Lontano dai flash e dalla popolarità, non c’erano i social, non esisteva Youtube, e si andava avanti soltanto con la forza della passione alimentata dal suono degli applausi ad ogni esibizione. Erano gli anni Novanta, quando il Rap e l’Hip Hop non erano ancora così mainstream e si poteva ancora parlare di cultura musicale. Tra un locale e l’altro cresceva Massimiliano Dagani, per tutti Big Fish, che partendo da una cameretta, dove ha iniziato a produrre strumentali insieme a Tormento, ha iniziato il cammino che l’ha portato ad esser considerato uno dei maggiori dj e produttori discografici sulla scena italiana: Fabri Fibra, Emis Killa, Nesli, Rancore, nella carriera di questi artisti (e molti altri) c’è il suo zampino. Un uomo che ha fatto della propria passione un lavoro, riuscendo a rinnovarsi nel tempo. Infatti è ancora in attività dal 1994. Ventidue anni di carriera che hanno attraversato generi e tendenze musicali. E’ riuscito a coniugare la musica elettronica con quella d’autore ed ha una sua etichetta discografica – la Doner Music – che è tra le più accreditate nell’Hip Hop italiano. Inoltre, due album da solista: “Robe Grosse” (2005) e “Niente di Personale” (2013) con altrettanti EP “Midnight Express” (2015) e “Manifesto” (2016). Ce n’è abbastanza per togliersi più di una curiosità sul suo conto.
Fish, tu hai attraversato ogni fase artistica musicale: solista, in gruppo e numerose collaborazioni, attraversando varie annate. Come fai a reinventarti ogni volta, risultando sempre credibile ed originale?
Cerco soltanto di “stare sul pezzo” aggiornandomi continuamente su quello che succede musicalmente nel mondo.
Hai portato al successo molti rapper italiani (Emis Killa, Nesli, Fibra, Rancore), cosa deve aver un cantante rap oggi per distinguersi dalla massa ed affermarsi nel mainstream?
L’hai detto tu, deve distinguersi dalla massa! Mi sembra che in questi anni i pochi che hanno rischiato facendo cose nuove sono riusciti a farsi notare, mentre quelli che hanno avuto paura di rischiare siano rimasti nell’ anonimato.
Hai dichiarato: “Era il migliore di tutti [Tormento n.d.r.], cantava, rappava e teneva 5000 persone da solo sul palco. Io desidero che i Sottotono rimangano questo: passato. Se ci sarà una reunion saremo solo noi a volerla, non i media o quelli che cercano di spingere le persone a dire le cose…”. E’ cambiata la tua opinione sul ruolo dei media? Ma soprattutto, l’idea di una reunion ti ha mai intrigato concretamente?
I media sono bravi a cercare lo scoop. Penso che i Sottotono siano un bel ricordo.
Il tuo rapporto con Fibra lo conosciamo, collaborerete ancora insieme? Facci capire un po’…
Ci saranno dei pezzi miei nel suo nuovo disco…altro non posso dire.
Molti dei grandi nomi con cui hai collaborato partecipano a talent come giudici: lo faresti mai?
Sai che sinceramente non saprei cosa risponderti. Un paio d’anni fa ti avrei detto di sì in battuta, in questo momento sarei più per un no. Mi hanno stancato quei format.
Con Doner Music, in un certo senso, coltivi talenti: cosa consigli ad un esordiente che vuole affermarsi oggi in un genere così inflazionato come il Rap?
Ripeto, cercare di essere originale. Solo cosi può destare l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori.
Una critica che viene fatta abbastanza spesso è che il Rap e la musica d’autore non possano subire troppe contaminazioni: tu che sei riuscito a coniugare la musica elettronica a quella d’autore, come rispondi a riguardo?
Si chiacchiera tanto inutilmente e si fa poca musica. Si dovrebbe sperimentare di più e stop.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera e quando, invece, ti sei sentito perso?
All’inizio dei Sottotono le cose succedevano automaticamente e lì era tutto nuovo e bello. Invece il periodo più pesante è stato ricostruirsi la carriera dopo i Sottotono.
Quando hai capito di avercela fatta, c’è un momento preciso in cui sei stato consapevole di poter restare tra i grandi?
Ma onestamente non ne sono consapevole, perchè il mio è un lavoro ed una passione. Non è un aver raggiunto uno “status” di dj/produttore. Continuo a lavorare cercando di fare delle belle cose.
Ormai hai 44 anni e vivi facendo il disk jockey e il Rap producer in Italia: quant’è difficile restare sul pezzo nonostante le richieste pressanti di un pubblico sempre più esigente?
Personalmente cerco di dare sempre cose nuove e mai cedere alla musica poco dignitosa, è una cosa che mi viene spontanea.
Cos’è per te l’Hip Hop?
La mia prima e vera ed unica passione.
Ci dai qualche anticipazione sul tuo futuro lavorativo?
Sto facendo cose nuove da spedire negli Stati Uniti e varie collaborazioni con rapper italiani.
Articolo di Andrea Desideri