La patria non è più soltanto il posto in cui siamo cresciuti, così come la famiglia non è più quella consueta: si allargano i confini, si modificano i costumi, quindi si plasmano le usanze. Un mosaico variegato di tratti, suggestioni, analogie e differenze.
È naturale, al giorno d’oggi, parlare di cervelli in fuga. Specialmente con l’avvicinarsi delle festività natalizie, periodo dell’anno in cui nel nostro Paese (e non solo) assistiamo a una vera e propria transumanza di persone. Del resto, lo insegna la tradizione: “Natale con i tuoi”, non solo un proverbio, ma una certezza. Il concetto di famiglia, così come la concezione di casa, col tempo si è modificato. La patria non è più soltanto il posto in cui siamo cresciuti, così come la famiglia non è più soltanto quella consueta: si allargano i confini, si modificano i costumi, quindi si plasmano le usanze. Allora “tuoi” potrebbe voler dire anche “nostri”, nel senso di concittadini che arrivano nella nostra Penisola in cerca di un futuro migliore. Dunque, fra un “aiutiamoli a casa loro” e continui inserimenti socio culturali – che arrivano non solo dal mare –, una ricorrenza come il Natale diviene multietnica. L’importante è avere unità di intenti, passare la vigilia e il Venticinque insieme, nel segno della coesione e della bontà.
Sull’onda di questo spirito, fra politici che fanno il presepe in diretta tivù e cittadini che si preparano a vari cenoni, arriva la notizia che il saldo migratorio netto con l’estero torna a crescere. Nel 2017 è cresciuto di oltre 10mila unità, raggiungendo la quota di 144mila (con un incremento dell’8% rispetto allo scorso anno), complice l’aumento delle immigrazioni rispetto alle emigrazioni. L’Istat non fa altro che confermare ulteriormente quanto i giovani italiani lascino sempre più frequentemente il Paese, che invece diventa una casa stabile per un sempre maggior numero di stranieri. Con 45mila iscritti la comunità rumena è sempre la più numerosa tra i flussi di immigrazione, seguono pakistani (15mila), nigeriani (15mila), marocchini (15mila), albanesi (13mila) e cinesi (12mila). Continuano a crescere le immigrazioni dei cittadini africani; in particolare, incrementi significativi degli ingressi si registrano per i cittadini guineani (+161%), ivoriani (+73%), nigeriani (+66%) e ghanesi (+37%). Sono molto consistenti anche i flussi di pakistani (15mila, +30%), albanesi (13mila, +12%) e brasiliani (10mila, +50%), calano invece le immigrazioni dei cittadini di area asiatica: cingalesi (-18%), cinesi (-17%), bengalesi (-14%) e indiani (-11%).
Questo mix di comunità e costumi arricchisce il nostro Stivale di sfumature sempre diverse, sino a comporre un mosaico variegato di tratti, suggestioni, analogie e differenze. Allora, con la stessa curiosità di un bambino che aspetta sotto l’albero i giorni di festa, ci siamo chiesti come passano il Natale i migranti. Una risposta soddisfacente l’ha fornita, affidandosi nuovamente alla statistica, Distribuzione Moderna – il primo vero e proprio Web magazine dedicato agli operatori del mass market: il 90% dei migranti festeggia Natale e Capodanno alla nostra maniera. Scambio di doni reciproco, visita parenti e continue occasioni per stare a pranzo e a cena insieme. Questo è quello che emerge da un campione rappresentativo delle sette comunità più numerose sul nostro territorio: albanese, marocchina, rumena, cinese, ucraina, filippina e tunisina. Inoltre, un terzo degli immigrati intervistati utilizzerà la tredicesima per pagare le bollette e per rimettere denaro alle proprie famiglie o parenti nei paesi d’origine, mentre il 63% la impiegherà per fare regali: i più gettonati sono quelli d’abbigliamento, seguiti dai giocattoli, all’ultimo posto troviamo la tecnologia e le specialità enogastronomiche.
Per quel che riguarda, invece, i luoghi d’acquisto, i migranti prediligono i centri commerciali rispetto ai piccoli negozi. Ottimo riscontro anche per i mercatini di quartiere, che non sono solo un riferimento per il Made in Italy, ma strizzano l’occhio anche alla domanda cosmopolita con un’offerta piuttosto differenziata. Conseguenza della situazione economica non proprio rosea di molte famiglie: la congiuntura non ha etnia, colpisce chiunque indipendentemente dal passaporto o la provenienza. L’unione fra diverse culture ha consentito una maggiore laicizzazione delle ricorrenze cristiane, infatti anche chi non crede (oppure non è cattolico) ritrova nel Natale quella sensazione di conforto e calore umano necessaria a superare i momenti negativi che potrebbe portare la routine. Insomma, tutto il mondo è paese, specialmente sotto l’albero.
Articolo di Andrea Desideri