Tra le pareti blu pavone di un ristorante nel cuore di Roma, 14 giovani di 10 nazionalità diverse si occupano di preparare piatti provenienti dai loro paesi di origine, seguendo metodi italiani e utilizzando materie prime prodotte in modo etico.
È la ricetta dell’integrazione di Altrove, ristorante e impresa sociale di Roma che cerca di favorire l’inclusione sociale di rifugiati, stranieri titolari di altri status temporanei e giovani italiani, attraverso l’accompagnamento socio-lavorativo nel settore della ristorazione.
È stato fondato a febbraio del 2017 dal Centro Informazione Educazione e Sviluppo (CIES) e dal suo Centro per i Giovani (Matemù), nell’ambito di Matechef, un progetto finanziato dalla fondazione Costa Crociere che, da ottobre 2016 fino a gennaio scorso, ha formato 60 ragazzi appartenenti a categorie vulnerabili attraverso corsi e tirocini in cucina, sala e pasticceria. Altrove è stato aperto poco dopo l’inizio del corso come ristorante, impresa sociale, e incubatore della pratica degli studenti. In cucina, un manifesto descrive i 143 tipi di pesce che si trovano nel Mediterraneo, e una cartina dell’Italia mostra i nomi dei diversi tipi di pane per ogni regione.
Godwin ha 24 anni e viene dalla Nigeria. Sta cucinando il pranzo per i colleghi, “una pasta normale”, dice. Arrivato in Italia nell’estate del 2014 dopo aver attraversato il Sud Sudan e un periodo di tre mesi di detenzione in Libia, ha vissuto prima in un Centro di Accoglienza Straordinaria e poi, mentre stava per ottenere il permesso di soggiorno per asilo politico, è stato allocato in uno dei 51 centri Sprar di Roma, quello di Mostacciano.
È lì che ha sentito parlare per la prima volta del progetto Matechef, e ha deciso di partecipare alle selezioni perché essere cuoco era da sempre stato il suo sogno, da quando da piccolo, in Nigeria, vedeva la mamma cucinare. “Volevo lavorare in cucina perché sono cresciuto con mia madre, stavo sempre al suo fianco e facevo ogni cosa che faceva lei, e lei cucinava sempre”, racconta.
Uno dei piatti che preferiva è l’egoussi soup, una zuppa di semi di zucca e pomodori, che però in Italia è difficile cucinare perché ci vuole un tipo di farina che richiede lunghi tempi di cottura, spiega, e perché si mangia con le mani. “E in Italia non si mangia con le mani!” Esclama ridendo.
Ha un sorriso timido e lo sguardo accesso, negli occhi progetti e preoccupazioni per il futuro. Il suo contratto di tirocinio nel ristorante scade tra un mese, e il suo permesso nel 2021, ma non ha paura. Il periodo di un anno trascorso ad Altrove gli ha dato la possibilità di acquisire gli strumenti per affrontare il mondo del lavoro, e creato una rete sociale e professionale in un momento critico per chi come lui arriva in un nuovo Paese dopo aver affrontato perdite e traumi, quello di transizione dalla fase dell’accoglienza alla fase dell’integrazione, in cui spesso i rifugiati vengono lasciati soli. Tra i 63.700 richiedenti asilo arrivati in Italia nel 2017 (UNHCR) a causa di persecuzione, conflitti, violenza e violazione di diritti umani, il suo percorso d’integrazione è stato uno dei più fortunati.
Questo giovedì, Andrea Desideri e Federica Caliendo parleranno di cucina e integrazione sociale: gli extracomunitari trovano una nuova dimensione sociale e culturale grazie alla culinaria. Appuntamento con “Felici a Tavola” alle 11.30, in diretta, sul nostro sito.
Chiunque volesse intervenire durante la puntata può utilizzare una delle seguenti modalità:
- SMS/WHATSAPP: 328.65.35.706;
- FACEBOOK: Radio FinestrAperta;
- TWITTER: @finestra_aperta;
- HASHTAG: #unacorrentediversa