Stefania Pedroni, donna con distrofia, è tra le prime vaccinate contro la COVID-19
Nonostante le pressioni del mondo associativo e le promesse di quello politico, la vaccinazione delle persone con disabilità contro la COVID-19 è ancora in alto mare. Sono milioni i cittadini e le cittadine che aspettano il proprio turno. Ce ne sono anche alcune, aggiungiamo per dovere di cronaca, che nutrono dubbi sull’opportunità di sottoporsi ad una vaccinazione di cui non si conoscono il funzionamento e gli effetti. Ci è sembrato, dunque, interessante riportare la testimonianza della consigliera nazionale UILDM Stefania Pedroni, una delle primissime persone con patologia neuromuscolare a cui è stato somministrato il vaccino anti COVID.
Come ti senti, Stefania?
“Sto bene. Ho fatto la vaccinazione circa un mese fa e mi sento come prima, non è cambiato niente”.
Come sei riuscita a farla così presto?
“Io sono riuscita a fare la vaccinazione non tanto perché sono una persona con disabilità, ma in quanto operatrice sanitaria che lavora all’ospedale Niguarda, dove risiede il Centro Clinico Nemo. Sono stata inserita tra coloro che potenzialmente potevano ricevere il vaccino, ovviamente a titolo volontario”.
Cosa hai provato quando te l’hanno proposto?
“Inizialmente ho provato preoccupazione, temendo di fare da cavia per qualcosa di cui non si conoscono gli effetti, in particolare su persone con malattie neuromuscolari come me. Avevo pensato addirittura di rimandare, ma poi mi sono informata: ho letto degli articoli scientifici, ascoltato il parere dei miei medici di riferimento, ho telefonato ad alcuni amici infermieri e tutti più o meno mi hanno dato le stesse risposte, rassicurandomi sul fatto che è stata già fatta un’approfondita sperimentazione e che i margini di sicurezza erano molto alti.
Alla fine ho accettato, conscia di aver fatto una scelta e responsabile nei confronti di me stessa e delle altre persone”.
Raccontaci come avviene la vaccinazione.
“Per prima cosa bisogna firmare il consenso informato, compilandolo in tutte le sue parti. Vengono fatte una serie di domande rispetto alle malattie che abbiamo o che abbiamo avuto, se abbiamo avuto sintomi influenzali nei giorni precedenti, se abbiamo assunto altri vaccini nelle settimane precedenti. Viene richiesto un documento e poi una firma per il consenso ed eventualmente un’altra se si è disponibili ad essere richiamati successivamente per fare delle analisi e rispondere a dei questionari legati allo stato di salute post vaccinazione.
Compilato il consenso informato, si viene chiamati nello studio, dove i medici sono a disposizione per eventuali domande e per capire se ci sono fattori di rischio. A questo punto ci si mette in fila per andare dagli infermieri, che occupano diversi box.
Un infermiere mi chiama. Lascio il consenso informato firmato da me e dal medico con tutti i dettagli del caso. L’infermiere aggiunge le informazioni legate al farmaco.
Finalmente l’iniezione. L’ago della siringa è molto sottile, non ho sentito nulla. Poi bisogna aspettare un quarto d’ora per essere certi che non ci siano anomalie, dopodiché si può andar via.
Dopo tre settimane ho avuto la seconda somministrazione con la stessa procedura, con la differenza che l’infermiera mi ha chiesto in quale braccio è stata fatta la prima inizione, così da farmi la nuova nell’altro. Segue il solito quarto d’ora di attesa, stavolta meno pesante perché mi distraggo a compilare un lungo questionario”.
Ti è rimasto il classico indolenzimento al braccio?
“La prima dose non sembrava neanche che l’avessi fatta, invece il giorno dopo la seconda mi sono svegliata con dolore al braccio. Non così forte da metterci il ghiaccio come mi hanno suggerito, ma comunque forte. Per una giornata ho avuto i muscoli del corpo indolenziti e un po’ di stanchezza”.
Col senno di poi, fa più paura il vaccino o virus?
“Fa molta più paura il virus. Ho avuto uno zio che ha avuto la COVID-19 ed è stato ricoverato; un’altra zia che è dovuta rimanere isolata a casa e parzialmente ricoverata. I sintomi del virus sono molto pesanti anche per chi lo ha contratto in forma più leggera, tra stanchezza, saturazione bassa e febbre alta. Dunque, per quanto mi riguarda, molto meglio il vaccino. Per fortuna che c’è!
Spero che possano riceverlo più persone possibili nel più breve tempo possibile”.
(Manuel Tartaglia)