La speranza, quell’ultimo baluardo prima della resa definitiva. Prima di ammettere l’evidenza, di affrontare l’inevitabile corso degli eventi. Con questo fa i conti ogni oncologo, l’auspicio di riuscire a trovare un nesso tra quel che accade e la malattia, quella brutta, che non viene nemmeno nominata perché per quanto la scienza possa andare avanti arriverà sempre in maniera inesorabile. Un cancro cambia la vita, la stravolge, la scuote. Mentre agisce nel silenzio insospettabile della quotidianità, si porta via attimi, istanti che sembrano non essere mai abbastanza. Umberto Veronesi ha provato, nel corso della sua lunga vita e carriera medica, ad arginare ciò che inizialmente sembrava imbattibile. Ha trasformato l’utopia in concretezza, supposizioni in certezze, è stato capace di pianificare il futuro a chi, forse, senza il suo aiuto, non l’avrebbe visto. Il primo (di tanti) a credere che non fosse finita lì, che non bisognava arrendersi.
“Coraggio”: una parola che viene ripetuta costantemente, come un mantra, a chi affronta cicli di chemioterapia, è la stessa che non smette mai di essere nella testa di coloro che la malattia la studiano, cercano di comprenderla, per venirne a capo. Coraggio nonostante la crisi economica, malgrado la riduzione dei fondi per la ricerca scientifica, oltre le vite che purtroppo si spengono ogni giorno perché è stato fatto il possibile ma spesso non è bastato. Allora, al netto di tutto ciò, si continua a lavorare perché certe speranze per essere alimentate si devono coltivare con la professionalità. Dunque, ad un anno dalla morte di Umberto Veronesi, come stanno le cose? A che punto siamo?
Secondo gli ultimi dati resi disponibili, in Italia si sono spesi complessivamente in ricerca 212 milioni in meno rispetto all’anno scorso: un valore che include al suo interno le attività private, pubbliche, di imprese non profit e scientifiche. Ma se i primi due settori registrano una qualche – modesta – crescita, sono proprio gli investimenti destinati alla ricerca scientifica che invece risultano in calo, portando il dato complessivo in territorio negativo.
Volendo tracciare un bilancio, la fonte più accreditata resta l’Airc – Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro – che ribadisce quanto, nonostante l’empasse in termini di sovvenzioni statali, recentemente, il cancro sia divenuto una malattia sempre più curabile. Uno studio pubblicato sulla famosa rivista Annals of Oncology dimostra come il lavoro fatto per rendere sempre più concrete le sperimentazioni non si sia mai arrestato. Viene sottolineato, comunque, come il tumore sia differente da paese a paese tuttavia, nonostante questa mappatura doverosa, si può affermare che il calo della mortalità sia significativo per quanto concerne il cancro ai testicoli, le leucemie e i linfomi. Particolare attenzione viene posta al tumore che si presenta al collo dell’utero, in tal caso dipende molto dalla prevenzione che viene fatta, per questo le diagnosi sono sempre più precoci e il tasso di mortalità dipende da quanto sono diffusi comportamenti a rischio.
Ad esempio, il tumore al polmone fa meno vittime tra gli uomini, i quali da tempo fumano molto meno, ma recentemente colpisce sempre più le donne. Altri tipi di cancro, invece, dipendono fortemente dal consumo di alcol. Basandosi sulle statistiche di Eurostat, nell’ultimo anno sono state salvate più di 250.000 vite salvate nell’Unione Europea dai progressi della prevenzione e dalla medicina, rispetto al picco che si è avuto nel 1988. Per quanto riguarda l’Italia, le stime calcolate da AIRTUM sulla base dei dati raccolti nei Registri tumori distribuiti su gran parte del territorio italiano, hanno previsto per il 2016 circa 173.000 decessi per cancro, di cui 98.000 fra gli uomini e 75.000 fra le donne, 2.000 in meno rispetto al dato dell’anno precedente. Altrettanto positive sono le tendenze registrate in termini di sopravvivenza a cinque anni, un indicatore ampiamente entrato nell’uso comune per valutare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e cura. La sopravvivenza relativa media a 5 anni dalla diagnosi in Italia dall’inizio degli anni Novanta ad oggi è aumentata del 18% per gli uomini e del 10% tra le donne (dati AIRTUM). Segnali incoraggianti per cercare di debellare il nemico per antonomasia della nostra società.
Articolo di Andrea Desideri