Persone con disabilità che svolgono, grazie alla tecnologia, azioni quotidiane fino a poco tempo fa impensabili. La normalità nella differenza è il messaggio che passa attraverso un semplice spot
Una serranda che si tira su chiedendo all’assistente vocale di farlo, la descrizione delle immagini tramite quello che lo smartphone inquadra, l’orologio digitale che ascolta un bambino piangere e manda un impulso vibratorio al polso della madre sorda.
La pubblicità è da sempre lo specchio di una società che evolve e in questi ultimi tempi, sta fluendo verso l’inclusività. Le immagini descritte all’inizio di questo articolo provengono da The Greatest, il nuovo spot televisivo della Apple che spiega le funzioni che i suoi prodotti posseggono per facilitare la vita dei consumatori e includere le persone con disabilità in una quotidianità in tutto e per tutto comune. È infatti innegabile che la tecnologia ha di molto semplificato delle azioni abituali. Facili per alcuni, impossibili per altri. Una casa totalmente domotica apre a nuovi scenari per persone con difficoltà motorie, visive o uditive; un’abitazione tecnologicamente avanzata che può compiere delle azioni semplicemente rivolgendosi all’assistente vocale o toccando dei pulsanti, può rendere possibile una vita indipendente.
La Apple ha avviato una comunicazione inclusiva su più livelli già dal 2014, quando in un toccante video si mostrava la sinergia tecnologica fra il vecchio e il nuovo, con una nonna e una nipote come protagonisti. Di pubblicità attente ai bisogni di ogni consumatore ce ne sono state tante, come quella della Coca-Cola, in cui una ragazza occidentale aspetta la fine del Ramadan per bere una bottiglia della famosa bibita con una ragazza musulmana. Questo tipo di comunicazione ha ovviamente una motivazione di marketing alla base: si è visto come più di un italiano su due (il 58%) è predisposto ad acquistare un prodotto se a sponsorizzarlo è uno spot inclusivo. Il dato è emerso dalla ricerca “Diversity&Inclusion. La valorizzazione delle diversità al servizio della crescita” di Rai Pubblicità, ma ciò non toglie che rappresentare tutte le categorie di persone senza alcuna discriminazione in una pubblicità che passa in televisione più volte al giorno, permette di conoscere e normalizzare molte situazioni.
Ma il colpo della Apple è innegabile: con una pubblicità è riuscita a raccontare positivamente la quotidianità di una persona con disabilità e le piccole grandi sfide giornaliere che deve affrontare. Ancora più innegabile è l’aiuto che la tecnologia sta dando alle persone. È di pochi giorni fa la notizia di un americano che leggendo i dati relativi alle proprie pulsazioni e all’ossigeno presente nel sangue rilevati dal suo smartwatch, ha potuto scoprire di avere un’emorragia interna. Senza quell’orologio adesso probabilmente sarebbe morto.
Certo, l’evoluzione delle tecnologie è sempre più veloce, incessante, invasiva. E questo può far paura. Ma poter salvare vite, semplificarle, riportarle al centro della società, sono motivazioni più che sufficienti per continuare verso questa strada. Quindi ben venga la tecnologia e ben vengano le pubblicità che sappiano sapientemente raccontare aspetti di vite diverse da quelle canoniche.
(Angelica Irene Giordano)