Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate” (Diane Arbus, fotografa).
Questa frase sembra molto utile per descrivere il lavoro del fotografo romano Fabio Moscatelli: le sue immagini cercano di mostrare realtà che di solito rimangono nascoste, come lui stesso spiega, il suo scopo è “far emergere quelle situazioni in cui quasi nessuno tiene l’occhio”. È per questo che qualcuno lo ha chiamato “il fotografo degli ultimi”.
A Radio FinestrAperta, nella puntata de Il Granello di Sale dell’11 marzo 2015, Moscatelli si era fatto apprezzare per la sua umanità e per quella sensibilità che traspare da ogni suo scatto.
Uno dei suoi ultimi lavori è Sleep of No Dreaming, un reportage su un tema delicato come quello dello stato vegetativo. Le immagini sono state scattate nella struttura sanitaria Casa Iride, a Roma. È il primo e unico modello di residenza sanitaria basato sulla comunità in Europa. Tra i soggetti ritratti si trovano raramente primi piani dei pazienti. Ciononostante l’atmosfera che si vive nel centro è trasmessa efficacemente da un linguaggio concettuale pieno di dettagli simbolici, come un riflesso nella finestra o dei fiori nella stanza. Questo è uno dei punti forti: riuscire a rappresentare una situazione dolorosa evitando pietismo e rappresentazioni crude dei soggetti. Come stile cromatico, i colori vivi, “Casa Iride è una realtà colorata, paradossalmente piena di vita”, come lo stesso nome indica, multicolore.
Quest’esperienza costituisce la seconda situazione in cui Moscatelli si è trovato in difficoltà ad avere la fotocamera in mano, come lui stesso amette, è stato “catapultato in una realtà” di cui conosceva ben poco. L’altra occasione in cui ha dubitato è stato il reportage sulla Palestina: “Mi trovavo al checkpoint di Betlemme, era l’alba, gente in fila per andare al lavoro… Ho visto in qualche modo calpestata la dignità umana in quel frangente, di fronte a me avevo quasi dei polli nelle stie. Questo mi ha fatto male”. Infatti, per massimizzare questo ambiente, al contrario di come accade con Casa Iride, ha scelto uno stile cromatico in bianco e nero.
Un lavoro particolarmente suggestivo è Arriving somewhere… Not here (‘Arrivando da qualche parte… Non qui’). Come racconta il fotografo, il progetto era iniziato per raccontare la “sindrome Italia”, una grave forma di depressione tra i bambini, soprattutto dell’Europa dell’Est, lasciati dalla madre che va a lavorare all’estero. Poi con il tempo è diventato un modo di “raccontare l’immigrazione dagli occhi di un bambino”, Andrei, di dieci anni. Il bambino riesce a raggiungere la mamma in Italia e comincia così a vivere un forte disagio, che lo colloca in una sorta di limbo, “Il suo corpo è in Italia, il suo spirito è ancora lì, nella sua Romania, perché Andrei è arrivato da qualche parte, ma non qui…”.
Ma, Moscatelli non lavora solo sul sociale. Uno dei suoi lavori più belli è L’ultima Fermata, diario fotografico intimo su suo padre. Un modo di rincontrare, rivivere e riscoprire il suo genitore. Il titolo evoca questo viaggio della vita insieme, in cui a un certo punto lui è sceso e suo padre no.
Fabio Moscatelli si è fatto notare come finalista del Leica Award 2013 e vincitore del concorso National Geographic nella categoria “Ritratti”.
A breve verrà pubblicato Gioele, un libro contenente gli scatti di Moscatelli, che ha seguito un ragazzo affetto da autismo nella sua quotidianità. Un lavoro toccante e straniante, di cui certamente torneremo a parlare.
Sandra Pérez