Il 1° gennaio 2018 entrerà in vigore un nuovo Decreto Legislativo che imporrà ai datori di lavoro nuove normative in merito alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette.
“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Citare l’articolo 1 della Costituzione Italiana può sembrare una pignoleria, eppure si tratta di una frase non rispettata, soprattutto per le persone con disabilità. In merito, i dati Istat del 2015 sono alquanto impietosi: solo il 3,5% dei disabili italiani (che sono più di 3 milioni di individui) approda nel mondo del lavoro; invece, lo 0,9% raggruppa tutte quelle persone che lo stanno cercando; e ancora, il 66% è fuori dal mercato del lavoro per diversi motivi (pensione, 43,9%; inabilità al lavoro, 21,8%). C’è chi però riesce ad approdare a una posizione lavorativa, ma anche qui c’è una forte discriminazione sociale: il tasso di occupazione degli uomini, infatti, è maggiore rispetto a quello delle donne (il 6,82% contro l’1,82%). L’unica consolazione resta la pensione di invalidità, che rimane la fonte di reddito principale (85%) – sempre se riconosciuta -.
I numeri presentati fino a qui aprono a varie osservazioni: c’è un forte divario sociale, prima come persone con disabilità e, successivamente, tra donne e uomini; poi, il microscopico gruppo di chi cerca lavoro, riflette un malcontento generale, di chi già sa che l’assunzione per una persona disabile è pressoché impossibile. E come poter negare l’evidenza: basti pensare che molte aziende preferiscono pagare multe e sanzioni imposte dalla legge, invece che assumere personale appartenente alle categorie protette.
Dal 1° gennaio 2018, però, per effetto del Decreto legge n. 244/2016, detto “Milleproroghe” – che ha slittato di un anno l’applicazione della seguente normativa -, le aziende dovranno rispettare una nuova modalità d’assunzione del personale con disabilità. L’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, emanato in attuazione della legge n.183/2014 (Jobs Act), ha infatti modificato l’art. 3 della legge n. 68/99 e, con l’abrogazione del comma 2, ha eliminato definitivamente il cosiddetto “regime di gradualità”.
ASSUNZIONI. In sostanza, la nuova legge impone ai datori di lavoro una maggiore attenzione nei confronti delle categorie protette: chi detiene dai 15 ai 35 dipendenti, deve assumere un lavoratore con disabilità; dai 26 ai 50 dipendenti, invece, è obbligato ad assumerne due; infine, in realtà con oltre 50 lavoratori, la quota del 7% deve essere riservata a personale con disabilità. Disposizioni che riguardano anche partiti politici, organizzazioni sindacali e senza scopro di lucro. Siamo di fronte a una piccola rivoluzione sociale e lavorativa, in quanto precedentemente l’obbligo di assunzione insorgeva solo in caso di nuovi reclutamenti, e il lavoratore con disabilità poteva essere assunto come sedicesimo entro i dodici mesi successivi alla data della prima nuova assunzione.
SANZIONI. Il d.lgs. n. 185/2016 inasprisce le sanzioni alle aziende in caso di mancato adempimento di assunzione del personale con disabilità. Se, infatti, trascorrono 60 giorni dalla data in cui bisogna assumere un lavoratore appartenente alle categorie protette, per ogni giorno di non compimento, il datore di lavoro è vincolato a versare la somma di 153,20€ di multa (5 volte la misura del contributo esonerativo). Sanzione decisamente più alta rispetto la precedente, fissata a 62,77€. In più, il comma 4 bis dell’articolo 15 prevede la procedura di diffida, in base alla quale, prima di applicare la sanzione, il datore di lavoro è diffidato alla regolarizzazione dell’inosservanza di legge. Se il datore di lavoro ottempera alla diffida – con la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona con disabilità -, potrà pagare una multa ridotta a ¼ di quella prevista.
BONUS. È utile ricordare che, in caso di assunzioni di lavoratori appartenenti alle categorie protette, le aziende hanno a disposizione dei bonus, che per lo più consistono in sgravi contributivi sull’imponibile previdenziale del lavoratore con disabilità. Tali benefici riguardano i contratti a tempo indeterminato, quelli trasformati da determinato a indeterminato e a termine di almeno 12 mesi per i lavoratori con disabilità psichica, e sono raggruppati in tre categorie: un’agevolazione del 70%, se il lavoratore ha una riduzione della capacità lavorativa pari almeno all’80%, sull’imponibile previdenziale per 36 mesi; una del 35%, se il lavoratore ha una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%, sull’imponibile previdenziale per 36 mesi; un’altra del 70%, se il lavoratore ha una disabilità psichica ed un’incapacità lavorativa del 46%.
Le premesse per una migliore inclusione lavorativa delle persone con disabilità ci sono tutte, anche perché notiamo come le pene per chi non assume personale con disabilità sono state notevolmente inasprite. Inoltre, le diverse tipologie di aziende hanno vincoli abbastanza importanti a cui non possono facilmente esimersi. Non resta che aspettare e constatare se, dal prossimo anno, le aziende terranno fede al nuovo decreto. Ai posteri l’ardua sentenza.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante