Occidentali’s Karma, la canzone di Francesco Gabbani vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, è stata oggetto di numerose parodie, tutte reperibili su Youtube. Dagli Autogol a Favij, quasi nessuno si è risparmiato nell’utilizzare questa hit al fine di creare goliardia e risate. Da qualche tempo, circola anche Carrozzati’s Karma, la rivisitazione di Maria Chiara e Elena Paolini, due sorelle di Senigallia, che – grazie al brano in questione – hanno voluto sdoganare alcuni concetti sulla disabilità con ironia e ritmo. FinestrAperta le ha contattate.
Com’è nata l’idea di questa rivisitazione di Occidentali’s Karma?
Maria Chiara: «L’idea mi è venuta nel periodo in cui Occidentali’s Karma girava tantissimo e dopo aver visto che, tra le numerose parodie della canzone, ne mancava una a tema disabilità. Gli stereotipi nei media sono un tema che mi ha sempre scaldato molto, quindi l’argomento mi è venuto in mente subito. In un pigro e caldo pomeriggio mi sono messa a giocare con la melodia, cercare le giuste immagini e contare le sillabe. Della ripresa e del montaggio si è occupata Elena, in alcune giornate frenetiche e pazze».
Avete mai ricevuto un riscontro da Francesco Gabbani?
Maria Chiara: «Beh, sarebbe fantastico. Adoriamo la sua musica: il suo è un pop variegato come non se ne sentiva da tempo in Italia. È un artista poliedrico, fresco e mai scontato, con tanta esperienza alle spalle».
Nella canzone attaccate gli stereotipi più diffusi. Mi piacerebbe analizzarne alcuni, partendo per esempio da chi vede la persona con disabilità come “gente poverina”…
Elena: «Il pietismo di chi considera la disabilità come negativa a prescindere e non come una delle tante sfumature della diversità umana è molto diffuso. Poi siamo visti come particolarmente fragili, persone pure e innocenti, o come eroi, modelli, esempi di vita. O al contrario, perché gli stereotipi viaggiano spesso su binari opposti, come persone acide, lamentose e che riversano le loro supposte frustrazioni sugli altri. Insomma, gente strana, interessante fino a un certo punto ma essenzialmente diversa. Chiaramente, e per fortuna, non è che la maggior parte della persone abbia questi stereotipi. Il problema è che a causa di barriere architettoniche e sociali (città inaccessibili, mancanza di servizi, trasporti inadatti…), vige una specie di Apartheid per cui i disabili non riescono a partecipare a tutti gli aspetti della società. A causa dei pochi contatti e della poca esposizione, la disabilità è vista come qualcosa di indicibile, di brutto, di altro, insomma da evitare».
Attacco forte anche ai media, caratterizzata dai suoi “toni drammatici”. Non si salva proprio nessuno?
Maria Chiara: «C’è qualche esempio virtuoso, ovviamente, ma ancora non si è diffuso un linguaggio adeguato quando si parla di disabilità. Il linguaggio è spesso improntato al sensazionalismo, alla “pancia”. Per vendere di più e realizzare più clic, è più semplice rappresentare i clichés, portare avanti degli stereotipi rassicuranti».
Sdoganiamo anche un altro stereotipo che vede le persone con disabilità come “esempi di coraggio e vittoria” sempre e comunque…
Elena: «Poiché la disabilità è percepita come tragica, spesso chi è disabile e semplicemente esce di casa è visto come coraggioso di default. Ogni tanto le persone in carrozzina si sentono dire che sono coraggiose anche quando fanno cose basilari tipo andare a fare la spesa, per capirci. Posso essere coraggiosa se affronto la security ai concerti per convincerli a non mettermi dietro a tutti per inesistenti ragioni di sicurezza solo perché sono disabile, ma non perché mi alzo dal letto la mattina».
Spesso, si dice che la persona con disabilità vuole solo essere accettata nella comunità, mentre, a quanto ho capito, la canzone afferma che l’unica cosa desiderata sia una rampa…
Maria Chiara: «Io non ci tengo ad essere “accettata”, penso che sia un concetto fuorviante e un po’ paternalistico. Insomma, le persone omosessuali bisogna “accettarle”? Quello che voglio è vivere la mia vita il più liberamente possibile, senza barriere che me lo impediscano. La rampa di cui parliamo ironicamente è un simbolo che racchiude tutti quegli investimenti concreti di cui hanno bisogno i disabili per poter vivere alla pari degli altri, e che ancora mancano: accessibilità, assistenza personale, insomma diritti e libertà di movimento».
In sostanza, come scritto sulla vostra pagina Facebook, “Noi persone in carrozzina (ma nessun tipo di disabilità è esente dal trattamento) siamo rappresentati, in ordine sparso, come: meritevoli di pietismo; più sensibili degli altri; resi acidi dalla nostra condizione; più sorridenti; spauracchi per i bipedi; esempi di vita per i non disabili; angioletti innocenti; bisognosi di tutto; impotenti (nel senso più ampio…); eroi”. Come pensate sia possibile cambiare tutti questi concetti discriminanti?
Elena: «Sono sicura che se il mondo diventasse improvvisamente tutto accessibile, venissero dati tutti gli ausili alla mobilità e i servizi necessari e i disabili potessero finalmente essere liberi di girare, tutti gli stereotipi cadrebbero».
Vi aspettavate questo riscontro così popolare in merito al brano?
Maria Chiara: «No, lo scopo era divertirci e far divertire. Tra l’altro non sono neanche una cantante amatoriale, come invece accade solitamente nelle parodie. Si vede che il messaggio è passato più delle stonature!».
Oltre alla canzone, gestite in un blog in cui date voce ai vostri pensieri. Come sta andando?
«Adoriamo scrivere sul blog, anche se a causa degli impegni siamo un po’ incostanti purtroppo! La cosa più bella è incontrare altre persone per scambiarsi idee e costruire insieme, insomma l’interazione con chi ci legge. Persone che hanno avuto o hanno esperienze simili, ma non necessariamente».
Articolo di Angelo Andrea Vegliante