Cosa rimane del celebre scienziato scomparso quest’anno? Ecco la storia del genio di Oxford
Stephen Hawking, l’astrofisico britannico più famoso al mondo, ha vissuto per più di cinquant’anni con una forma di Sla (sclerosi laterale amiotrofica), una malattia rara che colpisce il cervello e il sistema nervoso. È stato fra i più autorevoli fisici teorici; i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo l’hanno fatto conoscere in tutto il mondo.
Stephen Hawking è deceduto nella sua casa di Cambridge il 14 marzo di quest’anno.
All’età di ventuno anni, dopo che ad Hawking fu diagnosticata la Sla, dissero che le sue aspettative di vita sarebbero state tra i tre e i cinque anni. Invece Stephen ha battuto tutte le previsioni, vivendo con gli effetti fisici di questa malattia neurodegenerativa per altri cinquantaquattro anni, sposandosi due volte e avendo tre figli.
È stato un brillante fisico: ha pubblicato più di 230 articoli scientifici, libri, persino per bambini. Ha tenuto innumerevoli conferenze e ha contribuito a diffondere la conoscenza sull‘origine e la natura dell’esistenza del genere umano nell’universo. Hawking era noto per le sue scoperte in ambito scientifico, per questo era riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Al contempo, grazie alle sue capacità, è stato un personaggio popolare perché ha reso accessibile concetti complessi a molte persone. Il suo contributo di divulgazione scientifica sarebbe senza precedenti già di per sé, ma soprattutto il risultato è stato tanto più straordinario se pensiamo che l’ha raggiunto una persona la cui comunicazione era severamente limitata dalla Sla.
Grazie alla tecnologia che aveva a disposizione, è riuscito a colmare quelli che erano i limiti funzionali imposti da quella malattia degenerativa. Infatti, con la sua inconfondibile sedia a ruote e la voce generata al computer, ha dimostrato il valore delle soluzioni tecnologiche per liberare la voce di chi ha disabilità fisiche e di comunicazione. In virtù della tecnologia, Stephen riusciva spostarsi da un luogo all’altro, mangiare in modo indipendente, vedere e ascoltare ciò che altrimenti non avrebbe potuto percepire. Studiava, scriveva lezioni o discorsi, comunicava, controllava e-mail grazie ad un sistema di ausilio che ha unito una tecnologia relativamente semplice, in un modo unico e funzionale. Faceva questo grazie ad un tablet che controllava con movimenti della guancia e del sopracciglio attraverso un puntatore ad infrarossi montato sugli occhiali. Ha dimostrato ciò che molte persone con disabilità testimoniano ogni giorno: le condizioni oggettivamente avverse non sempre compromettono l’avere una vita piena e non sono di impedimento per raggiungere importanti traguardi. È chiaro, Stephen Hawking era un genio. Se non fosse che ancora oggi le persone con disabilità sono vittime di pregiudizi e discriminazioni, sarebbe una banalità dire che queste non devono per forza eccellere in qualcosa per essere apprezzate.
Uno dei maggiori contributi che ha dato al percorso di affermazione delle persone con disabilità in generale è stato semplicemente quello di essere visibile – in un’epoca in cui le voci e i volti dei disabili erano assenti nella cultura popolare. Proprio questa sua popolarità gli ha permesso di fare anche delle incursioni in ambiti che, per il mondo accademico, non sono proprio convenzionali. Sono epiche le sue apparizioni nel piccolo schermo su The Simpsons, Star Trek e The Big Bang Theory, le quali hanno contribuito a supportare la sua iconografia pop di scienziato. La sua vita è stata anche raccontata nel film del 2014 La Teoria del Tutto, diretto da James Marsh e interpretato da Eddie Redmayne.
Stephen Hawking credeva nella scienza, si definiva ateo. Sosteneva che se i fisici fossero riusciti a trovare una “teoria del tutto” – cioè, un’unica spiegazione di come funzionasse l’universo – in quel momento avrebbero visto “la mente di Dio”. Il suo era un Dio impersonale, non un essere presente nella storia con cui l’umanità ha una relazione costante, pertanto lontano dalla tradizione giudaico-cristiana e ancorato saldamente alle leggi della scienza. Ma non per questo è mai caduto al disincanto nichilista, anzi credeva fortemente che l’universo e la vita avessero comunque un senso profondo:
Ricordatevi di guardare verso le stelle e non giù verso i vostri piedi. Cercate di dare un senso a ciò che vedete e ponetevi delle domande su ciò che fa esistere l’universo. Siate curiosi. E per quanto la vita possa sembrare difficile, c’è sempre qualcosa che potete fare per farcela”
disse Hawking una volta.
Il professor Stephen Hawking, se non bastasse tutto questo, rimarrà un importante esempio per chiunque sia alle prese con una diagnosi di malattia neurodegenerativa o qualsiasi altra malattia potenzialmente terminale: offrirà sempre la speranza di una vita lunga e pienamente vissuta.
Articolo di Massimo Guitarrini