Il 25 novembre 2016 Netflix ha distribuito 3%, una serie televisiva brasiliana ideata da Pedro Aguilera, presente in oltre 190 paesi del mondo. Si tratta di un reboot, in quanto lo stesso ideatore nel 2011 ne diffuse una web series su Youtube per cercare investitori. Il lancio è stato accolto come una vera e propria scommessa, per giunta vinta fin da subito: pochi giorni dopo l’uscita dell’opera, precisamente il 4 dicembre 2016, Netflix ha confermato il rinnovo per la seconda stagione.
La storia narra le vicende di un Brasile post apocalittico, diviso in due tra l’Entroterra, luogo devastato dalla miseria e dalla povertà, governato da bande criminali e carenza di cibo, e l’Offshore, isola dominata da purezza, innovazione e progresso, accessibile solo a pochi fortunati. Tutti possono raggiungere “il lato migliore del mondo”, ma il viaggio non è semplice. Al compimento dei vent’anni d’età, ogni individuo viene chiamato al Processo, l’annuale concorso in cui i candidati devono sfidarsi tra loro su test di logica, di gruppo e fisici al fine di vincere un pass per l’Offshore. Ogni anno solo il 3% dei partecipanti raggiunge la terra promessa, in quanto si sono contraddistinti per le loro capacità fuori dal comune. Sullo sfondo, troviamo il Consiglio dell’oasi felice, che dall’Offshore monitora la legalità dei test, e la Causa, gruppo di ribelli clandestini che lotta per distruggere il Processo.
Tra i vari protagonisti della storia ci sono Ezequiel, direttore del concorso con un passato tormentato, Michelle, in gara per vendicarsi del fratello morto durante una delle edizioni passate, Rafael, ragazzo sveglio quanto disonesto, e tanti altri ancora. La nostra attenzione però si posa su Fernando (interpretato da un magistrale Michel Gomes), ragazzo con disabilità costretto a partecipare alle sfide con la propria carrozzina. Si tratta del personaggio più difficile da raccontare, in quanto la sua presenza ai giochi viene declinata dagli altri concorrenti con pietismo e rammarico. Molti dei suoi coetanei penseranno alla sua probabile eliminazione già all’inizio del concorso. È sufficiente la 1×02, Le monete, per far emergere questi sentimenti bigotti nei confronti del giovane: gli altri partecipanti sono indotti a votare per l’eliminazione di Fernando al fine di superare l’esame di turno, giustificando la disabilità come causa della loro scelta.
Il gioco al massacro proposto dal Processo non è solo una chiave molto artistica (anche se non originale, visto che lo schema e i temi proposti ricordano molto da vicino Hunger Games e Black Mirror) per pensare alle differenze sociali tra classe dirigente e popolazione presenti in Brasile: il suo espediente ci aiuta a guardare alla disabilità dapprima con le consuete convenzioni mentali, per poi distruggerle con un semplice alito di vento. Ce ne accorgiamo sempre nella seconda puntata della prima stagione, quando Fernando verrà a conoscenza di una cura per la sua condizione presente solo nell’Offshore. Lo spettatore è così invogliato a pensare ad una sua evoluzione fisica nell’augurato caso vinca il Processo, ma il personaggio non è d’accordo, e lo dice apertamente alla giocatrice Michelle: “Ci ho messo anni ad accettare che non avrei camminato più. Ma ce l’ho fatta. Ho passato tutta la vita su questa sedia. È quello che sono. E ora mi dicono che può cambiare? Che non sarò più me stesso? Che tutto lo sforzo fatto finora è stato per niente? F****o le gambe. Non sono al Processo per questo, ma perché posso farcela. Fine della storia”.
L’intelligenza degli autori sta proprio nel sradicare il concetto di normalità di una persona. Attualmente, siamo portati a pensare a una piena realizzazione di noi stessi anche a livello fisico: corpi scultorei, fascino fanciullesco e via discorrendo. Invece, 3% ribalta questo concetto, mostrando unicamente la persona, con i suoi obiettivi e le sue certezze, qualsiasi sia la condizione in cui si trova. Non si pensa più alla disabilità di Fernando come a un limite, non si pensa proprio affatto alla condizione del candidato: da quelle parole in poi, la stessa disabilità passerà in secondo piano, perché il succo del discorso è stato aperto e chiuso con lungimirante precisione, senza sbavature. Se vincerà il Processo, buon per Fernando, potrà decidere del suo futuro; altrimenti non importa, continuerà con la sua vita come ha sempre fatto.
Nella realtà, abbiamo testimonianze molto attuali in merito all’intreccio tra corpo e disabilità. C’è Viktoria Modesta Moskalova, giovane cantante e modella di origine lettone, che con il brano Prototype ricalca la bellezza nell’assenza di un arto inferiore. Abbiamo Mama Cax, blogger di New York senza una gamba dall’età di 18 anni, che lanciò la campagna #RunwayForAll con l’intento di diffondere un messaggio di inclusione sociale all’interno dei confini della moda. Qualche anno fa emerse anche la storia di Winnie Harlow, modella divenuta famosa nonostante sia affetta da vitiligine, una malattia che le ha donato un corpo macchiato da chiazze bianche.
Il sociologo statunitense Howard Saul Becker ha definito mondi dell’arte tutti gli spazi costituiti da regole promulgate da convenzioni artistiche, estetiche e culturali dei propri giorni, che al contempo riconoscono le idee anticonvezionali. La serie 3% prende tale concetto e lo analizza a livello psicanalitico, mostrando come la disabilità, e il concetto dietro ad esso, risulti essere più una condizione mentale che fisica. Nulla di più, nulla di meno.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante