Nel 2015 lo abbiamo imparato a conoscere sul palco di X Factor 9, anche se per una sola puntata. Il passato, però, è costellato da una lunga e sontuosa gavetta, che ha permesso a Massimiliano D’Alessandro di migliorare la propria creatività e duttilità artistica, con un risultato significativo: tra qualche giorno, infatti, uscirà il suo primo disco ufficiale, A Basse voce, anticipato dal singolo Melody (che vede la collaborazione di Alessio Iodice degli Urban Strangers), una presentazione molto semplice della propria arte, moderna e vintage allo stesso tempo. FinestrAperta.it ha chiacchierato un po’ con Massimiliano per capire più approfonditamente la sua evoluzione artistica.
Benvenuto Massimiliano D’Alessandro. Anzi, benvenuto Maxdale. Quale dei due preferisci? E soprattutto, come nasce questo nome d’arte?
«Innanzitutto grazie a voi per l’intervista! Maxdale era già nell’aria da tempo: indica una nuova fase della mia vita, musicale e personale, perché solitamente non mi adagio mai e mi piace sempre mettermi in discussione per migliorare e crescere. Diciamo che ora preferisco Maxdale, ma resto sempre Massimiliano».
Tra qualche giorno uscirà il tuo primo album, A Bassa voce. Cosa dobbiamo aspettarci da questo tuo primo lavoro? E come pensi reagiranno pubblico e critica?
«A Bassa voce è un album che rompe i miei equilibri: sono andato molto avanti nella ricerca di sound per me inesplorati fino ad ora. Chi mi conosce ne resta spiazzato ma anche incuriosito, sono molto cambiato musicalmente. Spero che la critica sia favorevole e che apprezzi le mie scelte e i miei brani. Se ci dovessero essere delle critiche negative sono pronto a raccoglierle come spunto per migliorare».
Il tuo primo disco esce all’età di 35 anni. È una sfida o un rischio?
«È un po’ una sfida perché oggi nel contenitore musicale troviamo artisti molto giovani e tanto seguiti, ma non credo di non avere la forza di confrontarmi con gli altri. La classifica fine a se stessa non mi interessa: quello che voglio è invecchiare suonando».
Veniamo a Melody, il primo singolo estratto. Come mai hai scelto questo brano come bandiera del tuo disco? E cosa racconti nel pezzo?
«Melody è un brano dal sound molto moderno, ma in realtà la scrittura è uguale ai canti blues dei primi 900: molto semplice. Il brano parla di me e delle cose belle che mi circondano».
L’opera vede la partecipazione di Alessio Iodice, AlexTheBug degli Urban Strangers. Com’è nata questa collaborazione?
«Con Alex non ci siamo mai lasciati dai casting di X Factor, lavoriamo entrambi per l’etichetta Casa lavica. Il brano è nato una notte, in poche ore: a lui è piaciuta la mia idea e ha voluto aggiungere una sua strofa; al resto hanno pensato i nostri produttori».
Ho visto il video, e mi è piaciuto molto: mi è sembrato di tornare un po’ indietro nel tempo, quando c’era ancora il commodor 64. Come mai questa scelta stilistica un po’ vintage?
«Per il video di Melody volevamo creare qualcosa che fosse fatto da noi. Abbiamo messo su una storia e, per gioco, abbiamo citato i personaggi dei videogiochi vintage, che ricordano la mia adolescenza, usando un pizzico di ironia. L’idea mi piaceva, così è nato il video di Melody».
Particolarità: il brano è interamente in inglese. Anche il resto dell’album sarà così?
«L’album non è interamente in inglese: contiene sette inediti di cui quattro in italiano e tre in inglese, due cover di brani in inglese ed un remix di un mio brano in inglese».
Salerno, città con una grande tradizione musicale. Quanto ha influito sulla tua crescita artistica?
«Salerno mi ha dato tanto e continua a darmi input creativi: è una città piena di musica e musicisti di livello nazionale, un luogo dove ho l’opportunità di vivere scambi musicali importanti».
Facciamo un tuffo nel passato. Nel 2015 hai partecipato alla nona edizione di X Factor, dove però sei stato eliminato alla prima puntata. A mente fredda, come giudichi questo risultato?
«Il risultato che ho avuto ad X-Factor è stato comunque positivo: sono arrivato tra i dodici finalisti su 50mila candidati, direi che posso sentirmi soddisfatto. Il fatto di essere uscito al primo live è la prova effettiva che quell’esperienza è più televisiva che musicale: andare via alla prima puntata è stato abbastanza doloroso, penso che siano andate avanti persone che non avevano tutta la gavetta di live che, invece, io avevo. È un’esperienza che mi ha segnato ed è servita molto».
Ho letto in un’intervista che è stata la tua fidanzata a convincerti ad iscriverti al talent show…
«Sì, mi ha convinto lei perché non io credevo di riuscire ad andare molto avanti nelle selezioni, non pensavo di potercela fare. Invece ho superato tutti gli step…».
Com’è stato lavorare insieme ad Elio? Con quali altri grandi artisti italiani e stranieri vorresti collaborare?
«Elio è un grande artista e c’era una certa sinergia tra noi: è stato davvero interessante poter lavorare con lui. Mi piacerebbe scrivere un pezzo con Vinicio Capossela, Niccolò Fabi, Max Gazzè: questi sono gli artisti che stimo tantissimo ed ascolto. Ovviamente ce ne sono anche altri».
Tu che sei stato dentro al format, come giudichi questo tipo di mondo? A tuo avviso, è positivo o deleterio per un artista emergente?
«X-Factor è un programma televisivo che adatta la musica al copione. Per un musicista l’esposizione mediatica serve sempre ed è comunque un bagaglio da portare con sé».
Vorrei approfondire il tema. Tu, come molti altri, conosci il valore della gavetta. Oggi, invece, assistiamo a scalate verticali velocissime, che spesso risucchiano artisti giovanissimi nel vortice della notorietà, però senza riuscire a controllarlo. Ecco il significato di deleterio…
«La musica è cambiata e con lei il modo di diffonderla: i mezzi moderni sono positivi, perché ti permettono una visibilità più veloce e immediata. Il mio punto di vista è che si costruiscono personaggi veloci con canzoni non sempre interessanti che, però, al fine delle vendite riescono ad emergere. Oggi la musica non è come quelle dei nostri cantautori che hanno lasciato il segno: si va veloci e molto spesso i contenuti sono più ludici che culturalmente interessanti, profondi».
C’è chi pensa che i talent stiano perdendo appeal…
«Secondo me stanno già perdendo appeal, perché il pubblico si affeziona al format televisivo e raramente al vincitore, se non veicolato da una potente major che investe per farlo rimanere noto su scala nazionale».
Devi sapere che qui a FinestrAperta ascoltiamo e mandiamo in onda molta musica elettronica. Pensa, nel 2013 la nostra radio intervistò dei giovani Moseek e, qualche tempo dopo, i Landlord si affacciarono dalle nostre parti (due band che conosci bene, in quanto hanno partecipato alla tua stessa edizione di X Factor). Ora vogliamo girare a te la domanda: che stagione sta vivendo questo genere musicale in Italia?
«La musica elettronica oggi è dappertutto, basti vedere che anche molti artisti italiani stanno introducendo sound elettronici. Penso che sarà il sound del futuro. Stimo molto i Moseek e i Landlord: sono ragazzi che hanno lavorato tanto e fanno ottima musica».
E come lo inquadri invece all’estero? Personalmente, ammiro lo stile unico dei Clean Bandit, seguiti poi dai Major Lazer e dai diversi disk jockey in circolazione (Dj Snake, The Chainsmokers, Galantis, Sigala, Robin Shulz e così via).
«Sono molto attento alla musica estera: ci sono cose che mi piacciono molto, altre meno, ma osservo ed ascolto come si muovono gli artisti nel mondo. Non è un caso che nel mio disco ci siano due cover di artisti stranieri».
Quando si parla di musica elettronica, mi vengono in mente anche le persone che etichettano meramente il genere come una forma d’arte dove “fa tutto il computer” ed il gran numero di featuring. Cosa ne pensi?
«Anni fa pensavo la stessa cosa, ma poi, ascoltando e studiando più di un centinaio di album, mi sono incuriosito ed ho trovato un mix che mi piace. C’è uno studio e attento, diversamente da quanto si possa pensare».
Domanda generale: come giudichi l’attuale stato della musica emergente italiana? C’è qualche artista o band che segui attivamente?
«La musica emergente ha un suo percorso, ma è difficile emergere senza investimenti consistenti. Sono molto attento al panorama musicale attuale e seguo un po’ tutto quello che c’è di nuovo. Posso dirti che stimo Salmo per le sue capacità di arrivare al pubblico con le sue forze. Se devo dirti un artista che seguo veramente con ammirazione è Niccolò Fabi. Sin da quando era emergente, ho sempre amato profondamente il suo modo di scrivere».
Immagino conoscerai la diatriba, quindi mi limito ad un quesito secco: SIAE o Soundreef?
«Mi piacerebbe aderire a Soundreef perché approvo la proposta, ma molti dei locali in cui mi esibisco non sono abilitati: nei miei live eseguo anche delle cover, per cui al momento sono un artista SIAE a tutti gli effetti, almeno fino a quando non riuscirò a fare dei live esclusivamente con i miei brani».
Il rapporto con la propria etichetta discografica è significativo per un artista emergente. Come ti trovi con Casa Lavica?
«Uscito da X-Factor ho avuto varie proposte di etichette indipendenti. Ho scelto Casa Lavica perché è un’etichetta campana che sostiene artisti del territorio, proponendoli su scala nazionale, ma anche per un motivo personale, perché da subito c’è stata un’empatia con i miei produttori Ennio Mirra e Raffaele Rufus Ferrante. Casa Lavica ha creduto nelle mie idee, insieme abbiamo dato vita a questo mio primo album».
Dopo l’uscita del disco, quali saranno i tuoi impegni e progetti?
«Dopo il disco i progetti sono tanti. Sicuramente porteremo in giro l’album sul territorio nazionale: il 28 gennaio saremo a Roma, allo Sparwasser, per la prima presentazione nella Capitale. Porteremo questo live in giro il più possibile, per incontrare nuove persone che, mi auguro, possano apprezzare questo progetto musicale».
Articolo di Angelo Andrea Vegliante