Il docufilm che racconta l’esperienza del Jened Camp e dei giovani con disabilità che hanno cambiato la storia
La pandemia di COVID-19 ha determinato la chiusura di luoghi d’assembramento come i cinema, negando a tutti noi la visione sul grande schermo di film come Crip Camp, che troviamo invece disponibile sulla piattaforma streaming Netflix.
Il film documentario, girato da James LeBrecht e Nicole Newnham e prodotto dalla Higher Ground Productions, casa di produzione di Barack e Michelle Obama, narra, attraverso video-testimonianze dei tempi, la rivoluzione sociale, sessuale e pratica condotta dai giovani con disabilità che frequentavano il Jened Camp (un campeggio vicino New York).
Nel 1971, il campeggio estivo viene presso in gestione da un gruppo di hippy che volontariamente accolgono giovani disabili. Il documentario appare diviso in due parti: la prima, costituita da interviste ai campeggiatori, durante la loro permanenza, su vari argomenti: come sono trattati dal mondo esterno, il loro diritto alla privacy, i loro amori; la seconda che segue lo stesso Lebrecht, nato con la spina bifida, ed alcuni suoi amici del campeggio nel ritorno alla quotidianità nella quale, fortemente motivati dall’esperienza vissuta, diventano attivisti per il movimento dei diritti dei disabili.
Crip Camp, letteralmente “campo per disabili”, non è solo una testimonianza sulla necessità di tutti gli individui, appartenenti a qualunque “categoria”, di essere considerati uguali agli altri (Denise Jacobson, racconta la sua esperienza personale che l’aveva portata a subire un intervento chirurgico per una inesistente appendicite, mentre il dolore pelvico che avvertiva era dovuto all’aver contratto una malattia venerea, emblema del fatto che si dava per scontato che una persona disabile non potesse avere una vita sessualmente attiva), ma riporta anche la tortuosa strada percorsa dai militanti del movimento dei diritti dei disabili. Tra di essi, infatti, emerge la figura di Judy Heumann, che molti anni dopo la sua esperienza a Crip Camp, ha fondato l’organizzazione Disabled in Action e ha criticato le amministrazioni di Nixon e Carter al punto da portare all’emanazione nel 1973 del Rehabilitation Act, che avrebbe reso tutti i luoghi pubblici, compresi scuole, biblioteche e ospedali, accessibili e privi di barriere architettoniche.
“La forza del documentario – sottolinea il giornalista Carlo Ridolfi – sta nel fatto di mettere in luce l’ottusità dei politici che ragionano solo ed esclusivamente mediante un pensiero strumentale e di calcolo e che on c’è nulla di più ipocrita di formule apparentemente tolleranti e democratiche come (l’orrenda) ‘separati ma uguali’, che sembrava essere il leit motiv sia delle amministrazioni repubblicane che di quelle democratiche. Al contempo, quello che si evince da Crip Camp, è che non c’è nulla di più efficace, vitale, generativo del pensare e dell’agire per affermare diritti (formali ma anche pratici) per quella che si crede essere una minoranza, che invece poi, è esperienza quotidiana di tutti noi, vanno a vantaggio di tutti e diventano bene comune“.
(Giuseppe Franchina)