Se dovessimo fare uno spot per promuovere la Puglia, basterebbero poche parole per identificare una regione ricca di bellezza. Splendore e disponibilità che attirano sempre più giovani in estate. Prima ancora del mare, del buon cibo, e delle spiagge che sono al centro del turismo pugliese, balzano agli occhi le quantità di ulivi che accolgono i turisti nel Salento prima ancora di scendere dalla macchina. Fanno capolino, quasi a dare il benvenuto ad ogni turista, si vedono dal finestrino assolato distese d’alberi che continuano a perdita d’occhio, capaci di tracciare un sentiero metaforico tra realtà e appartenenza. Gli ulivi pugliesi sono un patrimonio, ma anche e soprattutto una fonte di guadagno: un ulivo millenario produce dai 12 ai 14 litri d’olio. Inoltre, possiamo trovare anche piante come la Lecciana – parecchio fruttuosa – che permettono di arrivare a 35 litri totali. Dati che annoverano la flora del tacco italico come una delle principali fonti di reddito in merito alle materie prime.
Certificati e marchi di autenticità fanno sì che il made in Italy prenda corpo e, quindi, casse d’olio arrivano sulle tavole italiane. Questo meccanismo, che potremmo definire “ben oliato”, è messo a dura prova da un batterio: la Xylella. Il patogeno in questione si chiama così perché colonizza lo xilema – un tessuto vegetale presente nelle piante vascolari e adibito alla conduzione della linfa grezza, cioè di acqua e soluti in essa disciolti, dalle radici alle foglie – degli arbusti (oltre agli ulivi sono suscettibili dell’infezione anche mandorli, ciliegi, mirto e acacia, solo per citarne alcune). Tale piaga batteriologica sarebbe la causa del numero contingente di alberi e ulivi ammalati (non solo) nel Salento, una presa di coscienza che suona un po’ pretestuosa, infatti – come dimostrano le parole di Cataldo Motta, procuratore nel Comune di Lecce – “Il batterio inoculato nella corteccia degli alberi dalla cicala sputacchina ha semplicemente trovato le condizioni ideali per prosperare (piante debilitate dalla scarsa cura e dall’inquinamento del terreno, uso sconsiderato di pesticidi e discariche abusive disseminate ovunque). La prova è che nel comune di Torchiarolo le piante sono state curate e si sono riprese”. Asserire, quindi, che gli ulivi sarebbero ammalati solo per colpa della Xylella è, quantomeno, riduttivo. Parole che sottolineano quanto si voglia forzare la mano a determinati processi e tappe naturali, in nome della produttività. La Regione Puglia, nel 2007, sotto la guida di Nichi Vendola, approvò una legge a tutela degli “ulivi monumentali” redigendo persino un albo specifico degli “ulivi secolari”. Tuttavia, come scrissero appena due anni fa Roberto Guido e Marcello Tarricone su “Qui Salento”, sugli ulivi e sul patrimonio della Puglia si specula a fasi alterne, a riflettori spenti: “C’è un sito Web salentino che garantisce, al prezzo di 10-11mila euro, la consegna a domicilio di ulivi con almeno 250 anni di vita. Il prezzo variava se si trattava di «ulivi appena strappati» o «rivegetati». Commercianti senza scrupoli mettono in vendita ulivi millenari, per abbellire giardini e ville di magnati del nord Italia, ricavandone ingenti profitti. Ma il fenomeno era iniziato molto prima e i primi episodi vennero segnalati nell’area di Ostuni, dove furono bloccati nel 2001 alcuni Tir carichi di ulivi destinati ad alcune regioni settentrionali”.
Inoltre, questo traffico illegittimo di piante – via internet e dal vivo – sarebbe avvalorato dal pretesto dei batteri eventuali. Con la giustificazione dell’abbattimento dovuto al propagarsi di Xylella, si buttano giù alberi sani in nome dello spazio produttivo, per poter costruire su quel determinato terreno: “La Xylella non fa più paura, dissecca gli alberi ma irrora il portafoglio” ha ribadito Andrea Guida, capo dell’agenzia immobiliare “Guida di Matino” a La Stampa. Tra Brindisi e Cellino San Marco, su segnalazione dei tecnici della Regione, l’ex guardia Forestale scoprì la distruzione di 6500 ulivi, per far posto a impianti fotovoltaici. Decine di ettari di uliveti distrutti, che costarono ai responsabili una multa di circa 400mila euro. Neppure multe da capogiro sembrano arrestare questa tratta clandestina di arbusti, metà destinata al commercio e metà alla distruzione, ad ammetterlo è Giuseppe Rutigliano – responsabile di Agromillora Italia: “La verità è che nel Salento preferiscono prendere le sovvenzioni, pur pagando le penali. Gli ulivi non producono? L’importante è che figurino sulla carta, così arrivano i soldi”.
Intanto proseguono in Salento le proteste anti tap (Trans-Adriatic Pipeline), il Gasdotto Trans-Adriatico che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce, permettendo l’afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio (Azerbaigian) in Italia e in Europa. Per realizzare questo progetto è necessario l’espianto temporaneo di 211 ulivi secolari, la decisione ha infiammato gli animi di ambientalisti e agricoltori pugliesi che, però, in passato forse erano distratti. Visto che hanno concesso, implicitamente, uno scempio dettato dalle leggi di mercato clandestino.
Articolo di Andrea Desideri