A settembre, otto ragazzi con disabilità hanno sfidato la gravità. Il volo parabolico è l’unico modo per eseguire prove di microgravità con operatori umani: utile alla scienza e, in tal caso, all’inclusione.
Lo spazio è qualcosa di indefinibile, pur essendo ben definito. Parliamo di spazio per proiettare e proiettarci nelle varie dimensioni della quotidianità: casa, ufficio, palestra, pub. Spazi che richiamano momenti della giornata, scandendo le nostre vite in altrettanti luoghi. Poi esiste lo spazio più ampio, quello che è in grado di comprendere pianeti, galassie, sistemi. Dove qualcuno ci lascia i sogni, oppure ritrova i cari che, purtroppo, non ci sono più. Basta una stella, una luce, un bagliore per sottolineare ulteriormente – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che al mondo non siamo soli e nulla è limitato.
Qualcosa può essere limitante, inarrivabile per alcuni, ma si tratta di una condizione momentanea – che può durare più o meno a lungo – secondo il contesto. I limiti, dunque, non sono altro che convinzioni legate alla nostra mente che stabilisce se possiamo o non possiamo fare qualcosa. I più bravi direbbero “impossible is nothing”, siccome però non siamo a caccia di luoghi comuni, ci accontentiamo di constatare come nel mondo – e quindi nello spazio – c’è chi si lascia convincere di non riuscire a fare determinate cose e chi, invece, prova a sfidare la sorte e la vita andando sempre oltre. Fin dove non sembra possibile. Allora, man mano che si alza l’asticella degli obiettivi raggiungibili, potremmo anche cominciare a credere alla storiella che i sogni sono a portata di mano e non soltanto fluttuanti nell’etereo.
Quando nasciamo, nell’infanzia soprattutto, ci pervade il sogno di poter volare. Di volerlo fare. Complici i cartoni animati, dove chiunque volando arriva dove vuole neanche fosse un aereo della Lufthansa. Questione di gravità: la stessa che, spesso, è sinonimo di problemi, può diventare col tempo un’occasione. Una sfida. Basta crederci un po’ di più. È quello che dev’essere passato per la mente agli otto ragazzi con disabilità che, nel settembre scorso, hanno provato un’esperienza di volo a gravità zero. L’iniziativa Kid’s Weightless dream è partita da Novespace, che ha dato l’opportunità a questi giovani di fluttuare nell’aria con un volo parabolico, potendo inoltre partecipare attivamente a degli esperimenti scientifici.
Accendere una candela, giocare a ping pong con bolle d’acqua, camminare in assenza di gravità, per chiunque significa innovazione, mentre per chi ha una disabilità vuol dire possibilità. Quella che, magari, sulla terra non hanno. Sempre per una questione di mera contingenza, che poco c’entra con le capacità. Infatti, Francesco Vassallo, uno dei giovani selezionati dai cinque stati membri dell’Esa (European Space Agency), per la prima volta si è messo in piedi e ha camminato. L’assenza di peso ha reso fattibile un gesto che per molti è scontato, per altri significa sentirsi vivi e all’altezza. La sua disabilità era come se non esistesse, dimostrando che il “carico” di ogni problematica o patologia può comunque essere ammortizzato.
Tutto è avvenuto sull’Airbus Zero-Ga310, a Bordeaux, in Francia. Gli otto prescelti, prima del volo, hanno partecipato ad un seminario didattico organizzato da Esa Education, dove sono state spiegate dimostrazioni ed esperimenti, per introdurre il concetto di gravità ai novizi. Giusto per capire che non siamo in una puntata di Dragon Ball Zeta, l’assenza di gravità è un qualcosa che va gestito e padroneggiato per evitare qualsivoglia rischio. Raccomandazioni, consigli e curiosità sul tema sono state fornite da astronauti che hanno volato nello spazio: da Tim Peake a Maurizio Cheli, i quali hanno partecipato e affiancato l’equipe durante l’iniziativa. I voli parabolici sono l’unico modo per eseguire esperimenti scientifici e prove in microgravità con operatori umani, senza dover passare attraverso lunghe preparazioni di astronauti e voli sulla Stazione Spaziale Internazionale. Pertanto, quest’occasione “ludica” sotto certi aspetti ha dimostrato quanto determinate dinamiche siano ausilio e supporto fondamentale anche (e soprattutto) per chi possiede certe qualifiche. Persino gli astronauti sono fallibili, quindi, questa parità ha fatto sentire meno spaesati i più giovani (che hanno sfatato parzialmente il mito dell’astronauta supereroe). A settembre non è iniziata soltanto una nuova stagione, ma potrebbe essere stata inaugurata una nuova frontiera della sperimentazione. C’è spazio per la disabilità. E, una volta tanto, non sembra una frase fatta. Basta volersi mettere in gioco per capirlo e l’Esa, insieme ad alcune associazioni – come la WeFly Team (la pattuglia aerea italiana della federazione “Baroni rotti”, composta da piloti con disabilità, che nel 2014, grazie all’astronauta Samantha Cristoforetti, ha lanciato dallo Spazio un messaggio d’inclusione contro gli stereotipi e i pregiudizi nei confronti delle persone disabilità) – l’ha dimostrato.
Articolo di Andrea Desideri