Una statistica dell’Ansa afferma che i matrimoni tra italiani e migranti sarebbero in aumento, i fiori d’arancio in tal caso, però, non sono altro che un espediente per arrivare ad ottenere il permesso di soggiorno: la fuga dall’Africa coperta dal velo di un abito bianco, con la complicità di italiani reclutati nelle mense sociali. Poveri ma belli, in salute e in malattia. Nell’ultimo anno le unioni combinate ammonterebbero a più di 4mila. Un numero considerevole, catapultato fuori nel corso di un’indagine dell’Antiterrorismo. Il percorso che porta all’altare è terreno fertile anche e soprattutto per la criminalità organizzata: il tour dei matrimoni combinati, pianificati con viaggi nei Paesi d’origine, è diventato il lasciapassare più veloce ed efficace per la cittadinanza italiana. Quest’insieme di meccanismi ben oliati ha destato i sospetti della Questura di Roma e non solo, per via di un improvviso aumento delle offerte in denaro da parte di alcuni stranieri subito dopo gli attentati in Tunisia ed Egitto.
COME FUNZIONA. Nella Capitale, i centri nevralgici dove trovare persone disposte alla pantomima che somiglia ad un matrimonio sono la stazione Termini, le case occupate e le mense per i poveri. I più appetibili, ovviamente, sono coloro che hanno difficoltà economiche (requisito non difficile da trovare in certi ambiti) e disposti a tutto per migliorare la propria condizione di vita. Non appena si riesce a trovare la persona giusta, a cui generalmente vengono offerti dai 3 ai 4mila euro, vengono organizzati i viaggi verso il Cairo. “Ne abbiamo organizzati recentemente almeno una decina”, spiega A., un quarantenne italiano coinvolto nel traffico, che oltre a girare si occupa della parte burocratica sbrigando le pratiche e procurando i documenti da portare all’ufficio anagrafe. Dal Cairo, attraverso l’ambasciata italiana – aggiunge – arrivano la richiesta di matrimonio e una volta ottenuti i documenti necessari si parte per l’Egitto” (La Stampa). Alla sposa viene dato un biglietto aereo per l’Egitto, dove si celebrano le nozze, spesso tramite rito religioso copto o cattolico, poi avviene la registrazione del matrimonio sia nel Paese d’origine che in Italia: “È chiaro che attraverso le nostre conoscenze riusciamo ad avere delle facilitazioni in Egitto – racconta A. – ma nell’arco di un paio di settimane l’uomo o la donna italiana appena sposata viene liquidata del suo compenso e può tornare a casa” (ibidem). Una volta che l’unione viene formalizzata – ed ufficializzata – anche in Italia, subentra la richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari e, con una prospettiva temporale più ampia, la richiesta di cittadinanza. Va sottolineato, però, che per molti extracomunitari l’Italia rappresenta soltanto una via d’accesso ad altri Paesi europei, un business – più che un atto di fede – in grado di far fruttare più di 9mila euro. Infatti, dopo gli attentati estivi al Cairo, l’allarme terrorismo abbinato alle unioni farlocche si è innalzato: le cronache riporterebbero due richieste urgenti con offerte di pagamento raddoppiate, in particolare quella di un siriano, che avrebbe concluso la trattativa mentre era ancora in attesa nel deserto. L’ipotesi che dietro un “sì” possa esserci il passepartout per qualche terrorista è più che una semplice congettura complottista.
Articolo di Andrea Desideri