Senza l’abbattimento delle barriere culturali sarà impossibile il raggiungimento di una società davvero inclusiva
Col termine “integrazione sociale” si intende quel faticoso processo, attraverso il quale le diverse identità sono inserite in un unico contesto, all’interno del quale non è presente alcuna discriminazione. Per tale motivo, l’integrazione sociale significa che anche le persone con difficoltà possano partecipare attivamente alla vita della società e prendere parte ai processi di decisione che riguardano la propria vita, rivendicandone i diritti.
Nel corso degli ultimi anni, le società occidentali hanno vissuto profonde trasformazioni nel modo di percepire e di interagire con la disabilità. Il mutamento ha interessato sia il modo con cui le persone disabili percepiscono se stesse; sia ha contribuito a sradicare pregiudizi e paure, costruendo una società più disponibile, in grado di riconoscere diritti e bisogni una volta non realizzabili per queste persone.
L’apertura della società verso il diverso è il risultato di un difficile percorso, che connette tanti attori e contesti differenti. Un percorso che passa attraverso faticose battaglie e che consente una rappresentazione sociale del fenomeno radicalmente diversa dal passato. Per tale motivo è importante analizzare come, attraverso delle immagini, la disabilità viene rappresentata nella società italiana.
In particolare, nel capitolo “Le immagini degli handicappati nella storia. Permanenze e cambiamenti”, Cannavò traccia, attraverso le immagini, un percorso storico che parte dall’esclusione alla conquista dell’integrazione e al riconoscimento di nuovi bisogni della persona disabile. Secondo l’autore, l’immagine da sostituire è quella dell’handicap come condizione che colpisce e limita tutti gli aspetti della vita, poiché così la disabilità non rappresenterebbe solo un accessorio, ma l’unico aspetto della persona. Per cui, quando parliamo di disabilità, dobbiamo considerare tutte le immagini che derivano dal passato e che hanno forgiato la nostra cultura.
E’ da mutare radicalmente la rappresentazione della disabilità che delinea la persona disabile come fragile, da escludere o da nascondere, e promuovere una cultura volta a considerare tale categoria come diversa, semplicemente perché dotata di differenti potenzialità. La disabilità non è, quindi, sinonimo di diversità, ma una possibile condizione dell’essere umano che tutti nell’arco della vita potremmo trovarci a vivere.
Integrare vuole dire completare, rendere intero o perfetto, supplendo a ciò che manca, non escludere o emarginare. Per far ciò bisogna considerare le abilità della persona che ha bisogno di essere assistita, affinché l’opera di assistenza si trasformi in vera e propria relazione che arricchisca culturalmente sia assistito che l’assistente e che porti attraverso la loro integrazione il progresso della civiltà umana (Piva, 2008)”.
L’integrazione come valore civile dà vita a un ambiente culturale preparato alla accoglienza di tutti gli individui. Un ambiente armonico consente a tutte le persone di vivere serenamente la quotidianità secondo le proprie potenzialità e senza essere escluse per le caratteristiche fisiche o psichiche. Occorre fare un ulteriore salto di qualità culturale, l’integrazione non è solo accoglienza del “diverso” da parte del “normale”, ma anche abbattimento delle barriere culturali che impongono alla nostra mente di etichettare l’altro come diverso e di conseguenza escluderlo. Superare le barriere della mente significa permettere alle persone con problemi o difficoltà di partecipare attivamente alla vita sciale per prendere parte ai processi decisionali che riguardano la propria vita. L’integrazione della persona con disabilità risulterebbe così, non solo un’istanza teorica garantita attraverso leggi ma, scelta culturale e segno di civiltà.
Articolo di Ilaria Maugliani
Assistente sociale