Argomento in auge negli ultimi giorni è senza dubbio la riforma del sostegno della scuola, una proposta di legge che prevede cambiamenti significativi per gli alunni disabili e per i docenti specializzati. La riforma ha lo scopo di evidenziare tutto ciò che lo studente disabile potrà fare o no in futuro. Questo si otterrà attraverso una formazione migliore dei docenti e attraverso una continuità educativa diversa rispetto a quella attuale. Sabato 14 novembre, al Palacongressi di Rimini, i maggiori esperti italiani di inclusione e i rappresentanti delle varie associazioni nazionali di settore (familiari, dirigenti, insegnanti) animeranno il summit “Iperspecializzazione dell’insegnante di sostegno. Una buona via per la qualità dell’integrazione?”.
Uno dei punti che ha suscitato maggior scalpore della riforma del sostegno per gli alunni con disabilità e i loro docenti, è quello contenuto nell’articolo 1 della proposta di legge, ovvero la possibilità di somministrare farmaci a scuola. Naturalmente, è necessario che ci sia una prescrizione medica sulle modalità e una necessità reale alla realizzazione dell’inclusione scolastica. Per garantire l’inclusione scolastica degli alunni disabili, i docenti di sostegno dovranno avere una preparazione specialistica, ottenuta mediante una laurea con quattro diversi indirizzi: scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II grado. Sono inoltre previsti percorsi specifici che forniscano almeno trenta crediti formativi universitari che vertono sulla didattica e i bisogni educativi speciali. Ma tutti i docenti delle classi in cui è presente un alunno disabile, saranno tenuti a partecipare annualmente all’avvio delle lezioni, al piano didattico personalizzato per gli alunni disabili. I docenti di sostegno, finora sempre insufficienti, copriranno i posti disponibili nell’arco di tre anni (110.000 posti). La riforma sul sostegno prevede anche novità in merito alla certificazione della disabilità, che verrà semplificata burocraticamente. Sarà introdotto il profilo di funzionamento, formulato dal docente, la famiglia e alcuni operatori dell’Asl. L’articolo 8 della proposta di legge prevede anche la creazione di un sistema di rilevazione dati che certifichi in tempo reale il numero degli alunni disabili e il loro andamento, in quali classi sono e chi sono i docenti.
Cambia quindi il piano di assistenza. A scuola non ci saranno più gli insegnanti di sostegno, ma i tutor, ovvero gli esperti di inclusione che affiancheranno i più deboli. Non è l’unica novità relativa all’assistenza degli studenti disabili: infatti, tutti i dipendenti della scuola, dai bidelli agli insegnanti, dovranno possedere le competenze necessarie per assistere i portatori di handicap, assicurandone la non discriminazione. Il percorso di inclusione, quindi, riguarderà tutto il personale scuola: una riforma vera e propria che delega il Governo ad intervenire sulla materia.
L’obiettivo è quello di slegare l’attuale sostegno ottenuto con apposita specializzazione rispetto all’abilitazione didattica su una determinata disciplina curriculare, come l’italiano o l’inglese. Il sostegno sarà un’abilitazione ad hoc per la quale, con tutta probabilità, sarà individuata una disciplina universitaria che possa dare al candidato sia le competenze relative all’inclusione che alla preparazione paramedica. Pertanto si farà strada la figura di un docente specializzato nel sostegno, ma la riforma riguarderà anche gli insegnanti comuni, che dovranno avere una formazione di base. Per questo saranno chiamati a frequentare dei corsi specifici.
Tema delicato e con una pluralità di posizioni, al quale interverranno diversi voci, per avviare una discussione il più possibile partecipata, sul futuro dell’insegnante di sostegno, per contribuire attivamente alla stesura del decreto previsto dalla Buona Scuola.
Fedele Tullo