L’approfondimento: gli studi di settore, l’impegno del Governo, le criticità da superare e le prospettive per i turisti con e senza disabilità
Voglia di ricominciare. All’avvio dell’estate si sente sempre parlare di vacanza, o almeno se ne progetta una, che sia di breve o di lunga durata. Il 2020 per quanto riguarda il settore turistico, ma non solo, è stato un anno perso a causa dell’emergenza sanitaria per la COVID-19.
Dati che preoccupano. Secondo l’Istat, l’impatto del nuovo coronavirus sul turismo è stato devastante. Il settore turistico vale 25,6 miliardi di euro di fatturato, circa il 13% del Pil, con 283mila addetti in 50mila imprese diverse. L’epidemia ha azzerato il fatturato nel trimestre marzo-maggio, che invece nel 2019 aveva registrato 81 milioni di presenze turistiche, soprattutto stranieri, con una spesa pari a 9,4 miliardi di euro includendo gli alloggi, la ristorazione, lo shopping e il trasporto (Indagine del Turismo Internazionale della Banca d’Italia). Inoltre va aggiunta una serie di condizioni con cui è difficile convivere, come il distanziamento sociale, le mascherine, il controllo della temperatura, i corridoi turistici, le quarantene obbligatorie, ipotetici passaporti sanitari, per non parlare dell’idea di dover essere “rinchiusi” in scatole di plexiglas ma anche di pensare di poterci contagiare e/o poter far ammalare gli altri. Lo scenario appena descritto suscita confusione e allarmismo in chiunque.
Da un’indagine realizzata da Demoskopika risulta, come affermato dallo stesso presidente Raffaele Rio, che “il turista post COVID-19 ha voglia di villeggiare quasi esclusivamente in Italia e in totale sicurezza”. Questo significa che il vacanziere sceglierà delle strutture ricettive come le seconde case e gli appartamenti in affitto oppure si farà ospitare da amici e parenti. Tra le mete più gettonate figurano la Sicilia, la Toscana e la Puglia.
Alla luce di un’indagine realizzata da Tecnè per l’Associazione Italiana Confindustria Alberghi e Assosistema, si è evidenziato come la fiducia del consumatore non è cambiata (65,9%) ma il coronavirus ha aumentato la paura. Comunque il 94,5% dei turisti chiede degli spazi adeguati per il distanziamento, l’igienizzazione delle aree comuni, delle camere e anche delle federe e delle lenzuola e sarebbe anche disposto a pagare l’8,3% in più rispetto al prezzo normale. Indubbiamente per tornare al fatturato pre-coronavirus bisognerà attendere il 2022, solo se gli albergatori saranno in grado di dare un senso di sicurezza ai propri clienti.
Tante le incertezze. “Come sarà il turismo dopo il COVID-19?”. Questo è il titolo del webinar dello scorso maggio organizzato dall’Università Europea di Roma, al quale hanno partecipato docenti ed esperti del settore tra i quali Giorgio Palmucci, presidente dell’Enit, Marina Lalli, presidente Federturismo Confindustria e Barbara Casillo, direttore dell’Associazione Italiana Confindustria Alberghi. Durante il seminario è emersa una grande incertezza sia a livello normativo dato che il decreto rilancio non include le piccole strutture regionali (case vacanze, bed and breakfast eccetera) e sia a livello economico poiché il Bonus Vacanze si riferisce alla singola struttura ricettiva tralasciando il resto del settore, mentre il Fondo del turismo è finalizzato ad investire in termini di ristrutturazione e valorizzazione delle strutture. Ma nonostante tutto questo, predomina la voglia di ripartenza dettata da un turismo sostenibile ed inclusivo, che rappresenterebbe il frutto della collaborazione tra imprese, strutture e trasporti, oltre a una buona campagna di comunicazione sia per il turismo domestico che quello estero.
Il direttore di Confindustria Alberghi, Barbara Casillo, ha dichiarato che “Solo il 20% delle strutture alberghiere ha aperto ma con un numero di persone inferiore al 100% (poiché il 96% del personale è in cassa integrazione)” e ha spiegato che “Chi apre adesso, lavorerà in perdita ed è probabile che i prezzi degli alberghi possano aumentare anche a causa delle misure di sicurezza che devono soddisfare”.
E il turismo accessibile? Nel corso degli ultimi anni di turismo accessibile se ne parla tanto, è un settore in crescita in Italia: dal 26,5% del 2013 si stima che nel 2050 arrivi al 31,8% ma ci sono ancora tanti aspetti da migliorare. Questo emerge anche da una ricerca condotta dalla Ue, nella quale il 93% delle strutture non riesce a rispondere alle esigenze dei clienti e addirittura si ipotizza che un miglioramento delle offerte in termini di accessibilità porterebbe a un aumento del 15% dei viaggi all’interno del vecchio continente.
Il turismo non rappresenta una scelta ma un diritto. Ciò è scritto nella Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità all’articolo 30 su “la partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport”, il quale “garantisce l’accesso ai luoghi che ospitano e ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive”.
Le iniziative del Piano Colao. Inoltre le persone con disabilità, i cittadini fragili o resi vulnerabili dall’emergenza sanitaria in corso sono al centro del Piano Colao, nel documento “Iniziative per il rilancio – Italia 2020-2022” con Giampiero Griffo nel ruolo di Coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. All’interno del documento ci sono tre punti dedicati alle persone con disabilità riguardanti l’inclusione scolastica (num. 82); il potenziamento dei progetti terapeutico-riabilitativi e dei Progetti Personalizzati di Vita Indipendente (num. 91) e anche l’inclusione lavorativa (num. 93). Ma nel documento presentato da Vittorio Colao alla Presidenza del Consiglio, viene citato anche il turismo che deve essere di qualità, cioè accessibile a tutti. Giampiero Griffo su vita.it ha commentato: “Le proposte di questo documento sono impregnate dai principi di mainstreaming, accessibilità universale e superamento di disuguaglianza e discriminazioni”.
Sperlonga bocciata. L’estate deve ancora iniziare e già ci sono brutte notizie per il litorale laziale. Infatti, l’Associazione Luca Coscioni ha denunciato il Comune di Sperlonga (Latina), che è stato condannato dalla prima sezione civile del Tribunale di Latina per una condotta discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità a causa della presenza di barriere architettoniche che impediscono l’accesso alla spiaggia e al mare. Il Comune entro due mesi dovrà correre ai ripari rendendo accessibili tratti di spiagge e mare attraverso la realizzazione di rampe d’accesso, passerelle, parcheggi riservati, adattando i servizi igienici, i camminamenti trasversali e utilizzando le sedie Job. Se ciò non dovesse accadere in tempi rapidi, l’Associazione è intenzionata a chiedere agli organi competenti la revoca della Bandiera Blu alla città di Sperlonga dopo ventiquattro anni consecutivi.
Diritti esigibili con difficoltà. Si prospetta dunque un’estate complicata, dato che per le persone con disabilità era già difficile trovare un albergo, una spiaggia o una meta completamente accessibile, figuriamoci ora che devono convivere con il coronavirus che obbliga al distanziamento e quindi sarà più macchinoso farsi un bagno al mare o in piscina, nonché essere accompagnati da coloro che non sono i famigerati “congiunti”. Il rischio è che queste persone diventino invisibili, isolate e impossibilitate a godersi un bel panorama, a stare tra la gente o semplicemente a vivere in un luogo diverso da quello abitato.
Perché viaggiare, visitare e conoscere il patrimonio artistico-culturale non è un’opzione ma un sacrosanto diritto.
(Lucia Romani)