Dobbiamo guardare con attenzione alla riforma sulla non autosufficienza, soprattutto se vogliamo tutelare i diritti delle persone con disabilità
Secondo il sistema attuale, quando una persona con disabilità compie sessantacinque anni entra nella categoria delle persone anziane non autosufficienti, con conseguenti dimissioni dai servizi e dalle prestazioni che fino a quel momento lo seguivano. Entrando nella terza età, la persona con disabilità si vede costretta quindi a dover rinunciare ad accedere all’assistenza che riceveva, adatta alle sue esigenze specifiche, per ritrovarsi obbligata a usufruire di servizi e prestazioni dedicati alle persone anziane, e che perciò non sono strutturati per rispettare le esigenze derivanti dalla condizione di disabilità.
L’età è, quindi, quasi, uno spartiacque tra l’essere riconosciuti come persona con disabilità e considerati una persona non autosufficiente. Ciò avviene nonostante la Convenzione Onu dei Diritti delle Persone con Disabilità, che l’Italia ha ratificato nel 2009, non ponga limiti anagrafici alla condizione di disabilità. Si è persone con disabilità sempre, indipendentemente dal momento in cui essa entra nella vita della persona secondo l’impostazione data dalla CRPD. La non autosufficienza non dovrebbe assorbire la disabilità.
Il disegno della legge delega sugli anziani e sulla non autosufficienza approvato dal Consiglio dei Ministri a ottobre 2022 e successivamente modificato e aggiornato dal nuovo esecutivo il 19 gennaio scorso, è importante per cambiare le cose, almeno dal punto di vista concreto, perché prevede al suo interno, sia nella vecchia, sia nella nuova versione, il divieto di dimissioni delle persone con disabilità dai centri, dai servizi e dalle prestazioni dedicati e specializzati sulla disabilità (il testo del DDL usa la terminologia di persona anziana non autosufficiente con disabilità pregressa).
Quindi, sebbene permanga la suddivisione fra persone con disabilità e persone non autosufficienti sulla base dell’età, almeno dal punto di vista pratico le persone anziane ultrasessantaquattrenni rimarranno assistite da servizi più adeguati a loro e potranno scegliere liberamente se richiedere l’accesso ai servizi per le persone anziane.
Il DDL prevede, in aggiunta, una prestazione universale sperimentale, già presente nella versione del 2022, richiedibile liberamente dalle persone che ricevono l’indennità di accompagnamento. Se scelta questa prestazione, la quale si concretizza in fornitura di servizi o in prestazioni economiche, assimila tutte quelle di cui si era destinatari e come stabilito dalla nuova versione della previsione, non potrà ammontare ad una cifra inferiore a quella ricevuta fino a quel momento.
Il disegno di legge prevede, tra le altre cose, una delega sui caregiver, stabilendo un generale riordino della normativa generale sulla tematica. Le associazioni più rappresentative del mondo della disabilità hanno più volte evidenziato come non sia opportuno prevedere una previsione sui caregiver nella riforma sugli anziani e la non autosufficienza, quando manca una normativa sui caregiver delle persone con disabilità.
Un ulteriore aspetto che si è rilevato problematico di questa riforma è quello dei fondi per sovvenzionarla.
Questione tanto complessa che l’articolo 8, quello che ne contiene la disciplina, è stato la causa di una iniziale approvazione del disegno di legge “con riserva” ed è stata oggetto di un lungo e successivo dibattito nel Consiglio dei Ministri.
Il nodo della questione risiede nel fatto che i fondi per la non autosufficienza devono essere trovati e gestiti senza mettere a rischio quelli destinati alle persone con disabilità.
(Elisa Marino)