Nel 2050 la popolazione anziana over 60 raggiungerà i 2,4 miliardi di individui, rispetto agli 869 milioni attuali. Lo rivela il rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) 2016, secondo cui l’Italia non sarebbe pronta a gestire un aumento di tale portata a causa dei sistemi sanitari pubblici e privati non idonei. Tra i vari servizi citati, vi è l’assistenza agli anziani non auto-sufficienti (persone affette da demenza, malattie croniche o varie forme di disabilità). In particolare, il rapporto Oasi (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano) 2016 riporta che sono 2,7 milioni gli anziani non-autosufficienti nel Bel paese e solo 200 mila presi a carico in strutture loro dedicate, mentre altri 600 mila ricevono un’assistenza domiciliare non proporzionale al proprio bisogno. In un contesto però dove l’assistenza ha mobilitato complessivamente 149 miliardi di euro in tema di spesa sanitaria – rivelandosi quindi un settore importante per la nostra economia -, di cui 115 miliardi finanziati dal Sistema nazionale italiano (in inflessione del -1,4% dal 2011 al 2014) e 34 miliardi di consumi sanitari privati (in lieve aumento). Le criticità riguardo all’assistenza però restano alte. Si parte dai redditi bassi delle famiglie con a carico anziani non auto-sufficienti, a cui non si riesce a garantire un aiuto significativo in termini di caregiver professionali e familiari e/o figure specializzate nel settore, passando per i forti squilibri territoriali per la copertura dei bisogni, con una divergenza tra i servizi del Centro-Nord e del Sud in tema di offerta sanitaria pubblica, spesa sanitaria privata e servizi socio-sanitari residenziali ed informali. Il contesto legislativo, poi, non migliora il quadro, anche se recentemente si è fatto un passo in avanti con il Ddl Dopo di noi, riguardante le persone e gli anziani con disabilità grave che hanno bisogno di un’assistenza costante e completa. La situazione dei caregiver, poi, non migliora di certo il quadro attuale. Innanzitutto, bisogna tener conto che abbiamo i caregiver familiari e il caregiving professionale svolto da assistenti familiari (o badanti), ma attualmente i numeri degli individui che svolgono queste mansioni non sono precisi. Solo un’indagine ISTAT del 2011 diede qualche dato ufficiale: erano 3 milioni e 300 mila i caregiver familiari (per lo più donne tra i 45 e i 55 anni) e un milione e 600 mila quelli professionali (impegnati in 2 milioni e 412 mila famiglie italiane).
Le conseguenze di tali problematiche sono drastiche. La famiglia dell’anziano sceglie di rinunciare a qualsiasi assistenza e mette in gioco le proprie risorse umane. In assenza di quest’ultime però, la persona non auto-sufficiente è abbandonata a doversela cavare da sola. Se rivolgiamo un’attenzione generale alla questione, le soluzioni applicabili riguardano l’innovazione continua dei servizi e delle infrastrutture di settore ed una semplificazione del dialogo tra i servizi sanitari e sociali, oltre ad offrire percorsi di training specifici a medici e caregiver specializzati, al fine di consegnare loro strumenti più efficaci per implementare la qualità delle prestazioni lavorative. E ancora, in vista di un mondo digitale sempre più determinante, devono essere considerati anche i Digital Healt, grazie ai quali è possibile monitorare e migliorare l’assistenza. In tal senso, si potrebbe contribuire alla realizzazione di un albo degli assistenti professionali/familiari, in modo da rendere il rapporto di lavoro con la figura professionale più chiaro e semplice. Questa trasformazione però richiede una legiferazione in materia più attenta, grazie anche alla possibile consulenze di imprese ed associazioni del Terzo Settore. Inoltre, quest’ultime possono dare avvio alla creazione di sportelli gratuiti per le persone con basso reddito – come già sta accadendo in alcune realtà -, help-desk per consigliare e assistere le famiglie nel cammino dell’assistenza sanitaria, tenendo in considerazione la condizione economica del richiedente.
A tal proposito, vale la pena citare l’esempio di Badando, progetto nato nel 2011 da ASC InSieme (azienda per la gestione dei servizi sociali dell’Unione Comuni Valli del Reno Lovino e Samoggia), che cerca di mettere in equilibrio tutte le parti chiamate in causa nell’assistenza all’anziano non-autosufficiente. Alla nascita del programma, Badando rispondeva principalmente al bisogno delle famiglie di trovare una figura qualificata nella cura dell’interessato, garantendo loro un servizio di assistenza nella ricerca e nella stipula del contratto con essa. Nel corso degli anni, l’idea si è evoluta, ed ha incluso nuovi servizi, come reperire badanti per breve periodo, l’inserimento di pacchetti di assistenza tramite agenzie interinali e il sostegno al caregiver familiare (riconoscendone quindi il suo valore e la sua competenza). Tutto ciò, viene accompagnato dalla realizzazione di percorsi formativi, dall’individuazione di associazioni per la gestione e il monitoraggio del rapporto di lavoro e così via. Idee come queste sono rivolte a dare giovamento al settore, ma soprattutto a quelle persone che rischiano di essere abbandonate nella solitudine.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante