Combattere l’ignoranza con il potere della musica. Ancora una volta, il messaggio di speranza e di evoluzione culturale arriva dal mondo delle sette note, e in particolare da quello del rap e dell’hip hop. Giovedì 22 giugno, infatti, nel Comune di Rho (Milano) andrà in scena “Onde Sonore – Musica per l’integrazione”, un evento organizzato dalla Cooperativa Sociale Intrecci volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei rifugiati. E lo fa proprio con i principali protagonisti, con i giovani migranti risiedenti nello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Rho e Kiave, rapper da sempre in campo riguardo ad argomenti di stampo sociale (ad esempio, ricordiamo il suo impegno nella casa circondariale di Monza).
L’evento – il cui accesso è gratuito – inizierà alle 17, con un laboratorio di writing, arte e mostra fotografica, per poi proseguire alle 19 con un aperitivo e per concludersi, alle 21, con il live di Kiave insieme ad alcuni ragazzi del Sprar e ad altri colleghi di grande fama (Gheesa, Play TC, Gordon Ranzy, Arem C, Mari_Cere25). Abbiamo chiamato il rapper per farci raccontare i dettagli di questa manifestazione.
Da quale esigenza nasce “Onde sonore – Musica per l’integrazione”?
«Dall’esigenza di far capire alle persone così spaventate dal diverso e dallo ‘straniero’ che invece la diversità è sinonimo di evoluzione e progresso culturale! Una società in cui le razze e le culture si fondono è una società arricchita e capace di affrontare con molteplici punti di vista i problemi che affliggono la gente comune. Sono venuto in contatto con la Cooperativa Sociale Intrecci e insieme abbiamo deciso di buttarci in questo progetto».
Tu sei un artista sempre in prima linea quando si tratta di sociale. Dalle case circondariali ai temi dell’immigrazione: cos’è che spinge una persona ad avvicinarsi a queste tematiche?
«L’amore per l’Hip Hop e la convinzione che il Rap possa essere un’arma destinata a cambiare le cose. Credo fortemente che ‘la musica possa cambiare davvero qualcosa’ e non parlo dei conti in banca dei manager prima e degli artisti dopo, ma della vita comune, della gente che vive davvero la strada ma che ha voglia di uscirne per condurre una vita dignitosa e meravigliosamente ‘normale’, in un’era in cui la normalità viene considerata noiosa. Io ho bisogno di combattere impugnando la spada della speranza, ma sicuramente non sono l’unico a farlo, e anche se fossi l’unico, non mi spaventerebbe».
Prima dell’evento, hai organizzato dei workshop per incontrare i ragazzi nello Sprar di Rho. Cos’hai ricevuto da quest’esperienza?
«Ho ricevuto la conferma che dietro il sorriso di persone discriminate senza un vero motivo ci sono ragazzi come me con delle passioni e la voglia di comunicare e dire qualcosa, non dei demoni che vengono nella nostra nazione a rubare chissà che cosa. Sono sempre più stupito dall’ignoranza e dalla superficialità di alcuni politici italiani».
In un paese dove dominano gli stereotipi sull’ ’invasione dello straniero’, c’è bisogno di fare chiarezza: cosa si cela dietro a quanto ci viene raccontato dai media?
«Si cela una versione rivisitata di fascismo contemporaneo, e il fascismo cela dietro degli ideali sbagliati e anacronistici una forte paura di non essere all’altezza del resto del mondo, secondo me. Chi non vorrebbe questo tipo di evoluzione culturale e multirazziale ha solo paura di non essere all’altezza di chi viene da un altro paese con lo zaino carico di speranza e che scappando da mille problemi non dipendenti dalla sua volontà ha attraversato l’inferno».
Due dei giovani coinvolti nel progetto, il nigeriano Ramsy Young e Mr. Vides da El Salvador, hanno partecipato alla registrazione di alcuni pezzi insieme a te, e che proporrete durante la serata. Cosa dobbiamo aspettarci da questi brani? Ci puoi dire i titoli e raccontarcene la genesi?
«Non voglio rivelare troppo, ma hanno raccontato la loro storia, le loro emozioni e hanno messo anche un po’ di sana ‘arroganza Rap’ che non guasta mai, maggiormente quando si trattano argomenti così delicati tramite la musica. Il mio slogan a riguardo è ‘la gente riflette mentre si diverte’».
Ancora una volta, il rap si conferma veicolo di importanti tematiche sociali. Come si sono trovati i ragazzi con questa cultura musicale?
«Il Rap dovrebbe fare questo, anzi molto di più! Invece ultimamente parla solo di numeri e superficialità, ma sono periodi, in anni che seguo questo movimento l’ho già visto in passato, alla fine il Rap torna sempre alle sue origini. I ragazzi erano già appassionati di questo genere, ma la cosa bella è che non conoscevano la storia che si nasconde dietro questa cultura e appena l’hanno conosciuta ne sono rimasti estasiati».
Quali risultati ti aspetti da questo evento?
«Mi aspetto che venga della gente, ma non per poter gridare al sold out il giorno dopo, che ormai è un trend del momento, ma perché così possiamo dimostrare a chi sta ai piani alti che siamo in tanti a pensarla così, che una società multirazziale è davvero possibile e che non abbiamo paura del diverso, anzi, lo accettiamo come fonte di ricchezza culturale!».
Articolo di Angelo Andrea Vegliante