Il 7 aprile al Cinema Adriano di Roma torna Che cos’è un Manrico, il film documentario di Antonio Morabito ripescato dall’Istituto Luce – Cinecittà, e rimontato in una nuova prospettiva rispetto all’opera del 2013. La storia narra una settimana estiva romana di Manrico Zedda, un trentenne distrofico che muove debolmente solo la testa e i pollici, e del suo operatore Stefano Romani, che insieme vivono la quotidianità della Capitale, tra marciapiedi invalicabili, buche immense, sampietrini, artisti di strada, lunghe code di macchine e partite di wheelchair hockey. Non bisogna unicamente interpretare questa pellicola come un nuovo racconto su una persona con disabilità – rappresentato proprio dagli stessi Manrico e Stefano -, ma vuole (e deve) essere un richiamo a chi non conosce la disabilità in sé, o chi da sempre è abituato a vederla in un’ottica cinematograficamente montata, dedita troppe volte al pietismo e all’eroismo giustificato nella condizione di presunta debolezza.
“Ho conosciuto Manrico qualche anno fa” – racconta il regista – “Ha una situazione familiare ai limiti della verosimiglianza. Nella sceneggiatura di un film a soggetto non sarebbe credibile, qualcuno la definirebbe sicuramente eccessiva, io per primo. Invece è solo realtà. Credo che il tema della disabilità sia solitamente affrontato secondo una serie di cliché, superando raramente un’idea superficiale che da sempre accompagna l’immagine del disabile nella mente dei cosiddetti sani. Quest’idea è costruita intorno ad una concezione del disabile come vittima da compatire, eventualmente da aiutare, sicuramente con le migliori intenzioni, ma tenendo ben presente la diversità che rappresenta, quasi fosse costituito da una materia diversa dalla nostra. Ciò è frutto della paura, causata a sua volta dall’ignoranza. E con le paure non si va lontano. È quindi la quotidianità che voglio mostrare in questo documentario; la normalità di una persona diversa ma uguale”.
In effetti, ci sono diversi elementi a testimonianza di quanto detto poc’anzi. La tecnica di ripresa, questa telecamera che accompagna la quotidianità delle loro vacanze estive come fosse uno smartphone, è l’identikit della realtà in sé. Grazie a queste inquadrature, siamo testimoni di quanto accade in quella settimana, catapultati nella prospettiva di Manrico e Stefano, i quali ci mostrano tutto, dalle gioie della vita alle problematiche strutturali annesse: un familiare che non può assistere alle esigenze del trentenne distrofico in ogni momento, la totale dipendenza da operatori sociali e volontari delle onlus, il richiamo all’autodeterminazione e all’agire dato dallo sport e tanto altro. Dunque, a non mancare è la crudezza della realtà, racchiusa anche in quei momenti di felicità e amore per la propria vita che, nell’immaginario comune, molto spesso vengono emarginati e parafrasati come momenti pietistici e rari.
Un altro spunto di riflessione è la scelta di non utilizzare attori per interpretare i due protagonisti. Non è un dato di poco conto, in quanto tale espediente permette di mostrare la realtà vissuta in prima persona da Manrico, senza che venga spiegata da soggetti terzi: siamo semplicemente di fronte alla realtà.
“Nell’arco di questi mesi ho visto quanto Manrico sia fatto della stessa materia di cui sono fatto io” – commenta ancora Morabito – “Per ogni elemento di diversità dovuto alla malattia, ce ne sono mille di affini dovuti all’esistenza. Da tempo Manrico mi propone di fare un film basato sulla sua vita; ho pensato che un buon modo fosse quello di mostrare direttamente lui, senza facili pietismi o generiche accuse al sistema, ma limitandosi a far vedere semplicemente quella che per lui è la normalità”.
Una parte degli incassi di Che cos’è un Manrico andrà in beneficenza alla Cooperativa Oltre, struttura che ha seguito Manrico per vent’anni. Questi fondi verranno utilizzati per l’acquisto di un mezzo di trasporto attrezzato per le persone con disabilità. Inoltre la stessa Cooperativa ha messo in palio su Facebook alcuni biglietti validi per due persone per assistere alla prima proiezione romana.
C’è sempre un ultimo più ultimo degli altri, ma nella hit parade degli ultimi Manrico è sicuramente tra i primi.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante