Accessibile, ovviamente. Ma anche inclusivo, con persone con disabilità che ci lavorano, si autodeterminano e offrono un servizio alla comunità. In questa lettera, un giovane con disabilità ci descrive come dovrebbe essere il suo stabilimento ideale
Andare al mare è bello, divertente e fa pure bene alla salute, ma per noi ragazzi disabili non è così facile.
A Roma abbiamo un litorale molto esteso, tantissimi stabilimenti e diverse spiagge libere, però manca uno stabilimento accessibile per noi. È importante sottolineare questa mancanza perché effettivamente ci impedisce di godere del mare; per noi sarebbe opportuno un progetto, ben strutturato, in collaborazione con il Comune di Roma o con le istituzioni in generale. Un progetto simile necessita di fondi, permessi e figure professionali per la sua realizzazione e logicamente dovrebbe essere una struttura pubblica.
La recente pandemia ha fatto emergere tutti i limiti di una progettazione relegata al privato, vedi ospedali privati, strutture private eccetera; c’è bisogno di un forte ritorno dello Stato nell’economia e generalmente nell’amminstrazione. La buona gestione di un ipotetico stabilimento per noi, non dovrebbe seguire le logiche di mercato, ma restando un impresa potremmo sostenere i costi organizzando un’economia interna. Ecco qui che mi sono venute mille idee: un villaggio attrezzato con ristorazione, bar, DJ e ovviamente cabine e tutto il necessario per prendere il sole.
Avvalendoci di un progetto strutturato senza barriere architettoniche, potremmo svolgere molte attività lavorative nello stabilimento e offrire un buon servizio alla città. Non so se altrove esiste già, ma sicuramente a Roma non ne ho visti e mi chiedo se sia semplicemente una mancanza di volontà, piuttosto che un problema economico.
Se questo progetto fosse realizzato, avremmo molti più stimoli a studiare e a seguire corsi professionali finalizzati a coprire i ruoli all’interno dello stabilimento: corso per chef, barista, DJ…
Per concludere aggiungo che questa proposta potrebbe offrire un luogo di socialità allargata, trasversale; l’inclusione e l’integrazione possono avvenire necessariamente all’interno di luoghi che permettono l’interazione sociale. Si è parlato di lavoro, svago, attività culturali e meno, ma non ci dobbiamo dimenticare che abbiamo sopratutto bisogno di socialità, di confrontarci, di impegno e di relazioni e tutto questo è possibile solo se abbiamo dei luoghi in cui poterci esprimere.
(Alessandro Fontanazza)