Intervista a Gabriele Mandolesi e Francesco Naso, esponenti del movimento Slotmob, in prima linea nella lotta all’azzardo legalizzato in Italia.
Si tende a pensare al gioco d’azzardo come ad un fenomeno limitato a determinate fasce di popolazione e dai margini circoscritti, invece si tratta di un problema trasversale, senza limiti legati al ceto o alla posizione geografica, che ha un impatto devastante su chi ne diventa dipendente. E quello che aggiunge inquietudine all’analisi del fenomeno è che le istituzioni giocano un ruolo chiave nella sua diffusione, talvolta chiudendo un occhio o addirittura traendo benefici dalla stessa.
La campagna Slotmob, sostenuta da una serie di realtà e coordinata dall’associazione Econo)mia:)Felicità, è in prima linea nella lotta al gioco d’azzardo legalizzato. Il movimento coinvolge associazioni, movimenti, Comuni e singoli cittadini ed è attivo in tutta Italia, dove organizza aperitivi o colazioni in locali privi di azzardo per riconoscere pubblicamente a tali esercenti la gratitudine per aver rinunciato agli ingenti introiti offerti da slot machine e affini per motivi di coscienza. Attraverso più di 150 mobilitazioni del genere in tutta Italia, si è creato un movimento che richiede alla politica una diversa regolamentazione del settore. Nello specifico: divieto di pubblicità totale dell’azzardo come per il fumo, riduzione dell’offerta sui territori, potere agli enti locali di emanare norme tese a tutelare i cittadini dai rischi dell’azzardo e la messa in discussione del sistema di concessioni a multinazionali private.
Gabriele Mandolesi e Francesco Naso sono due ragazzi di Roma di una trentina di anni che hanno deciso di dedicare parte del proprio tempo libero informandosi sulle possibili alternative al sistema economico mercato-centrico dominante nel mondo di oggi. “Attraverso questo percorso – raccontano a FinestrAperta.it – abbiamo conosciuto tantissime realtà della cosìddetta ‘altra economia’, fra cui esponenti importanti dell’economia civile come Luigino Bruni e Leonardo Becchetti, con i quali, assieme ad altri, abbiamo pensato di combattere le diffusione dell’azzardo con le stesse armi che offrono il consumo critico e la finanza etica. Pian piano il movimento è cresciuto, abbiamo conosciuto un gran numero di persone che hanno deciso di dedicare il proprio tempo in tante città di Italia a questa causa, e siamo diventati, non unici, coordinatori nazionali di Slotmob in maniera naturale facendo da riferimento per i referenti regionali per le attività di advocacy a livello locale e in prima persona per quelle a livello nazionale, oltre a lanciare eventi congiunti come quello dello scorso 7 maggio in cui abbiamo manifestato, attraverso il gioco e la premialità, in più di 60 città italiane in contemporanea”.
Ma a voi piace giocare?
“Certo che ci piace! Il gioco è un’esperienza fondamentale per la formazione della persona e per la costruzione della socialità. In questo senso quello che diciamo sempre è di non chiamare l’azzardo ‘gioco’. Bisogna resistere a questa semplificazione, poiché le concessionarie cercano in tutti i modi di perpetrarla, ad esempio chiedendo di chiamare le varie forme di azzardo ‘gioco con alea’. Noi siamo convinti invece che sia fondamentale mantenere le differenze. Per noi il gioco è un bene di stimolo che necessita di preparazione ed esperienza per migliorare ed è inoltre fondato sul rapporto con l’altro, di cooperazione o di sfida, quando al contrario l’azzardo si basa unicamente sulla fortuna, non sull’abilità, e favorisce meccanismi di alienazione, piuttosto che generare valore relazionale”.
Qual è la filosofia alla base delle vostre iniziative?
“Con un lavoro sull’azzardo di tre anni alle spalle, ci siamo resi conto che le realtà che si avvicinavano al Movimento erano le più diverse e analizzavano il problema da punti di vista disparati. Questo è indice e sintomo del fatto che il settore dell’azzardo è parte integrante di una visione riduzionistica dell’essere umano, del suo benessere e dei suoi diritti; i cittadini sono risorse consumatrici le cui debolezze possono essere sfruttate, non disincentivate, e le cui relazioni acquisiscono poca importanza rispetto alle loro pulsioni. Slotmob si concentra sull’azzardo in quanto è una delle massime espressioni di questo sistema capitalistico-finanziario, che vede il profitto dominare su tutto. Le multinazionali dell’azzardo fanno miliardi di profitti sulle spalle delle fasce più fragili della popolazione senza nessun tipo di scrupolo. Se le fragilità umane diventano opportunità di business significa che abbiamo toccato il fondo. Ma questo succede anche in altri campi: il mercato delle armi, la finanza speculativa eccetera. Slotmob si interessa in generale di portare avanti un percorso di creazione di una democrazia economica, dove la lotta all’azzardo è solo un pezzo di questo puzzle”.
Perché l’azzardo è un problema?
“In realtà l’azzardo di per sé non è IL problema, esiste dalla notte dei tempi e non è nostra intenzione discutere della natura dell’azzardo. Ciò che ha portato alla drammatica situazione attuale è una visione dell’uomo e dell’economia deviata, che ha portato a una svalutazione della salute e della dignità dei cittadini a favore di un concordato disposto di Stato e Imprese. Per questa ragione non ci concentriamo sull’azzardo di per sé e il dibattito che offriamo, troppo spesso inascoltato, non riguarda se proibire o meno l’azzardo”.
Allora cos’è che contestate?
“Il sistema di liberalizzazione della gestione dell’azzardo, le cui concessioni statali sono affidate a società private, entità a scopo di lucro, che sono naturalmente portate alla massimizzazione del profitto e, quindi, alla massimizzazione della diffusione del fenomeno. In questo senso è il Sistema dell’azzardo e delle Concessioni dei Monopoli di Stato in Italia così come ora è costruito che danneggia la collettività sviluppando forme drammaticamente diffuse di dipendenza. Ormai l’azzardopatia è una patologia accertata che va curata da specialisti per esempio nei SerT, sottrazione di risorse utili all’economia reale, che vengono spese in un ‘bene’ che non genera valore e per di più tassato molto meno di tanti altri beni sul mercato, deperimento delle relazioni a causa dell’alienazione e dell’isolamento dei giocatori, deperimento del tessuto urbano, che vede chiudere esercizi diversi e diversificati e aprire sale scommesse e sale vlt l’una accanto all’altra, la crescita della microcriminalità e dell’usura connesse agli azzardopatici. Per non parlare della pesante infiltrazione delle mafie nelle società concessionarie, più volte denunciata dalla commissione antimafia e dimostrata da maxi sequestri di concessionarie di ‘gioco online’ aperte a Malta con i soldi della ‘Ndrangheta”.
Come si fa a capire che stiamo passando il limite che divide l’innocente passatempo dal problema?
“Di solito la progressiva alienazione del ‘giocatore’ è uno dei primi sintomi. Per capire che come Paese abbiamo sorpassato il limite, invece, bastano le ultime cifre del totale della raccolta nel 2015: più di 85 miliardi di euro. Per giro di soldi, quella dell’azzardo si configura come la terza industria italiana… Come abbiamo permesso tutto questo nel silenzio colpevole non solo della politica, ma di noi cittadini che siamo ormai assuefatti a messaggi quotidiani invasivi che ci dicono che è la fortuna a farci ‘svoltare’ nella vita, a vincere una rendita per farci ‘turisti per sempre’, a vincere addirittura una casa in cui vivere?”.
Trovate utili le iniziative istituzionali per arginare il fenomeno?
“No: talvolta risultano insufficienti, altre volte sono addirittura dannose!”.
Dunque lo Stato ha delle responsabilità?
“Lo Stato è il primo azzardopatico di Italia. Non riesce a pensare di fare a meno degli 8 miliardi circa di entrate erariali provenienti dal settore, senza pensare quanti euro perdiamo permettendo al settore di espandersi in questa maniera. Un settore che è dimostrato quanto sia anti-redistributivo (mediamente la maggior parte dei giocatori si individuano nelle fasce di popolazione a basso reddito e a minor scolarizzazione) e a minor creazione di valore rispetto ad altri settori industriali, che avrebbero per di più una densità di lavoro maggiore rispetto al fatturato. Il problema è che pochissime sono le realtà politiche che si sono opposte a questo scempio e il dialogo con tutti i governi sinora è stato improduttivo. Le istituzioni che si sono mosse sono gli Enti locali (Comuni e Regioni), che hanno provato a dotarsi di leggi che limitino la diffusione del fenomeno poiché sono gli enti che più di tutti vivono sulla loro pelle i problemi di cui abbiamo parlato prima; ciò che è successo ha dello stupefacente: lo Stato si è a più riprese rivalso sui comuni e sulle Regioni, cercando di annullare le norme di cui si erano dotati. Per fortuna alcune sentenze della Corte Costituzionale hanno dato a questi ultimi ragione, pur tuttavia rimane una battaglia ancora aperta che noi cerchiamo di sostenere diffondendo delibere efficaci e dando appoggio a Comuni e Regioni. Questo però non basta perché il nodo centrale e inestricabile è quello delle concessioni statali: così come sono non limiteranno mai il fenomeno e serve una revisione totale che non veda sacrificare i diritti, la dignità e la salute dei cittadini sull’altare della libertà di impresa e delle entrate erariali. La Costituzione è molto chiara in questo: i primi interessi sono tutelati rispetto ai secondi”.
E allora cosa bisogna pretendere dalle istituzioni?
“Abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere a gran voce delle cose ben precise: se nel breve termine il divieto assoluto di pubblicità e sponsorizzazione dell’azzardo in tutti i media nazionali aprirebbe la possibilità di un dibattito franco che non sottostia al ricatto nei confronti di tv e giornali della perdita degli introiti pubblicitari, dall’altro sul lungo termine puntiamo all’assegnazione delle concessioni non più a società for profit ma a entità di natura differente che non debbano staccare cedole ai loro azionisti e non siano liberi (se non incentivati) di aumentare la diffusione dell’azzardo nel nostro paese… Andatevi a leggere come sono scritte le Concessioni e quali obiettivi PRETENDONO dai concessionari!”.
Cosa può fare chi pensa di vivere questo problema e vuole uscirne?
“Innanzitutto dovrebbe rivolgersi a dei professionisti. Purtroppo sappiamo quanto sia difficile uscire dall’isolamento, dalla vergogna nei quali l’azzardo patologico trascina molte persone (non necessariamente predisposte, le persone più a rischio sono gli under 20 e gli anziani) e spesso neanche la vicinanza dei cari riesce a trapassare il muro di silenzio dietro cui si nascondono. Noi come Movimento ci affidiamo ad esperti del settore quando veniamo contattati da qualcuno, ad esempio con messaggi tramite la pagina Facebook, che ci confida il suo problema. Un primo approccio è fornito dai Giocatori Anonimi, che forniscono una prima assistenza, ma è fondamentale iniziare un percorso con i SerT o con altre realtà specializzate nel trattamento delle dipendenze”.
Articolo di Manuel Tartaglia