Quando leggiamo libri e studiamo la storia a scuola o all’università non ci rendiamo totalmente conto della grandezza di un certo evento. Visitare Auschwitz-Birkenau permette di consolidare la certezza di un fatto surreale. Lo sterminio nazista ha avuto una portata e una dimensione maggiore di quanto siamo abituati a conoscere. In quei luoghi le guide e i familiari raccontano la totalità di questo insensato massacro: bambini, anziani, donne, uomini, persone di altre culture e religioni, nonché disabili.
Il 27 Gennaio si celebra la Giornata della Memoria. Il ricordo di una strage senza senso, in nome di un’ideologia che si presupponeva l’esistenza di una razza superiore, composta da pensieri e obiettivi disumani. Celebrare significa ricordare, ricordare significa migliorare il nostro futuro. Non dimenticare la Memoria permette di non abbandonare nell’oblio la voce di vite spezzate. Eppure la storia, quella studiata sui libri, non ricorda tutto. Già, perché il nazismo ha cominciato la sua opera di massacro dai disabili, ha sperimentato le prime tecniche di morte sulle persone portatrici di handicap.
E’ la Storia a tramandarlo: a pochi mesi dalla presa del potere, il 25 luglio 1933 Adolf Hitler emanò la Legge sulla Sterilizzazione, un programma che prevedeva appunto la sterilizzazione delle persone con disabilità, in quanto erano “vite indegne di essere vissute“: il progetto coinvolse circa 375mila persone. Questa Legge però fu solo il primo di una serie di passi della morte. Infatti in una lettera del 1 Settembre 1939 inviata al capo della Cancelleria, Philip Bouhler, ed al Commissario per la Sanità pubblica del Reich, Karl Brandt, Hitler conferisce la possibilità ai medici tedeschi di concedere “una morte pietosa ai pazienti considerati incurabili“: persone affette da malformazioni fisiche e da malattie genetiche. Le “vite indegne di essere vissute“.
Fu così instituito il primo programma di sterminio attuato sulle persone con disabilità. Nei documenti ufficiali il progetto veniva chiamato con due nomi in codice: “Programma Eutanasia” o “T4″ (acronimo nato dalla via in cui risiedevano gli uffici deputati alla sua realizzazione: Tiergarten Strasse, 4). Il programma iniziò nel 1939 e portò alla morte di circa 70mila cittadini tedeschi per interrompersi poi nell’agosto 1941, ma solo formalmente, su pressioni dell’opinione pubblica e della Chiesa. I processi di Norimberga però dichiararono che i dati sul numero dei morti erano nettamente inferiori a quanto i documenti riportavano: tra le stime infatti non venivano conteggiate le morti causate da iniezioni letali, prima e dopo le uccisioni di massa.
L’ideologia nazista cominciò dallo sterminio dei neonati disabili. Il caso che diede il via ad una serie di atrocità fu quello della famiglia Knauer: nel 1938 Hitler ricevette, attraverso la sua cancelleria privata, le richieste disperate di una famiglia, la quale chiedeva l’eutanasia per il proprio neonato affetto da un handicap. Ancora oggi non si conoscono né il sesso né la patologia accusata dal bambino: alcuni documenti parlano di cecità, ma i medici avevano formulato nei suoi confronti una diagnosi di “idiotismo”. Il Fuhrer accolse le richieste della famiglia e così ordinò a Karl Branda, suo medico di scorta, di visitare il bambino e di sopprimerlo nel caso in cui la diagnosi avesse riscontrato condizioni fisiche e psichiche descritte dai familiari del neonato. La diagnosi fu confermata e il bambino ucciso.
Ebbe così inizio l’istituzione di ventidue reparti infantili tra case di cura e ospedali con l’obiettivo ufficiale di prestare cure specialistiche ai neonati. In realtà però questi centri erano destinati all’eliminazione dei bambini sotto i tre anni giudicati fisicamente o psichicamente disabili. Il processo era semplice: “Gli ospedali e le levatrici avevano l’obbligo di informare i Centri della nascita di bambini deformi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche. I medici convocavano i genitori e li convincevano ad affidare immediatamente loro i figli per cure nuovissime e sperimentali. I bambini venivano quindi ricoverati e uccisi con una iniezione di scopolamina, morfina e barbiturici o lasciati morire di fame. I cadaveri venivano sezionati per studiare il cervello“. La campagna di sterminio si avvalse anche della Legge sulla Salute Coniugale del 18 ottobre 1935, che impediva i matrimoni e la procreazione tra persone disabili. Questa Legge inoltre favorì una pratica abortista, con previo consenso della donna, per quei nascituri che presentavano diverse patologie come la schizofrenia, la cecità ereditaria o una grave deformità fisica ereditata.
Agli adulti disabili invece fu riservato il progetto “Aktion T4″. Nell’ottobre del 1939 Hitler convocò una riunione con la presenza di Hans Henrich Lammers, ministro della cancelleria, Leonardo Conti, medico generale del Reich, e Martin Bormann, segretario del Fuhrer, in vista del futuro programma di sterminio. In quella riunione si ricordano principalmente le parole pronunciate dal Fuhrer: ”Quelle dei disabili erano vite indegne di essere vissute“. Questo progetto, che sarebbe stato messo in atto successivamente, aveva una motivazione economica. A tal proposito, Michele Pacciano scrive così: “Secondo gli accurati calcoli di uno statistico del Reich, l’eutanasia dei portatori di Handicap adulto, se calcolata su base decennale, avrebbe fatto risparmiare all’erario tedesco qualcosa come 885.439.980 marchi, senza contare il mancato esborso di spese alimentari e di mantenimento“.
Così il 15 ottobre 1939 la cancelleria privata di Hitler emanò un ordine di servizio firmato dallo stesso Fuhrer che obbligava tutti gli istituti sanitari e alle case di cura del Reich di fornire gli elenchi di persone definite incurabili o terminali. Inoltre tra il dicembre 1939 e il gennaio 1940 fu approvato il primo centro di massacro, collocato in un ex istituto carcerario situato presso Brandeburgo sull’Haven, a cui seguirono le approvazioni di altri 5 campi d’uccisione, tutti situati all’interno del Reich: Grafeneck, Hartheim, Sonnenstein, Bernburg e Hadamar. Ma è proprio nella clinica di Brandeburgo che si cominciarono a sperimentare le prime camere a gas funzionanti con l’utilizzo di monossido di carbonio. L’uso di questa macchina della morte fu un successo, tanto che vennero diffuse anche negli altri campi di concentramento, camuffate da docce.
Come detto precedentemente, l’operazione di eutanasia delle persone con handicap cessò formalmente nel 1941, ma quattro anni dopo il progetto era ancora in piedi per i neonati e per i prigionieri dei campi di concentramento, insieme all’esistenza di un progetto ancor più segreto: la “Aktion 14 F13″ (dalla sigla del formulario utilizzato nei campi per registrare i decessi), il cui scopo era eliminare tutti coloro non fossero in grado di lavorare. Il programma era partito nell’estate del 1941 da Heinrich Himmler (all’epoca comandante delle forze di sicurezza del Terzo Reich, poi nel 1943 divenne ministro dell’Interno del Reich), il quale ordinò la creazione di una commissione di esperti psichiatri, con l’obiettivo di visitare i malati di mente, gli psicopatici e i vari detenuti dei campi di concentramento. I selezionati dovevano essere inviati nelle cliniche di eliminazione e uccisi con le camere a gas.
La Giornata della Memoria serve all’opinione pubblica per non lasciare nell’oblio il ricordo di un passato insanguinato. Per avere un futuro bisogna non dimenticare: c’è bisogno di parlare, di scrivere, di documentare, di portare alla luce questi fatti. Perché se alcune istituzioni tacciono, è l’opinione pubblica a dover intervenire. Non bisogna dimenticare che l’identità di un popolo nasce dalla voglia e dalla forza di ricordare, unico strumento per ridare forma e costanza ai diritti naturali e umani, violati da un’ideologia insensata.
FONTI:
- Serena Malta, “Senza memoria non c’è futuro“, 2014, FinestrAperta, la rivista della Uildm Lazio Onlus;
- Michele Pacciano, “Progetto T4: lo sterminio dei disabili“;
- Olokaustos;
- Educazione Scuola.