle come tali.
Le parole possono connettere i membri di una società così come dividerli, ghettizzarli. Possono, con le idee che esprimono, essere muri oppure ponti. Se si hanno dubbi e incertezze mentre si sta parlando di determinati argomenti, è nostro dovere informarci ed ascoltare le persone che di quegli argomenti sono “ le protagoniste”.
(Elisa Marino)