Prima di iniziare, c’è da fare una precisazione: il Mondovisione Tour nella sua interezza principale ha abbassato il sipario già un annetto fa. Quello che Luciano Ligabue ha fatto partire il 13 Marzo da Padova è il proseguimento, una sorta di ri-passaggio nelle diverse città italiane, toccando i più famosi palazzetti, per portare la sua musica anche a chi negli stadi del primo Mondovisione Tour non ha potuto parteciparvi.
Detto questo, parliamo del concerto. O meglio, di una delle tre serate della tappa di Roma, precisamente di quella del Palalottomatica del venerdì 17 Aprile 2015. Se volessimo riassumere il tutto con una parola, questa potrebbe essere “luminoso”. Si certo, ogni concerto è luminoso di suo. Ligabue però ha utilizzato uno splendido gioco di luci, che ha accompagnato ogni brano del cantautore con sfumature diverse di colore, espandendo una certa ritmicità. Come potete ammirare nella galleria fotografica presente all’inizio di questo articolo infatti, le luci posizionate su diversi punti del palco non solo creavano una sorta di gabbia luminosa attorno al palco stesso ma, espandendosi per tutto il palazzetto, esaltavano un’atmosfera di puro gesto artistico artificiale.
Oltre a questa nota decisamente positiva c’è – ovviamente – quella delle canzoni eseguite. Come detto in precedenza, non stiamo parlando del Mondovisione Tour vero e proprio. Quindi nella scaletta musicale sono state previste diverse opere famose con brani giovani o addirittura vergini: da Balliamo sul mondo a Tra palco e realtà, passando per Sono sempre i sogni a dare forma al mondo e Il sale della terra, seguiti anche da Il muro del suono e I ragazzi sono in giro, Questa è la mia vita, Quella che non sei, Certe notti, Piccola stessa senza cielo e tante altre hit del cantautore di Correggio. Tra i vari pezzi, spazio anche al nuovo singolo C’è sempre una canzone – in passato scritto dallo stesso cantautore italiano per Luca Carboni – il quale ha anticipato l’uscita del nuovo album, Giro del Mondo.
Non era assente la solita carica emotiva che traspare dalle canzoni di Ligabue, accompagnata magistralmente dai diversi componenti della sua orchestra: Luciano Luisi al piano e alle tastiere, Michael Urbano alla batteria e Davide Pezzin al basso, Federico Poggipollini - tra le altre cose, persona molto omaggiata dal pubblico presente – e Max Cottafavi alle chitarre, quest’ultimo vecchio compagno di Ligabue per i suoi primissimi album.
Il pubblico è stato presente, educato, positivo e mai stanco. La risposta è stata ottima su tutti i fronti, per ogni tipo di canzone o momento sonoro-ritmico dettato dal loro maestro sul palco. Il tutto ha creato un’armonia particolare che, nonostante la difficile acustica del palazzetto, è riuscita a contribuire ad un’atmosfera musicale al limite del sacrale.
Ci sono però anche da registrare delle note dolenti. Sembra strano, ma definire questa sessione serale musicale indimenticabile sarebbe erroneo e fuorviante. Ligabue ci ha abituato ad esibizioni “dure a morire”, che ti portano fino a sera tarda, fino a che non cadi al suolo dalla fatica, privo delle tue forze, e la tua gola pulsa di dolore per aver cantato ad alta voce tutti i brani della playlist. In realtà – ed è forse la nota più dolente della serata – la durata di questo concerto è stata calcolata al millimetro: inizio alle ore 21.00, fine alle ore 23.00. Nessuna sbavatura. Due ore precise, da fare invidia ad un orologio svizzero. Puntualità che ha scaturito un ironico e particolare commento di una signora che, alla fine del concerto, urla un sospiro deluso: “Ma come, è già finito?”.
L’attenuante che possiamo concedere è l’esibire – tra le tante – una ventina di canzoni limando gli interventi verbali. Luciano Ligabue è un professionista musicale più che uno scenografo, un uomo di verbo musicale più che di parola verbale. Poche chiacchiere: questa è la mia musica, qui si balla e si canta. Per le parole parlate ci possiamo pensare dopo, magari fra qualche giorno. Questa sera è dedicata solo alla musica.
Perciò, il Mondovisione Tour (parte seconda) può essere riassunto come un’alternarsi di luce ed ombre, di fedeltà artistica e musicale e rimpianti per gli orari stabiliti. O meglio ancora, un concerto tra la fedeltà del pubblico e l’emozionante gioco di luci.