Durante la Settimana Mondiale della Sensibilizzazione sulle Malattie Mitocondriali viene presentato Mitocorner
Il 18 settembre si è tenuta una conferenza sulle malattie mitocondriali dell’associazione Mitocon, che al Policlinico Agostino Gemelli di Roma ha fondato un Mitocorner, uno spazio di ascolto da adesso presente in diverse strutture sanitarie. È infatti, fino al 24 settembre, la Settimana Mondiale della Sensibilizzazione sulle Malattie Mitocondriali. Presenti alla presentazione diversi ospiti, fra specialisti della patologia e pazienti che si sono ritrovati a combattere queste patologie.
Fra tutte le malattie rare, quelle mitocondriali sono le malattie genetiche più diffuse nell’essere umano, seconde solo alla fibrosi cistica. Nonostante ciò, come spesso accade in questi casi, non esiste una cura definitiva e anche avere una diagnosi corretta non è semplice. Esordisce con piccoli sintomi, apparentemente non collegati tra loro. Ma i mitocondri sono una parte essenziale del nostro organismo, forniscono energia al nostro corpo e quando questa energia inizia a mancare, il corpo si ammala, come ha spiegato all’inizio della presentazione la professoressa Serenella Servidei. Gli interventi dei medici si sono susseguiti, ognuno un’eccellenza in questo campo, divisi fra il Gemelli e l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù. Guido Primiano, Giuseppe Zampino, Daria Diodato, Cristina Sancricca ed Enrico Bertini sono i medici che hanno introdotto la malattia e hanno parlato dei progressi della medicina, che ancora ha molta strada davanti a sé. Tutti però concordavano su due cose fondamentali nel trattamento: le diverse figure specialistiche che devono seguire il paziente contemporaneamente (dall’oculista fino al geriatra per mantenere in salute i genitori caregiver) e il grosso lavoro svolto dalle associazioni. “Sono il nostro faro” ha commentato il dottor Primiano. Senza, spiegano i medici, non ci sarebbero state tante cure, tanti progressi, tante nuove conoscenze su queste patologie fino a non molto tempo fa semi-sconosciute.
Un ringraziamento speciale, oltre che a Mitocon, è stato fatto alla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che ha aiutato i medici a seguire i pazienti con la riabilitazione e ascoltando le loro richieste. “Le associazioni ci stimolano, ci stanno con il fiato sul collo per farci fare sempre meglio”, spiega la professoressa Servidei. Ma queste associazioni non esisterebbero senza persone che hanno avvertito il bisogno di fondarle, per cercare magari soluzioni per i propri figli. Infatti, a salire sul palco è stato anche Piero Santantonio, genitore e Presidente della Mitocon: “Noi siamo genitori e pazienti che si riuniscono per parlare di cose che riguardano la comunità, quindi dobbiamo ‘prenderci un po’ carico’ dei ricercatori, dei medici e dei pazienti. Se noi diamo una mano a loro, loro daranno una mano a noi. Quando ti riunisci – continua il Presidente – arriva il momento in cui ti chiedi cosa puoi fare e noi cerchiamo di rispondere a questa domanda con attività formative e concrete, ma anche ludiche e piacevoli”. Lo scopo, ha spiegato Santantonio, è quello di essere presenti in vari centri di riferimento ospedaliero, per poter essere tempestivi nel parlare con chi ha appena ricevuto una diagnosi di malattia mitocondriale. Per ora, di presenze su tutto il territorio se ne contano una quindicina.
“Mia figlia era nata apparentemente senza problemi. Facevamo molti progetti per lei. Chissà dove sarebbe arrivata, chissà cosa avrebbe fatto. Ma poi all’improvviso un giorno da piccola ha smesso di mangiare e da lì abbiamo poi avuto la diagnosi”. A parlare questa volta è la mamma di una giovane ragazza di nome Maya, che aveva deciso di condividere la propria esperienza come genitore caregiver. “È stato difficile, eppure è stata l’esperienza che più di tutte ha aperto la mia vita all’amore e al sostegno. All’inizio c’era tanta solitudine, adesso c’è una famiglia fatta di genitori e medici”. Nel susseguirsi di esperienze, il racconto di una mamma che un giorno “mentre vedevo i cartoni con i miei figli” ha perso l’uso della vista e di un ragazzo che tenacemente ha affrontato la sua condizione, laureandosi pochi mesi fa. Storie importanti, storie di accettazione di malattie che si spera potremo conoscere sempre meglio. E un grazie alle associazioni, capaci di creare una rete di protezione per chi in futuro riceverà questa diagnosi.
(Angelica Irene Giordano)